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Che fare n.82 maggio 2015 -novembre 2015

I decreti attuativi del Jobs Act

Nel marzo 2015 il consiglio dei ministri ha varato i "decreti  attuativi" del Jobs Act, rendendo operativa la contro-riforma del mercato del lavoro richiesta a gran voce dalla Confindustria. Vediamone i punti salienti.

"Contratto a tutele crescenti".

Questa tipologia contrattuale, la spina dorsale del Jobs Act, si applica a tutti coloro che vengono assunti a tempo indeterminato a partire dal 1° marzo 2015. Per essi non varrà più l’articolo 18 dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori e le aziende avranno libertà di licenziamento. La reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro è infatti prevista solo in caso di comprovato licenziamento discriminatorio (ad esempio per le proprie inclinazioni sessuali o per la propria fede religiosa) e in caso di licenziamento disciplinare qualora si accerti "l’insussistenza del fatto materiale contestato" (ad esempio se un lavoratore accusato di furto in azienda dimostra di non aver compiuto il fatto). In tutti gli altri casi in cui il giudice accerti che il licenziamento non è supportato da alcuna "giusta causa", non scatta più alcuna reintegra ma solo un risarcimento economico commisurato all’anzianità lavorativa: due mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mesi (minimo e massimo che scendono a due e sei nel caso delle piccole imprese).

Infine, ciliegina sulla torta, il decreto stabilisce che anche in caso di licenziamenti collettivi, qualora sia provata la violazione delle procedure da parte dell’azienda, il reintegro sia al più sostituito dal semplice indennizzo (identico a quello previsto in caso di licenziamento individuale). Al contrario delle bugie quotidianamente vomitate da Renzi e dai suoi ministri, l’introduzione del cosiddetto contratto a tutele crescenti (?) non elimina il precariato neanche formalmente. Al contrario, lo puntella e lo amplia: restano infatti in vigore tipologie contrattuali come "l’apprendistato", il lavoro "a chiamata" e "a somministrazione"; le aziende hanno mano ancor più libera nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato perché per essi non è più necessaria l’indicazione della causale e l’arco temporale entro cui è possibile reiterare un contratto a termine è stato aumentato da uno a tre anni.

L’unica verità è che il contratto a tutele crescenti, rendendo precaria anche l’assunzione a tempo indeterminato, contribuisce a render  ancor più ricattabile l’intero mondo del lavoro salariato.

"Ammortizzatori sociali".

Viene introdotta la cosiddetta "nuova assicurazione sociale per l’impiego" (Naspi) che, tra l’altro, sostituisce la cassa integrazione. Ne potranno usufruire i lavoratori dipendenti che hanno perso l’impiego, purché abbiano cumulato almeno tredici settimane lavorative negli ultimi quattro anni e almeno diciotto giorni di lavoro negli ultimi dodici mesi. La durata della Naspi sarà pari alla metà delle settimane contributive cumulate negli ultimi quattro anni (dunque non potrà mai superare i due anni). Il suo importo verrà calcolato (al ribasso) sulla base del precedente salario del lavoratore, decrescerà con il passare dei mesi e, comunque, non potrà mai superare i 1.300 euro. Per chi, finita la Naspi, non ha  trovato un nuovo impiego e versa in stato di "particolare necessità", è previsto un assegno (l’Asdi), che sarà erogato fino ad esaurimento di un fondo cassa governativo pari a circa 300 milioni. Attenzione: il lavoratore disoccupato percepirà la Naspi (o l’Asdi) solo se "parteciperà a iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione". Detto in altri termini: il lavoratore licenziato che è "sotto" Naspi dovrà accettare qualsiasi lavoro (e qualsiasi salario) gli venga proposto pena la perdita dell’indennità.

L’esperienza anglosassone sta a dimostrare come norme di questo genere contribuiscano ad accrescere l’area del sotto-salario e del precariato.

"Demansionamento".

È concessa alle aziende la libertà di "demansionare", cioè la possibilità di assegnare un lavoratore allo svolgimento di mansioni di livello inferiore rispetto alla sua qualifica. Sulla carta il lavoratore "demansionato" dovrebbe mantenere lo stipendio percepito precedentemente. In realtà le cose andranno quasi sempre diversamente, dato che è prevista la possibilità che lavoratore e padrone raggiungano un "accordo" per superare l’incoerenza tra salario e mansione effettivamente svolta.

"Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro".

Viene ampliato l’arco temporale in cui è possibile accedere ai congedi di maternità e paternità. È inoltre riconosciuta la priorità nella concessione del part-time ai lavoratori che soffrano di gravi patologie o che abbiano il coniuge, un genitore o un figlio affetti da tali mali. Queste norme sono state presentate (e possono essere recepite) come importanti facilitazioni verso i lavoratori con gravi problemi personali o familiari. In realtà, calate nel contesto generale di continui tagli alla sanità e all’assistenza pubblica, queste misure contribuiranno a "familiarizzare" ancor più di quanto non accada oggi la cura e l’assistenza caricando (siamo pronti a scommettere) di ulteriori pesi soprattutto la componente femminile del proletariato.

"Controlli a distanza dei lavoratori".

I decreti attuativi finora varati non toccano l’articolo dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori (il numero 4) che vieta l’utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per controllare a distanza l’attività lavorativa. Il ministro del lavoro Poletti ha, però, più volte rassicurato gli industriali anche su questo delicato tema, promettendo il varo, entro agosto 2015, di un nuovo decreto che "superi l’articolo 4". Intanto qua e là le aziende hanno già iniziato a introdurre questo controllo, come è stato denunciato ad esempio alla Fincantieri con lo sciopero contro l’inserimento di chip negli scarponi da lavoro. Questo è il succo del Jobs Act. Uno strumento che, lungi dal dare "più tutele a tutti", mira in realtà a colpire la residua capacità dei lavoratori di difendersi in modo collettivo per ridurli ad impotenti  "rotelline" individuali, in reciproca concorrenza e pronte ad adattarsi alle superiori esigenze del gigantesco meccanismo del mercato e delle imprese. 

Che fare n.82 maggio 2015 -novembre 2015

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