Che fare n.84 dicembre 2016 - maggio 2017
Trump, il presidente venuto dal nulla?
I mezzi di informazione ufficiali hanno presentato Trump come un uomo venuto dal nulla, che si è imposto all’apparato del partito repubblicano senza far uso di una macchina partitica e con il semplice aiuto dell’uso dei magici social network.
Che sfacciataggine!
Lasciamo stare il fatto, pure rilevante, che Trump è un ricchissimo palazzinaro erede di una dinastia di immobiliaristi (un silver spoon più che un tycoon); che Trump, con un patrimonio stimato in oltre 4.1 miliardi di dollari, è considerato dalla rivista Forbes la 324-sima persona più ricca al mondo; che,
per dieci anni, Trump ha calcato la scena televisiva in una trasmissione largamente seguita negli Usa e che il suo credo ha trovato una cassa di risonanza mondiale nel sistema televisivo retto dal magnate australiano Murdoch.
Lasciamo stare questi elementi “insignificanti” che, ovviamente, non forniscono alcun mezzo finanziario e propagandistico per l’attività politica di “comune cittadino”.
Il punto più importante ci sembra un altro: questo “signor nessuno”, ben navigato nelle acque del partito repubblicano e della sua ala più conservatrice dai tempi di Nixon e Ross Perot, sostenitore del repubblicano McCain nel 2008 contro Obama, questo personaggio così “estraneo” alla grande politica Usa ha partecipato (dal 2009) alla formazione del Tea Party, il movimento strutturatosi nella destra statunitense in risposta alla crisi vissuta dal partito repubblicano dopo il cataclisma finanziario-politico del 2008.
I gruppi del Tea Party si sono costituiti e mobilitati (tutt’altro che dal basso: lo vedremo!) a partire dal 2009 con un obiettivo politico ben preciso: impedire che l’amministrazione Obama introducesse un sistema sanitario pubblico per i 45 milioni di statunitensi privi di assistenza, aumentasse il prelievo fiscale sui redditi medio-alti, vincolasse le attività finanziarie sui derivati, varasse sanatorie verso i lavoratori immigrati irregolari, intervenisse (anche solo con lievi aiuti) a sostegno dei lavoratori oberati dai mutui. Questi concreti obiettivi sono stati motivati con “nobili” intenzioni anti-casta (“Togliamo il potere dalle mani della casta di Washington e conferiamolo al popolo sovrano!”) e con inni al suprematismo bianco (da restaurare sia contro le minoranze interne e sia contro i popoli del Sud e dell’Est del mondo, musulmani e cinesi in particolar modo). Ben inserito in questo calderone, già nel 2012 Trump manifestò l’intenzione di candidarsi alla presidenza per dare la carica contro gli immigrati, contro la Cina, contro le tasse sui super-ricchi e contro l’Obamacare. Era troppo presto. Nel frattempo è proseguita l’attività per organizzare la rete del Tea Party in tutto il territorio nazionale come un movimento “spontaneo” di gente comune e anche di proletari tradizionalmente legati al partito repubblicano e convinti di poter restaurare la loro posizione privilegiata sulla collina del mondo se solo fossero rimessi al loro posto gli immigrati, i neri e i cinesi.
L’operazione è riuscita: ha proiettato la sacrosanta preoccupazione di tanti proletari bianchi di arginare l’erosione delle conquiste riformiste dell’epoca d’oro del fordismo verso un programma e un’organizzazione di destra pilotati dall’alto da alcuni oligarchi capitalisti (tra cui i fratelli Koch, secondo “datore di lavoro” privato degli Usa, e il magnate Adelson). Costoro hanno diretto, incoraggiato e inquadrato il “movimento spontaneo” muovendo i fili di due cinghie di trasmissione
apparentemente neutre: i “FreedomWorks” e gli “Americans for Prosperity”, arrivate, nel giro di qualche anno, a un milione di attivisti ciascuna.
L’operazione è riuscita: gli interventi sociali e fiscali proposti dall’amministrazione Obama sono stati fortemente amputati. L’operazione è riuscita: alle primarie del partito repubblicano del 2016, il Tea Party, grazie alla pressione di una base capillarmente organizzata, ha piazzato due candidati, Ted Cruz e Donald Trump, capaci di polarizzare i tre quarti dei consensi; la volata è stata poi tirata dal “signor nessuno” di nome Trump, grazie all’appoggio dell’ala più militante del Tea Party rappresentata da Sarah Palin e al sostegno dell’ala estrema della lobby sionista incarnata dalla fondazione “Ushner” (diretta dal genero di Donald Trump) e dal sito Breibart news diretto dal suprematista bianco Stephen Bannon.
Alla faccia dell’uomo politico che si è fatto da sé, contro tutto e tutti!
La traiettoria di Trump aiuti ad aprire gli occhi ai giovani proletari imbambolati in Europa dalle tiritere anti-casta, dagli inni all’uomo qualunque, dai peana sull’inutilità di un’organizzazione politica separata dei lavoratori
Che fare n.84 dicembre 2016 - maggio 2017
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA