Che fare n.81 dicembre 2014 - aprile 2014
Il soccorso prestato dall'Europa e dagli Usa al Vietnam nel XIX e nel XX secolo, antipasto di quello i preparazione per il XXI secolo
Da alcuni anni, gli Usa (e i loro alleati europei) rivolgono amorevoli attenzioni al popolo vietnamita. Non è la prima volta che lo fanno. La storia delle precedenti offerte di cooperazione è molto istruttiva.
Primo tempo, arriva la democrazia
made in EuropeQuesta storia inizia nella seconda metà del XIX secolo, quando Napoleone III mise gli occhi sul pluri-millenario tato del Vietnam per disporre di una base strategica per attaccare la Cina e stabilire il proprio controllo sull’area circostante la città di Shanghai.
Conquistato dalla Francia dopo feroci e ripetute campagne militari, il Vietnam fu diviso in tre regioni (che i colonialisti chiamarono la Cocincina a Sud, l’Annam al centro e il Tonchino a nord) e incorporato, insieme ai territori parallelamente sottomessi del Laos e della Cambogia, nell’artificiale entità territoriale chiamata Indocina.
Il Vietnam rimase nelle grinfie della Francia per oltre settanta anni, fino alla seconda guerra mondiale. I frutti delle amorevoli cure che la Francia, patria dei diritti universali, riservò al Vietnam possono essere così riassunti.(1)
1) La popolazione vietnamita, soprattutto quella contadina e proletaria, fu sottoposta a un avido prelievo fiscale basato sull’introduzione di una tassa per capitazione e sull’assegnazione all’amministrazione coloniale del monopolio nell’acquisto e nella vendita di sale (2), alcool e oppio. I proventi dei tre monopoli ammontavano a un terzo del bilancio dell’amministrazione coloniale indocinese, le cui spese erano al servizio di due principali programmi: il finanziamento dell’apparato militare coloniale, la costruzione delle infrastrutture progettate da Parigi.
2) Le infrastrutture (porti, ferrovie, strade) realizzate in Vietnam dal governo di Parigi, dalle grandi imprese industriali e bancarie francesi e dall’amministrazione coloniale furono progettate in funzione di due obiettivi: a) predisporre in Vietnam la base terrestre per l’assalto alla Cina; b) trasportare in Francia le materie prime e gli alimenti estorti alla popolazione e al territorio del Vietnam. Finanziate con le tasse pagate dai vietnamiti e costruite con il lavoro semi-coatto dei proletari e dei semi- proletari vietnamiti, tali infrastrutture non potevano fornire la colonna vertebrale per lo sviluppo capitalistico del paese ma solo il cordone per farne un’appendice della metropoli.
3) La tradizionale coltivazione del riso fu estesa e, allo stesso tempo, miracolo del colonialismo!, si ridusse il consumo di riso della popolazione lavoratrice. I piccoli contadini proprietari dovettero vendere i loro raccolti in misura superiore al necessario per pagare le tasse e per acquistare le merci vendute dai monopoli statali o importate a prezzi maggiorati dalla Francia. La terra era in mano ai piccoli contadini solo in minima parte o solo nelle regioni settentrionali del paese. Soprattutto nel Vietnam meridionale, la terra era concentrata nelle mani di un pugno di latifondisti, che le affittava a condizioni di strozzinaggio ai contadini e ai braccianti per trarne riso da vendere. Il riso venduto dai piccoli contadini oppure dagli agrari (francesi, vietnamiti e cinesi) era acquistato da grandi società e dall’apparato coloniale ed esportato in Francia. Il risultato è riassunto nei seguenti numeri: nel 1900 il Vietnam produsse 4,3 milioni di tonnellate di riso, di cui 3,4 furono consumate (per l’alimentazione e per la semina) nel paese; nel 1938 la produzione salì a 6,3 milioni di tonnellate, il consumo interno a 4,2 milioni ma in presenza di un aumento della popolazione dell’80% (da 13 a 23 milioni di individui).
Il consumo medio pro-capite (per l’alimentazione e la semina) si ridusse da 262 chilogrammi all’anno a 182 chilogrammi.
4) Durante la dominazione francese, il Vietnam divenne esportatore anche di carbone, stagno e caucciù. La produzione del carbone, dello stagno e del caucciù era sotto il controllo delle aziende francesi. I profitti ricavati da queste attività (a un tasso notevolmente superiore a quello medio per il trattamento riservato alla manodopera) erano rimpatriati in Francia e non messi a disposizione di un piano di organico sviluppo industriale del Vietnam. È vero che sorsero alcune industrie, ma furono fabbriche dipendenti e funzionali all’economia coloniale: fabbriche per la lavorazione del riso, fabbriche tessili, distillerie. Non sorsero industrie meccaniche Non sorse un altoforno, benché il sottosuolo del Vietnam, a Thai Nguyen, offra il ferro in abbondanza proprio in prossimità dei giacimenti di carbone (sfruttati dalle compagnie francesi) di Hon Gay e del Dong Trieu. Le merci di largo consumo non dovevano essere prodotte dall’industria locale ma importate dalla Francia a prezzi di monopolio, a vantaggio dell’industria francese.
5) Ad essere terribile non era solo la vita delle masse contadine povere ma anche quella dei gruppi proletari che si erano formati nelle miniere, nei porti, nelle ferrovie (3) e per i quali, come per i contadini, la lotta di difesa dal terribile super-sfruttamento subìto e dalla repressione di ogni iniziativa sindacale o politica era, giustamente, fusa con quella per l’indipendenza del paese.
Secondo tempo, arriva la democrazia
made in UsaQuesta struttura economica e sociale, indebolita dalla conquista del Vietnam da parte del Giappone durante la seconda guerra mondiale, fu attaccata dalla lotta delle masse lavoratrici del Vietnam nel secondo dopoguerra. Se essa non crollò completamente alla metà degli anni cinquanta a favore della repubblica democratica del Vietnam già instaurata nel Vietnam settentrionale con capitale Hanoi, se essa mantenne un caposaldo nel Vietnam meridionale al di sotto del 17° parallelo nello stato diretto dal quisling Diem con capitale a Saigon, fu solo per l’intervento degli Stati Uniti. La propaganda ufficiale di Washington disse che i finanziamenti, le armi, i consiglieri militari e i marines inviati in Vietnam servivano ad aiutare il popolo vietnamita a mettersi sulla strada del progresso, senza sottostare al passato del colonialismo e alla minaccia dell’espansionismo cinese.
Lo slogan della Casa Bianca era: "Aiutiamo a costruire una nazione". Anche in questo caso i fatti parlano da soli, almeno per chi ha occhi per guardare. Ne ricordiamo rapidamente alcuni, rinviando ai prossimi numeri una riflessione più articolata sulla storia del Vietnam e dell’Estremo Oriente nel secondo dopoguerra.
1) Dopo il 1945 gli Usa sostennero la ricostituzione della dominazione coloniale francese. Washington ordinò al suo vassallo cinese, Chiang Kai-Shek, che durante il ritiro delle truppe giapponesi negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale aveva esteso il suo controllo fino al Vietnam settentrionale, a lasciare il territorio vietnamita all’antico padrone francese.
Arrivò da Wasghinton l’80% della spesa militare sostenuta dalla Francia tra il 1945 e il 1954 nel (vano) tentativo di arginare e sconfiggere il movimento di liberazione vietnamita.
2) Quando, alla metà degli anni cinquanta, il piano franco-statunitense fu sbaragliato dalla lotta delle masse operaie e contadine del Vietnam, gli Usa organizzarono nel Vietnam meridionale uno stato vassallo, pur formalmente indipendente, con capitale Saigon. A questo stato, diretto dalle famiglie dei grandi proprietari terrieri del Vietnam e protetto dal Vaticano, fu assegnato il compito di sradicare il movimento risorgimentale vietnamita nel Vietnam del Sud e, da qui, di dare l’assalto all’embrione di repubblica democratica che i vietnamiti erano riusciti a costruire nel Nord, con capitale Hanoi. Ecco come il senatore Kennedy, futuro presidente "pacifista", in una conferenza stampa del 14 febbraio 1962 descrisse le ragioni della politica degli Usa verso il regime fantoccio installato a Saigon: "Come sapete, gli Stati Uniti volano da più di dieci anni in soccorso del governo vietnamita [di Saigon] e della popolazione vietnamita per garantirne l’indipendenza"(4).
3) Quando alla metà degli anni sessanta il corrotto regime di Saigon e le sue forze armate stavano per crollare sotto la spinta della lotta delle masse contadine e operaie anche del Vietnam meridionale, gli Usa non si limitarono più a inviare a Saigon soldi, armi e consiglieri militari. Con la solita scusa che un paese indipendente era aggredito dal comunismo di Hanoi (la solita favoletta del lupo e dell’agnello), gli Usa lanciarono bombardamenti a tappeto a nord del 17° parallelo contro la Repubblica Democratica del Vietnam (operazione "Rolling Thunder") e inviarono fino a 550 mila marines nel Sud per fare con la guerra di superficie (operazioni "cerca e distruggi") quello che non era riuscito agli scherani dello stato fantoccio di Saigon. Il Vietnam del Sud fu finalmente "modernizzato", la sua agricoltura "rifiorì". I villaggi furono setacciati alla ricerca dei partigiani vietnamiti, le case furono incendiate, i raccolti furono distrutti, la popolazione maschile fu uccisa o imprigionata, le donne i bambini e gli anziani furono deportati nelle periferie delle città o in appositi campi di concentramento. Al tradizionale potere dei grandi proprietari terrieri, la mano provvidenziale degli Usa aggiunse uno stuolo di famelici militari e di affaristi legati alle forniture (comprensive di eroina e anfetamine) per le basi statunitensi e per i marines. Alle piccole fabbriche di lavorazione degli alimenti e di riparazione spicciola dei mezzi di trasporto cresciute all’ombra dei francesi, si aggiunse l’industria della prostituzione, nella quale erano costrette a vendersi le ragazze vietnamite, spesso trascinatevi (con la forza o con il ricatto della miseria) dai villaggi distrutti nelle operazioni anti-guerriglia.
4) L’inferno che gli Usa scaraventarono sul popolo del Vietnam non fu gratuito né fu opera di qualche pazzo. Esso fu organizzato scientificamente per terrorizzare la popolazione vietnamita e mandare un monito alle masse lavoratrici di tutta l’Asia, prime fra tutte quelle cinesi, in campo anch’esse per scrollarsi di dosso le conseguenze della dominazione coloniale e rintuzzare il tentativo degli Usa di perpetuare in forme nuove, indirette, uno dei due pilastri della civiltà occidentale: l’oppressione di un pugno di stati e di popoli sulla maggioranza dei popoli della Terra, il saccheggio delle loro terre e del loro sottosuolo, la torchiatura della loro forza lavoro. La guerra in Vietnam fu un anello della catena reazionaria con cui gli Usa, nell’interesse di tutte le potenze imperialiste e in alleanza con gli strati sociali reazionari e corrotti indigeni, cinsero tra il 1945 e il 1975 l’intero Estremo Oriente.
5) Secondo la propaganda della Casa Bianca, l’intervento diretto delle forze armate Usa avrebbe piegato in sei mesi la repubblica democratica del Nord e il Fronte di Liberazione operante nel Sud. Nonostante i bombardamenti a tappeto sul Vietnam del Nord, nonostante la distruzione delle fabbriche, delle centrali elettriche, dei cementifici che per la prima volta erano stati costruiti in Vietnam ad opera della repubblica democratica, nonostante la deportazione del 25% della popolazione dei villaggi del Vietnam del Sud, nonostante l’uso da parte degli Usa di tutti i mezzi di distruzione e di terrorismo a disposizione escludendo l’arma nucleare e l’allagamento dei campi solo per timore dei negativi contraccolpi politici (5), non solo la vittoria degli Usa non arrivò, non solo il potenziale bellico della repubblica democratica del Nord non fu intaccato, non solo continuò a estendersi l’area del Sud controllata direttamente dai vietcong, ma il fronte si aprì all’interno delle stesse forze armate statunitensi e tra la popolazione degli Stati Uniti: grazie alla bruciante, salutare, accoglienza regalata loro dai vietcong, una parte dei marines, spesso proletari afro-americani e bianchi, cominciò ad aprire gli occhi sul vero senso della "sporca guerra" e sul fatto che essa era rivolta anche contro di loro. Anche negli Usa, soprattutto dal 1968, una parte della popolazione lavoratrice, soprattutto quella afro-americana, cominciò ad opporsi alla chiamata alle armi e alla prosecuzione delle operazioni militari.
6) Secondo i dati del Pentagono, tra il 1965 e il 1975, anno in cui gli Usa furono costretti al ritiro completo e il sud del Vietnam fu ricongiunto alla repubblica democratica con capitale Hanoi, gli aerei Usa scaricarono sul Vietnam 4 milioni di tonnellate di bombe, il doppio di quante ne furono sganciate su tutti i fronti nella seconda guerra mondiale. Se alle bombe dagli aerei si aggiungono quelle sparate dall’artiglieria terrestre, si arriva a 13 milioni di tonnellate. L’aviazione Usa usò in dosi massicce il napalm (un materiale incendiario che brucia vive le persone, distrugge i villaggi e provoca danni tremendi all’ecosistema), erbicidi e defolianti, tra cui il terribile "agente arancione" alla diossina.
"Tra il 1961 e il 1971, le forze armate Usa hanno sparso dosi massicce di defolianti sul Vietnam. [L’avvio alla guerra chimica fu data da Kennedy nel 1961, n.n.] Con due obiettivi: eliminare la copertura vegetale per impedire ai guerriglieri di nascondersi; distruggere i raccolti per affamare popolazioni e combattenti. Questo secondo obiettivo era esplicito: considerato che «le operazioni di guerriglia dipendono strettamente dai raccolti locali per l’approvvigionamento », «gli agenti anti-piante possiedonoun alto potenziale offensivo». I defolianti erano costituiti soprattutto dall’agente
orange che conteneva diossina. Nel 2003 una nuova stima fatta da un gruppo di ricercatori statunitensi ha calcolato in 77 milioni di litri la quantità di defolianti utilizzati e in 400 chilogrammi la diossina contenuta in essi. La superficie interessata raggiunse 2,6 milioni di ettari, il 10% della superficie del Vietnam, il 50% delle foreste di mangrovie. Nel complesso sono state colpite direttamente tra 2,1 e 4,8 milioni di persone che vivevano in 20 mila villaggi. Per fare un paragone, nell’incidente di Seveso in Italia nel 1978 alcune centinaia di grammi di diossina sono stati diffusi per venti minuti su 1800 ettari dove vivevano 37 mila persone" (Le Monde Diplomatique, gennaio 2006).La diossina è un prodotto chimico stabile, che si degrada lentamente e si integra nella catena alimentare. Trent’anni dopo la fine delle irrorazioni, l’agente
orange continua a provocare morti, patologie gravi, malformazioni alla nascita. La Croce Rossa Vietnamita ritiene che il numero delle vittime da effetti da diossina ammonti a un milione. Il governo e la macchina giudiziaria e militare degli Usa sono giunti a riconoscere il legame tra l’agente orange e molte patologie per i veterani di guerra. Gli Usa continuano, però, a rifiutarsi di riconoscere lo stesso legame per la popolazione vietnamita anche in questi anni in cui la Casa Bianca dice di aver voltato pagina con il passato nelle relazioni con il Vietnam.7) I documenti pubblicati dopo il 1975 o negli ultimi anni della guerra ad opera di funzionari e giornalisti influenzati dalla disfatta Usa (ad esempio i
Pentagon Papers) non mostrano solo le menzogne del governo, le falsificazioni scientemente preparate, il conformismo della stampa democratica, le provocazioni costruite ad arte (come quella del golfo del Tonchino) per convincere l’opinione pubblica statunitense a sostenere la politica guerrafondaia. Tali documenti rivelano anche i veri obiettivi della guerra condotta dagli Usa: consegnare le risaie, le miniere, le piantagioni del Vietnam e dell’Estremo Oriente, la manodopera dell’Asia alla superrazza capitalista bianca.Terzo Tempo
Oggi, ovviamente, non è più così. li Usa di Obama vogliono davvero volare in Vietnam per garantire la sovranità del Vietnam e la cooperazione nella regione...
Note
(1) Su questo periodo abbiamo trovato utile il testo di J. Chesneaux,
Storia del Vietnam, Editori Riuniti, Roma, 1965.(2) Il sale era una materia prima fondamentale per la conservazione del pesce, uno dei pilastri dell’alimentazione tradizionale vietnamita.
(3) Alla fine degli anni venti del XX secolo, si stimano in 80 mila i lavoratori nelle fabbriche tessili, in 50 mila i minatori e in 100 mila i braccianti delle piantagioni di caucciù (per il 70% in mano a 27 società controllate dalla francesi Banca d’Indocina e Società Finanziaria del Caucciù).
(4) Da H. Zinn,
Storia del popolo americano. Dal 1492 a oggi, Il Saggiatore, Milano, 2010, cap. XVIII.(5) Nel 1966 il sotto-segretario alla Difesa degli Usa John McNaughton preconizzava la distruzione delle dighe e dei canali per provocare la fame generalizzata. Il piano fu accantonato solo per il timore di un contraccolpo politico e d’immagine internazionale (dal libro di H. Zinn citato nella nota 4).
Che fare n.81 dicembre 2014 - aprile 2014
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA