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 Che fare n.79 dicembre 2013 - aprile 2014

Testo in italiano  ultima pagina

Al pari delle sanzioni, delle minacce e dei bombardamenti che l’hanno preceduta e preparata, la “pace” che le potenze occidentali e l’Onu stanno promuovendo in Medioriente serve a incatenare i lavoratori del Medioriente di tutte le religioni e le nazionalità sotto il giogo dello sfruttamento imperialista!

 Nell’estate del 2013 il Medio Oriente sembrava nuovamente sul punto di esplodere: segnali di “guerra civile” in Egitto; minaccia di intervento militare diretto contro la Siria di Assad da parte di Usa, Inghilterra e Francia; invio della flotta russa nel Mediterraneo in opposizione a questo intervento.

Poi, improvvisamente, sono sopraggiunti tre avvenimenti che hanno “calmato” le acque:

1)      il colpo di stato militare di al-Sisi in Egitto;

2)      l’accordo tra Washington, Mosca e Damasco sulla distruzione delle armi chimiche siriane sotto il controllo dei cosiddetti “organismi internazionali” (gli stessi che hanno benedetto i bombardamenti e l’invasione di Iraq e Afghanistan);

3)      l’avvio dei negoziati a Ginevra tra l’Iran e l’Onu per fermare il programma nucleare di Teheran.

La stampa e i governi occidentali hanno salutato con entusiasmo questi avvenimenti. Essi hanno affermato che tali avvenimenti avrebbero aperto le porte ad una soluzione pacifica e giusta dei conflitti che “da decenni” affliggono il Medio Oriente.

Questa valutazione è falsa e mistificante.

1)      Il colpo di stato in Egitto ha avuto ed ha l’obiettivo principale di rimettere in riga i lavoratori egiziani, i protagonisti della sollevazione contro Mubarak, e di cancellare i progressi compiuti nel 2011-2013 nella loro capacità di organizzarsi e lottare per la difesa dei loro interessi.

2)      L’accordo sulla distruzione delle armi chimiche siriane non mette fine all’aggressione che l’Occidente e i suoi alleati mediorientali stanno conducendo contro il popolo siriano. Esso è, invece, un altro anello di questa aggressione e serve a far accettare la sottomissione e la passività entro i propri confini nazionali come l’unico rifugio di fronte alle pretese dell’imperialismo.

3)      La “svolta” diplomatica dei vertici della repubblica dell’Iran è stata preparata dall’embargo che gli Usa e l’Unione Europea hanno imposto al paese per decenni. A Ginevra gli Usa e l’Ue stanno raccogliendo i frutti della politica che hanno messo in campo dal 1979 per rimettere in riga i lavoratori iraniani. Per decenni gli sfruttati iraniani sono riusciti a tener testa a questa infame politica e il loro esempio ha incoraggiato la lotta degli sfruttati in Libano, in Palestina e in tutto il Medioriente. Ora i vertici borghesi della repubblica iraniana intendono giungere ad un compromesso con i briganti occidentali sulla pelle dei lavoratori iraniani.

La  “pace” che avanza in Medioriente è, quindi, fetida almeno quanto la catena di guerre, sanzioni, provocazioni che l’hanno preparata e di cui è stato un anello l’aggressione contro la Libia di Gheddafi del 2011. Anche questa “pace” come quella catena punta a rimettere in riga le masse lavoratrici della regione e a murarle entro i confini di entità statali che ne incatenano la lotta e l’organizzazione unitaria.

Per difendersi da questi artigli, i lavoratori del Medioriente non possono contare sulle borghesie nazionali o sull’aiuto della Russia e della potenza emergente della Cina. È vero che anche Pechino è nel mirino dell’Occidente e che la “pace” siglata mira a stracciare la trama economica capitalistica che la Cina sta tessendo nella regione. È vero che anche i progetti borghesi “autonomisti” di Assad e dei dirigenti iraniani sono ricacciati indietro dall’invadenza dell’Occidente. Ma la Cina, la Russia, la Siria di Assad, l’Iran di Rohani e Khamenei non hanno alcuna intenzione di favorire l’unica arma in grado di resistere e di piegare il dominio imperialista: la lotta di massa dei lavoratori della regione, uniti al di sopra dei confini statuali e religiosi. Anche nel corso dell’estate 2013 la loro politica ha  avuto l’effetto di conservare e rinfocolare le contrapposizione tra i lavoratori del Medioriente. Ancor più essa lo avrà nel regolamento di conti tra le potenze imperialiste e le potenze emergenti che cova sotto la coltre della “pace” mediorientale.

Noi militanti dell’Organizzazione Comunista Internazionalista sosteniamo incondizionatamente la resistenza dei lavoratori mediorientali, mettiamo in luce davanti agli occhi dei lavoratori d’Occidente il senso della “pace” ordita dall’Occidente e dai loro alleati mediorientali, ci battiamo affinché tra i proletari occidentali inizi a farsi strada la consapevolezza che il loro interesse è di appoggiare incondizionatamente la resistenza anti-imperialista degli sfruttati mediorientali e non la politica (di “pace” o di guerra) dei propri governi imperialisti.

 Che fare n.79 dicembre 2013 - aprile 2014

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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