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Dal supplemento del Che Fare  n.° 69 maggio 2008. Speciale elezioni

I proletari dell'Est di nuovo in piazza

Nel mentre non passa giorno senza che la stampa, la televisione, la radio aizzino all'odio contro i rom, i romeni, i servi, i polacchi (e giù fio ai cinesi ed agli immancabili arabi...), "stranamente" è calato il silenzio più totale sulla manifestazione a Ljubljana del 5 aprile. 30 mila lavoratori circa, provenienti da quasi tutti i paesi dell'Europa dell'Est (con alcune delegazioni anche dall'Ovest) sono scesi in piazza insieme per protestare contro la continua erosione dei salari. Non è la prima mobilitazione all'Est nell'ultimo anno. A novembre 70 mila lavoratori sono scesi in piazza sempre a Ljubljana; la Polonia è attraversata da circa un anno da un susseguirsi ininterrotto di mobilitazioni: dallo sciopero dei lavoratori del pubblico impiego a quello dei lavoratori della sanità, delle poste, del commercio e dei trasporti, fino allo sciopero dei ferrovieri e dei minatori. Scioperi di recente anche in Romania, in Croazia, alla Ford di San Pietroburgo ... Ovunque i lavoratori sono spinti a mobilitarsi dai prezzi alle stelle e dai bassissimi salari. E ovunque rivendicano aumenti salariali e maggiori diritti.

Si tratta dei primissimi passi di quella ripresa di conflittualità di classe che avevamo previsto come inevitabile già all'indomani della prima guerra alla Jugoslavia. Una ripresa senz'altro irta di difficoltà, poichè all'immediato si riparte da molto lontano e da molto "in basso": non ce lo nascondiamo, né lo nascondiamo ai lavoratori di qui e di lì. Ma si riparte. E dinanzi a una tale ripartenza ci sforziamo, con le nostre ridottissime forze, di rompere il silenzio che copre queste lotte, di indicarle ai lavoratori di qui come lotte anche loro, nostre, e di esserci con la nostra stampa, quando possibile. È quanto abbiamo fatto il 5 aprile a Ljubljana, dove siamo stati presenti con un nucleo di compagni, diffondendo un testo in lingua (volantino pdf) e vendendo un numero non limitatissimo di giornali.

La manifestazione di Ljubljana è stata una manifestazione europea di protesta contro le direttive dell'UE in materia di moderazione salariale, per "l'aumento dei redditi dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati".  La piattaforma rivendicativa, stilata al termine dell'11° congresso della CES (la Confederazione Europea dei Sindacati) tenutasi a Siviglia nel maggio 2007, aveva tra i suoi punti fondamentali il miglioramento del potere d'acquisto di salari e stipendi, la riduzione delle altissime disparità esistenti tra gli stipendi dei dirigenti e quelli dei dipendenti di aziende private e pubbliche, la riduzione delle differenze di reddito tra i diversi paesi dell'UE, la riduzione del differenziale tra le retribuzioni degli uomini e delle donne. Nel periodo 2001 -2005 il divario salariale tra uomini e donne - che lavorano più di quindici ore a settimana - è diminuito di un punto percentuale, dal 16% al 15%. In alcuni paesi dell'UE la diminuzione è stata rilevante, come in Ungheria e in Grecia dove il divario è sceso di 9 punti, e in Irlanda dove è sceso di 8 punti percentuali. Nello stesso tempo, tuttavia, in sei paesi della UE a 25 la differenza salariale di genere è aumentata: di 2 punti in Danimarca e Finalandia, di un punto in Germania, Italia, Lettonia e Slovacchia...

