Rifugiati politici

IMPARARE DAI PORTUALI DI GENOVA!

"Ci hanno chiamati in guerra al fronte anti iracheno, ma come siamo arrivati in zona, abbiamo visto cose terrificanti: almeno un migliaio di giovani erano morti e noi, ma non solo noi, in Iran non ne possiamo più di guerra e di morti. Non ne possiamo più di Khomeini, soprattutto. Abbiamo deciso di disertare" (Dichiarazione di tre giovani soldati iraniani disertori, da la Repubblica, 2 gennaio 1987).

Tre episodi nell'arco di un solo mese hanno portato in primo piano due questioni: quella dei rifugiati politici in Italia e quella dei rapporti tra lo stato italiano ed il regime islamico-borghese dell’Iran.

Prima la vicenda dei 13 "oppositori dei regime di Khomeini. .. accusati di avere dato aiuto" a militanti anti-khomeinisti, trattenuti a Fiumicino (l'Unità del 30 novembre), poi quella del giovane Amir Albogino Beish Macksari che chiede asilo politico in Italia e se lo vede rifiutare, infine l'episodio di tre giovani disertori della guerra Iran-lrak, Siamak, Shamfoldin e Maijd, la cui richiesta di asilo politico - come scrivono i giornali - "non è stata neppure presa in considerazione".

"L’Italia ha una particolare sensibilità nei confronti dei rifugiati politici", disse un po' di tempo fa Pertini, specialista di frasi ad effetto (la frase è in Rifugiati, dicembre 1983, p. 5). "L’Italia condanna l'oppressione e la violenza dell'uomo sull'uomo", proclamava appena qualche giorno fa Craxi.

Di quale "Italia" parlate? La vostra, cioè la vostra classe, la borghesia italiana, condivide con i regimi militari e reazionari più infami del glorioso mondo occidentale l'onore di riservare lo status di rifugiato politico solo a chi fugge dai paesi dell'Est europeo. "Le autorità italiane temevano a buona ragione che le risorse economiche ed infrastrutturali limitate del nostro paese non potessero reggere il peso di una massa di richiedenti asilo che si prevedeva massiccia (Rifugiati, dicembre 1985). Come? Vi vantate di avere scavalcato l'Inghilterra nel prodotto nazionale lordo, pretendete di sedere tra i "Grandi" nei vertici monetari, e poi piangete miseria e vi vestite da straccioni quando si tratta dei tanto (da voi) decantati "diritti umani"?

I portuali di Genova (e di Livorno), senza preoccuparsi molto della squallida contabilità borghese, senza bisogno di dichiarazioni altisonanti o di ordini dalle direzioni riformiste, hanno bloccato l'Iran Jahad", chiedendo a gran voce che si desse asilo al giovane disertore. Erano anche disposti ad agire in prima persona. Questo è il campo proletario, l'altra parte dell’Italia (e del mondo).

E voi, signori Craxi e Andreotti? Avete traccheggiato imbarazzati di dover passare dalle parole ai fatti, infine avete dato l'ordine di partenza. Che vada a morire il giovane Amir, che vada comunque al suo destino, l'Italia di Craxi trepidava per gli "uomini d'affari" fermati all'aeroporto di Teheran. Capiteli, si trattava di gente della Fiat, della Telettra, gente che porta per il mondo il "made in Italy", gente che fa contratti, gente che vende armi... Che vivano dunque i "mercanti di morte", e vada a morire chi si era ribellato ad una guerra reazionaria. E d'altronde come può la borghesia italiana, che è dentro la guerra Iran-Irak fino al collo, come le sue consorelle, che con la destra vende cannoni e mitragliatrici all’Iran e con la sinistra armi chimiche e fregate all’Irak, aiutare i giovani disertori che si rifiutano di partecipare a questo macello di proletari?

Gli affari sono affari. Né parliamo solo di quelli economici in senso stretto. Quando un anno fa, dopo aver versato a lungo lacrime liberal-occidentali sul conto dell'integralismo islamico, la borghesia italiana decise di riaprire la Camera di commercio Italia-Iran, vi' mise a capo l'on. Rebecchini, d.c., esperto di... servizi segreti, annessi e connessi. Economia politica...

Tutti e tre i casi si sono risolti "positivamente", cioè negativamente per coloro che sono oppressi e positivamente per i loro oppressori. "L’Italia ha una particolare sensibilità per i rifugiati politici".

L'Unità del 2 gennaio, partiti gli ultimi tre disertori, ha tirato un respiro di sollievo. "Per fortuna" (così!), ha commentato, "hanno preferito chiedere aiuto in qualche altro paese". Una fortuna davvero per l'on. Napolitano, che rischiava di essere distratto, in qualità di ministro degli esteri-ombra o di ombra del ministro degli esteri, dai suoi elevatissimi impegni relativi alla "difesa nazionale".

Giustamente i militanti anti-khomeinisti presenti in Italia temono di divenire mercedi scambio tra il regime islamico e lo stato italiano. La repressione della loro liberà (già oggi così precaria e vigilata) diviene sempre più un interesse congiunto della borghesia iraniana e di quelle europee, italiana in prima fila, che temono il contagio non solo e non tanto islamico, quanto quello (in prospettiva) rivoluzionario e classista.

A questi militanti, a tutti i soldati disertori della guerra reazionaria tra Iran e Irak, a tutti i rifugiati di fatto - di qualunque nazionalità siano, alle masse oppresse dall'imperialismo e dalle borghesie complici e serve di tutto il Medio-Oriente, dobbiamo far sentire la solidarietà piena del movimento proletario e dei rivoluzionari! Impariamo dai compagni portuali di Genova l'impegno internazionalista militante! Teniamo aperte le frontiere a chi sfugge alle guerre reazionarie ed alle persecuzioni politiche scatenate dalla borghesia di qualunque latitudine e "colore"! Imponiamo l'abrogazione immediata dell'indegna "riserva geografica" e il riconoscimento incondizionato del diritto all'asilo politico ed al lavoro o al salario dei rifugiati di fatto! Denunciamo ed impediamo le espulsioni!