Presentiamo in questa pagina una rassegna dei diversi aspetti ed articolazioni della repressione statale sviluppatasi nell'ultimo periodo, una rassegna che - ne siamo consapevoli - è incompleta e parziale. Le omissioni sono del tutto involontarie, poiché su molti episodi, soprattutto dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro, ci mancano notizie precise, che invitiamo i nostri lettori ad inviarci.
Il 1986 ha segnato numerosi punti a vantaggio di coloro che sostengono la necessità di limitare al massimo questo "anacronistico" mezzo di lotta sindacale.
I punti acquisiti da questo vasto fronte riguardano la disciplina degli scioperi nei "servizi pubblici", il progressivo ampliarsi del concetto di "servizio", le procedure di regolamentazione, estese a tutti i settori, previste dal così detto "Protocollo IRI".
Il Codice Unico di Autoregolamentazione, esteso il 25 luglio a tutto il Pubblico Impiego, prevede:
I punti ancora controversi riguardano l’obbligatorietà dei codici e, conseguentemente, le sanzioni. Il dibattito riguarda l'inserimento dei codici nei contratti e, per questa via la loro traduzione in legge, o il mantenerli allegati, prevedendo comunque sanzioni.
Per la UIL (W. Galbusera, "Il Sole 24 Ore", 1/7/86): "Il mancato rispetto del codice comporterebbe automaticamente la sospensione del contratto, oltre le forti multe. La decisione dovrebbe essere sottoposta a referendum tra i lavoratori. Qualora persistesse la violazione, si dovrebbero colpire i singoli lavoratori, con le sanzioni disciplinari previste dai contratti". Per il PCI occorrerebbe rendere obbligatorio il referendum tra i lavoratori prima di poter adire lo sciopero, prevedendo sanzioni in caso di violazione. Per Gino Giugni occorre una legge vera e propria che rafforzi i codici di autoregolamentazione, rinnovando i meccanismi sanzionatori.
Già, attualmente, i sindacati autonomi non aderenti al codice unico di autoregolamentazione non siedono al tavolo delle trattative.
Il protocollo IRI prevede che una commissione di "saggi" stabilisca la legittimità dello sciopero proclamato e la possibilità di instaurare, in alternativa, una procedura di arbitrato.
La prima volta che una commissione di "saggi" si è pronunciata in proposito è stata quando, il 16 luglio, ha condannato all'unanimità le agitazioni decise dai delegati del reparto Acciaieria elettronica dello stabilimento di Terni.
Sarebbe obsoleto come la classe operaia; avrebbe aperto la strada al decentramento produttivo in piccole aziende; avrebbe creato le condizioni per l'informatizzazione "labour saving" nelle aziende minori; sarebbe una palla al piede per la competitività sui mercati.
Articoli sotto accusa:
Art. 4. Vieta l'uso di impianti audiovisivi ed altre apparecchiature per il controllo a distanza dei lavoratori. E’ da notare che le centinaia di aziende coinvolte in processi per la sua violazione, sono andate tutte assolte.
Art. 13. Vieta l'adibizione del lavoratore a mansioni inferiori a quelle per le quali è stato assunto. Questa impossibilità cozza, con le sempre più diffuse esigenze di flessibilità delle aziende. "Se applicato alla lettera - nota Galbusera, UIL, Corsera 28/9 - costituirebbe un freno all'innovazione tecnologica".
E’ da aggiungere che laddove lo Statuto (e l'art. 13) non sono applicabili (vedi il Pubblico Impiego) vale la prassi contrattuale di adibire, in via continuativa, il lavoratore a mansioni inferiori a quelle precedentemente prestate.
Il primo novembre è entrata in vigore la legge 663, promossa dal Senatore della Sinistra Indipendente Mario Gozzini, che modifica la riforma penitenziaria del 1975. Essa introduce premi e benefici e forme elastiche di pena per quei detenuti che abbiano mostrato di essere "reinseribili" nella vita civile, che abbiano subito una condanna definitiva e che non abbiano commesso reati in carcere. Accanto a ciò, viene istituzionalizzata la differenziazione carceraria, detta "sorveglianza particolare", codificando come legge dello stato quell'insieme di norme restrittive (ex art. 90) che fino ad oggi era prassi dell'esecutivo. A giudicare la "pericolosità" del detenuto e, quindi, la non applicabilità di alcun beneficio sarà il Tribunale di sorveglianza: dalle numerose interviste rilasciate da giudici di diversi tribunali, titolo preferenziale per ottenere premi sarà l'aperta dissociazione dalle pratiche per le quali si è detenuti.
L'antivigilia di Natale dieci detenute di Torino, condannate per "reati di terrorismo a pene severissime" (come riportano tutti i giornali) sono uscite dalle "Nuove" per quattro ore, sono andate a teatro, hanno passeggiato per il centro, sono andate al bar, hanno chiacchierato con euro e nazional-parlamentari.
Alla fine del mese di novembre, Adele, moglie di un detenuto che non usufruirà della "Gozzini", ha tentato il suicidio: la condizione di disagio dovuta alla lontananza del proprio compagno in carcere, l'ostilità dell'ambiente, difficoltà psicologiche e pratiche l'hanno spinta a farla finita. Un caso fortuito l'ha salvata.
Al compagno in carcere né premi né permessi.
Ottobre 86. La Corte di Assise di Firenze processa per direttissima e condanna, senza condizionale, per "propaganda antinazionale" due compagni de "Il Bolscevico": nel giornale si affermava che, in caso di attacco dell'Italia alla Libia, i soldati non avrebbero dovuto combattere. Inchiesta analoga è aperta ai danni di due compagni del GOR di Perugia: l'accusa è "istigazione all'odio di classe".
La Corte di Assise di Padova condanna due dei quattro agenti imputati per la morte di Pietro Greco a pene lievissime, con la condizionale: viene riconosciuta loro l'attenuante della "legittima difesa" per aver sparato a chi era "armato" di ombrello. I giornali riportano, preoccupati, le vibrate proteste dei compagni di Padova.
La sede dell'INPS di Napoli è circondata da agenti e carabinieri, al fine di consentire il "regolare svolgimento del lavoro": le Rappresentanze di Base hanno, infatti, indetto una settimana di agitazione con scioperi ed assemblee interne su una piattaforma rivendicativa per il rinnovo del contratto, alternativa a quella CGIL-CISL-UIL. L'assemblea si terrà davanti alla Celere e alla Digos: solo un giornale locale riporterà, qualche tempo dopo, la notizia.
31 Ottobre. I giudici di Roma spiccano otto mandati di cattura per "partecipazione a banda armata denominata Brigate Rosse" per episodi avvenuti nel 1979. I giornali riportano la spiegazione data dai carabinieri all'intera operazione: "si tratta di bloccare sul nascere la nuova formazione eversiva, UCC, responsabile dell’attentato a Da Empoli" (la Repubblica, 2/3.11). Fra gli arrestati c'è Stefano Vannicelli, militante dell'OCI di Torino, il quale rivestirebbe "particolare interesse, perché dopo aver operato per lungo tempo nella capitale, aveva deciso di trasferirsi nel capoluogo piemontese probabilmente per ricucire le fila di un nucleo discioltosi nel ’79 con le rivelazioni di Peci." (Il Mattino, 3/11).
Novembre 86. Il dirigente sindacale delle RdB della USI- 38 di Napoli è trasferito per la sesta volta in pochi mesi: il Comitato di gestione ha revocato - con effetto retroattivo - tutte le agibilità e le tutele sindacali precedentemente riconosciute. I lavoratori, con circolare scritta, vengono diffidati dallo scioperare e dal partecipare alle assemblee indette dalle RdB; si svolge, comunque, un'assemblea sotto la "tutela" di agenti della Digos che identificano i partecipanti: sempre e solo un giornale locale riporta la notizia.
2 Novembre. La Stampa titola su otto colonne: "La resurrezione degli autonomi" e nell'occhiello ammonisce: "Sfondano le vetrine, si scontrano con i poliziotti, manifestano davanti alle centrali nucleari: torna il clima del '77".
4 Novembre. Al direttore di Radio Gamma 5 di Padova viene notificata una diffida di polizia per "non aver dichiarato un lavoro stabile"; in seguito gli verrà ritirata la patente.
16 novembre. A Caorso la polizia, giunta in forze, carica la manifestazione antinucleare; sulla stampa si comincia a parlare di "guerriglia antinucleare".
21 novembre. Sette compagni dei Comitati Autonomi Operai di Roma vengono arrestati: accanto ad addebiti specifici riguardanti la manifestazione del 25 ottobre, l'accusa è "associazione sovversiva con finalità di terrorismo."
8 dicembre. E’ in edicola Panorama n. 1078, che, nell'articolo "Leggi qua ed infiltrati" rivela: "Teorico di questo lavoro legale nel terrorismo è Stefano Vannicelli, un romano di 27 anni, arrestato soltanto giovedì 30 ottobre, considerato uno dei fondatori del gruppo e trait d'union tra le UCC ed un'altra sigla del terrorismo, l'OCI, che raccoglierebbe, secondo i giudici, elementi della risorta autonomia e militanti a tempo pieno da anni in clandestinità".
9 dicembre . A Montalto di Castro la polizia carica brutalmente i partecipanti alla manifestazione antinucleare. La Repubblica del giorno dopo titolerà: "Assediata la centrale, guerriglia a Montalto".
10-12 dicembre. Scalfaro protagonista: in un'intervista a La Stampa, all TV e davanti al Comitato Parlamentare per i servizi segreti, ammonisce che le manifestazioni, da chiunque indette (anche dalla FGCI) sono pericolose. Il SISDE - rivela Scalfaro - assicura che ci potranno essere delle infiltrazioni: il corteo indetto per il 12 dicembre a Roma è vietato.
12 dicembre. L'Unità torna sull'argomento Scalfaro, ribadendo: " I gruppi estremisti ed eversivi esistenti a Roma ed in altre città ed il loro lavoro sono ben noti alle forze di polizia: lo Stato ha a disposizione i mezzi (legali) per prevenirne l'azione".
La manifestazione indetta all'interno dell'Università viene caricata con violenza. Il Corriere della Sera titolerà: "Autonomi scatenati".
20 dicembre. A Napoli la magistratura invia una ventina di comunicazioni giudiziarie ad altrettanti operai e compagni per l'occupazione della stazione ferroviaria attuata durante le lotte dal 1984 dagli operai dell'Italsider di Bagnoli.
Proprio mentre Panorama ne riproponeva la figura "diabolica", Stefano Vannicelli otteneva di tornare a casa agli arresti domiciliari. In quaranta giorni di carcerazione, Stefano ha subito un unico interrogatorio e gli è stato contestato un unico episodio, avvenuto sette anni fa, sulla scorta della "testimonianza" di un pentito.
Null'altro è stato contestato, niente è emerso.
Quotidiani e rotocalchi avranno di che scandalizzarsi: questa tenebrosa figura "fondatore-teorico-trait d'union fra varie sigle terroriste" è in semilibertà!
O, più probabilmente, avranno di che tacere: la tela inquisitoriale che hanno, ostinatamente, tessuto, è là, bella e pronta, a futura memoria! Avranno di che tacere, perché ad essi non è chiesto di rappresentare la "verità", bensì solo di essere i truccatori ed i coreografi di una farsa stantia. Lo Stato, questa dittatura di classe che ha piegato il "diritto" da principio a strumento, che si rappresenta come stato di tutti, il regolatore imparziale di interessi collettivi, per il bene di tutti e di ciascuno.
E più si assottigliano i margini economici per la distribuzione di briciole narcotizzanti, più si polarizzano ricchezze, esenzioni e privilegi nelle mani di pochi, più deve allargarsi la schiera dei parassiti addetti al maquillage della macchina di dominio statale. Il loro mestiere è di presentare la tempesta sociale che preme dal sottosuolo sociale come opera di un pugno di sobillatori; i bisogni che spingono per farsi volontà di milioni di uomini, il diabolico complotto di pochi cospiratori; l'edificio di una società, le cui fondamenta già poggiano solide dentro le gabbie degli attuali rapporti sociali come il progetto utopistico di qualche architetto delirante. Si affannino pure a cercare sobillatori, cospiratori ed architetti: la storia, con le sue leggi inesorabili, si è incaricata già di svelare a tutti, ì] volto di attori e comparse del dramma sociale che si rappresenta ogni giorno.
A Stefano ed a noi, ai proletari ed ai comunisti, non compete alcuna difesa d'ufficio, quanto piuttosto una requisitoria di accusa: voi, burattini e burattinai, garantite un ordine sociale basato sullo sfruttamento e sull'oppressione, voi condannate alla fatica bestiale ed alla fame milioni di uomini per ingrassarne un ristrettissimo pugno, voi ordite complotti e preparate massacri, voi spingete tutto il genere umano sulla soglia di immani catastrofi.
Criminalizzate ed imprigionate; non potrete fermare la storia: essa vi ha già condannato.
Condannate pure le idee, queste idee; ma smettetela di cianciare di "democrazia"; fatelo subito, se ve la sentite, così noi potremo gridare: il re è nudo!
FIATChe ci facevano venerdì i ai cancelli tutti quei poliziotti?Compagni, operai La straordinaria riuscita dello sciopero di 8 ore di venerdì 7/11 alla FIAT(il 70% a Mirafiori) ha dimostrato agli scettici e agli indecisi tra di noi, ed ancora più ad Agnelli ed ai padroni, che la forza e la compattezza operaie non sono miti del passato, ma condizioni che si vanno ricostituendo dopo le sconfitte degli anni passati. Di fronte alle stesse tergiversazioni sindacali, la classe operaia alla Fiat ha espresso la sua ferma volontà di essere disposta a resistere e a non più cedere all'attacco padronale e governativo: ha dimostrato che essa è pronta a mettere in campo tutta la forza per difendere con tutti i lavoratori le proprie condizioni di vita e di lavoro a cominciare dalla lotta sul contratto. Dopo lo sciopero di venerdì, chi mai potrà, ancora trincerarsi dietro la passività e la rassegnazione degli operai per far passare una politica di "rinculo" di fronte all'attacco borghese. Mai la giornata di lotta di venerdì ha anche dimostrato che per difendere gli interessi del "suo" profitto, per scompaginare la ritrovata unità di lotta degli operai, il padrone userà tutti i mezzi che ha a disposizione, non ultimo quello dell'intimidazione e della repressione. Cosa ci facevano venerdì ai cancelli tutti quei poliziotti? Chi proteggevano? Mai se ne erano visti tanti e così attivi. Alla porta 1 e 2 della carrozzeria di Mirafiori hanno dimostrato subito da che parte stavano e gli interessi di chi difendevano:
Come nelle fabbriche così fuori! Chi protesta, che si organizza e lotta per difendere i propri interessi in quanto lavoratore, in quanto proletario, viene minacciato, perseguitato, colpito! Nella fabbrica: multe, ammonizioni, minacce di licenziamento, trasferimenti nei reparti-confino, ricatti di ogni tipo. Fuori: con le intimidazioni poliziesche ai picchetti, con le denunce e le condanne magari perché si "istiga alla lotta di classe " (come è successo a due compagni di Perugia dei Gruppi Operai Rivoluzionari), infine, come nel caso del nostro compagno Stefano Vannicelli, anche con l'arresto per "partecipazione a banda armata" sulla base di pretestuose, infondate, ancorché vecchie di anni, accuse. Che fare contro queste intimidazioni e provocazioni? Non c'è che un mezzo: la lotta contro tutto ciò che tende a dividere e scompaginare il fronte unitario di classe, per la difesa degli interessi autonomi del proletariato: in questa lotta noi saremo al nostro posto, sempre dalla parte degli operai per:
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