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Che fare n.78 maggio - ottobre  2013

Bnl-Bnp Paribas: una piccola ma istruttiva mobilitazione

Nel marzo 2013 c’è stata a Roma una minuscola vertenza che ha avuto come protagonisti i circa cinquanta lavoratori impiegati nell’appalto dei servizi di portineria e reception della Bnl-Bnp

Paribas. È un esempio di come, nonostante le enormi difficoltà del momento, sia possibile provare a impostare un’azione sindacale sulle tracce di quanto detto nell’articolo a fianco. Un’azione il cui fine non è “solo” quello di provare ad arginare lo strapotere padronale ma anche, e soprattutto, quello di favorire il protagonismo diretto e la riflessione politica collettiva dei lavoratori.

Ad ogni cambio di appalto, evento che nelle grandi aziende si ripete ogni uno o due anni, gli operai impiegati nei servizi di pulizia, di facchinaggio, di manutenzione, ecc. sono sottoposti ad una doppia pressione. Da un lato, la ditta appaltatrice punta a risparmiare e a tagliare i costi. Dall’altro, la ditta appaltante mira a scaricare tali tagli sulle spalle dei lavoratori e, contemporaneamente, a mantenere e incrementare i propri margini di profitto. È con la morsa di questa tenaglia che gli addetti alla reception della Bnl-Bnp Paribas hanno dovuto fare i conti.

Al momento del cambio d’appalto, la ditta subentrante, la Securitalia (una grande azienda con circa 5mila dipendenti che opera nel settore della “vigilanza, guardiania e reception”) ha posto alcune condizioni capestro.

In pratica i lavoratori già impiegati nel servizio avrebbero potuto mantenere il proprio posto solo accettando di firmare individualmente un contratto che prevedeva una paga di 4,5 euro l’ora (avete letto bene: quattro virgola cinque euro, un taglio salariale mensile dell’ordine di 400 euro), la riduzione dei versamenti pensionistici, il non pagamento dei primi tre giorni di malattia. Inoltre, ciliegina sulla torta, il lavoro straor dinario, a cui spesso in questo settore si fa ricorso, sarebbe stato pagato con una maggiorazione di 0,80 centesimi all’ora.

Apparentemente non restava che piegare la testa e subire. Non è andata così. Innanzitutto (fatto per nulla scontato) si è iniziato a discutere collettivamente sul da farsi e si è deciso:

1) di non firmare nulla individualmente e chiedere l’apertura di una trattativa;

2) di fare un volantinaggio con cui rivolgersi ai lavoratori delle altre ditte di appalto e ai dipendenti stessi dell’istituto di credito.

La ditta appaltatrice e quella appaltante sono restate sorprese da questa reazione. E lo sono state ancor di più quando hanno visto (cosa purtroppo oggi rara) i lavoratori di prima mattina distribuire in gruppi organizzati migliaia di volantini in cui si denunciava la situazione. E in cui (contrariamente a quanto troppo spesso accade) non ci si appellava né all’intervento delle istituzioni locali né a presunti “valori etici e imprenditoriali” (sic!) delle direzioni aziendali. Al contrario: si denunciava l’operato di queste e si chiedeva la solidarietà degli altri lavoratori, evidenziando come la cura riservata agli addetti alla reception era pronta per essere generalizzata a tutti gli appalti.

La denuncia pubblica e organizzata di quanto stava accadendo ha favorito lo sviluppo di un’azione comune con i più disponibili tra i delegati sindacali dello stesso istituto creditizio e, finalmente, l’apertura di una trattativa che ha visto coinvolte le segreterie nazionali della Filcams-Cgil e della Fisascat- Cisl. Parallelamente a tutto ciò i lavoratori hanno deciso di convocare una riunione serale straorpresso la Camera del lavoro dove fare tutti insieme (bisogna ricordare che il personale in questione opera sparpagliato tra tanti “palazzi”) il punto della situazione. In questo affollato incontro è stato denunciato il tentativo dell’azienda di dividere i lavoratori promettendo per vie individuali miglioramenti (si fa per dire) salariali solo ad alcuni e si è stabilito di formare una delegazione”di massa” con cui affiancare le segreterie sindacali durante le trattative.

Dopo alcuni giorni di fitti incontri e grazie alla pressione esercitata dalla delegazione dei  lavoratori (che di fatto ha impedito che le segreterie nazionali si piegassero troppo agevolmente dinnanzi alle pretese e ai ricatti di Securitalia) si è giunti ad un dignitoso accordo. Tutti i posti di lavoro sono stati mantenuti e, nella sostanza, le condizioni normative e salariali restano quasi uguali a quelle vigenti nel precedente appalto. Certo, l’esito positivo della vertenza è stato favorito anche da alcuni fattori particolari, come ad esempio i contrasti emersi tra la direzione dell’azienda appaltatrice e quella dell’azienda appaltante. Questi fattori “peculiari” non sarebbero, però, venuti a galla, né tanto meno sarebbero tornati “utili”, senza la mobilitazione diretta dei lavoratori, a cui ha attivamente contribuito anche un nostro delegato. Mobilitazione che non è servita solo a “parare il colpo” (almeno per il momento), ma anche a permettere a un nucleo di lavoratori di fare una prima esperienza di mobilitazione, discussione e organizzazione in comune. Di riflettere, magari per solo un istante, sul fatto che la gente che vive a fatica del proprio lavoro non è destinata sempre e per forza a subire. Che, al contrario di quanto ci dicono ogni santo giorno, ci si può difendere. Che lo si può fare non seguendo scappatoie individuali, ma cominciando ad organizzarsi, a mobilitarsi in prima persona e, in questa lotta, a riflettere insieme di “politica e di sindacato”.

Che fare n.78 maggio - ottobre  2013

     ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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