È stata scelta Ljubljana come città in cui tenere la giornata di mobilitazione perché la Slovenia detiene la presidenza semestrale dell'Unione Europea e nella mattinata del 5 aprile, a poca distanza dalla città, si svolgeva una riunione "informale" tra i Ministri della Finanza dei paesi membri dell'Unione Europea e i rappresentanti delle maggiori banche nazionali e della Banca Centrale Europea, per "un esame dell'attuale crisi finanziaria europea ed internazionale". "Una riunione servita a passare in rassegna i fondamentali dell'economia  europea: dalla spada di Damocle della crescita dell'inflazione, ai timori di una crescita inchiodata, secondo le stime del Fondo Monetario, ad un deludente 1,3%. Gli organismi economici europei sono d'accordo nel chiedere ai sindacati di tenere basse le proprie rivendicazioni, e ai governanti di sorvegliare efficacemente l'andamento dei prezzi, quello delle imposte indirette e delle tariffe amministrative" (I ministri della zona euro: "Attenti all'inflazione", www.euronews.net).

Nonostante l'organizzazione della giornata, vista dall'Italia, lasciasse a desiderare (sino al giorno prima, nelle sedi del sindacato delle principali città non si è fatta neanche menzione di questa iniziativa ... salvo "rammaricarsi", in ritardo, di non aver organizzato uno spezzone anche da qui), la manifestazione è riuscita vene. È la prima volta che la CES, a cui aderiscono 82 confederazioni sindacali in rappresentanza di 60 milioni di lavoratori e lavoratrici, organizza una giornata di mobilitazione che vede in piazza insieme lavoratori dell'est e lavoratori dell'ovest Europa. Erano presenti tra i 20000 e i 30000 lavoratori e lavoratrici provenienti da quasi tutti i paesi europei, organizzati dietro gli striscioni sindacali (non emergeva, tranne qualche eccezione, la presenza di lavoratori organizzati delle grosse fabbriche). Assenti i lavoratori della Russia, della Serbia, della Macedonia, della Grecia (per la posizione della Ces sulla secessione del Kossovo), i lavoratori della Gran Bretagna e i lavoratori immigrati in Europa dal Sud del mondo. Gli spezzoni più numerosi erano quelli dei lavoratori polacchi (tra cui molti organizzati, i minatori e i ferrovieri), croati, sloveni, ungheresi e romeni. Presenti anche delegazioni dalla Bosnia-Erzegovina, dalla Slovacchia e dalla Repubblica ceca. I contingenti dei giovani e delle donne erano molto ampi. Significativa la presenza in piazza la presenza del sindacato croato indipendente (NSH) e dell'EPU ucraino, non aderenti alla CES. Dall'Italia c'erano lavoratori e pensionati del Friuli Venezia Giulia, dell'Emilia Romagna e del Veneto. Una partecipazione in generale dal basso (e non di "vertice"), attiva, compatta. Significativa di un primo, timido - intendiamoci - , avvicinamento tra lavoratori dell'Est e dell'Ovest. Un avvicinamento ancora tutto da costruire, nella cui direzione enorme rimane il lavoro da fare - più che di vera convergenza, si deve parlare di compresenza - ma che senz'altro sta muovendo i suoi primi passi. E questa giornata ne esprime, ancor prima che la consapevolezza, un ineluttabile necessità. 

Non ci nascondiamo i limiti evidenti di questa iniziativa. Il fondamentale è il suo carattere di mera pressione, e per di più occasionale, ché se la CES intendesse per davvero porre con forza e in modo cogente la "questione salariale", dovrebbe metter in discussione no soltanto questa o quella recente risoluzione di Bruxelles, ma l'itero meccanismo dell'economia di mercato con le sue ferree regole di competitività al ribasso tra aziende e nazionalità, cosa da cui si mantiene lontanissima e ostile.

Che quella di Ljubljana rappresenti solo un primo passo destinato a non rimanere isolato, lo prova la mobilitazione seguita pochi giorni dopo a Zagabria, dove migliaia di operai sono scesi in piazza per protestare contro la crescente disoccupazione, l'ondata di rincari, l'aumento dell'inflazione e i salari troppo bassi. A riprova che lo schiacciamento al cubo delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori dell'Est non può non incontrare una resistenza destinata a crescere ... E a cui deve accompagnarsi una vera e stringente convergenza con le spinte che ovunque nel mondo emergono o emergeranno sotto la morsa dell'idrovora capitalistica!

Dal supplemento del Che Fare  n.° 69 maggio 2008. Speciale elezioni

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