Al "popolo di Seattle" in marcia verso Genova


Si sta ripetendo per il G-8 di Genova il copione dei precedenti incontri: nei confronti del movimento "anti-globalizzazione" i grandi poteri capitalistici, l’Italia di Berlusconi in testa, stanno sfoggiando un crescendo di intimidazione fisica. Apprestano e promettono, a quanti volessero sfidare il loro ordine, controlli e divieti polizieschi a raffica, in terra, in cielo e in mare, e arresti a catena e botte da orbi (se basta). Göteborg, con la polizia socialdemocratica che arriva a sparare sui giovani manifestanti, insegna…

Al contempo, essi offrono al movimento un falso dialogo su un tema già pre-definito, e insolubile: come dare tutti insieme, maxi-sfruttatori e super-sfruttati, un volto più umano alla mondializzazione del capitale. Un "dialogo" che può vertere solo su singole pecche o deviazioni del sistema, mai sul sistema stesso. Un "dialogo", insomma, che è un’altra forma di intimidazione politica e ideale, poiché deve far intendere al "popolo di Seattle" che i G-8 stanno lavorando nel verso giusto e debbono perciò esser lasciati lavorare in pace.

Assieme ai militanti di classe di ogni angolo del mondo, noi respingiamo al mittente queste intimidazioni, che vorrebbero impedire e svuotare di significato la nostra lotta. E respingiamo altresì, in via di principio, ogni pretesa dei signori della guerra e della violenza istituzionalizzata di farci giurare sul pacifismo e sulla non violenza, e cioè sull’accettazione supina della dittatura del profitto.

Siamo impegnati con tutte le nostre forze affinché la partecipazione di massa a Genova sia ampia, forte, organizzata e militante. E siamo intenzionati a porre apertamente dentro questa lotta, dentro il "popolo di Seattle", le cruciali questioni della strategia e della tattica da seguire nella non facile battaglia contro il capitale globale. Inclusa la questione che i G-8 pretenderebbero proibirci perfino di nominare: quella della forma sociale alternativa al capitalismo, il comunismo, e della forza sociale chiamata a realizzarla, l’intero universo degli sfruttati, il proletariato mondiale organizzato in classe.

Se non ci si vuol ridurre a elemosinare ritocchi cosmetici alle brutture della società di mercato; se non si vuol essere sbeffeggiati dai nostri nemici perché non si ha nulla di organico da contrapporre al così "ben strutturato" capitalismo, non si possono evitare né aggirare i temi di fondo della lotta al capitalismo.

Lo si voglia o no, la posta in gioco nelle scaramucce dell’oggi è, in ultima analisi, quella massima. A stare al puntiglio con cui hanno affilato tutte le loro armi in vista delle giornate di lotta di Genova, i signori del G-8 ne sono pienamente consapevoli. Sarebbe il caso che ne fossero altrettanto consapevoli per lo meno i più seri tra i loro oppositori, quelli che non sono divorati dalla fretta impotente del qui-e-ora, quelli che non si accontentano di fare il solletico ai G-8, e al capitalismo, ma aspirano a metterlo al tappeto per sempre.

Ad essi questo testo è rivolto.