Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013
I velenosi effetti di un’opposizione a Monti basata sulla ricetta del “Movimento 5 Stelle”
Al di là della consistenza sociale e politica del progetto di Montezemolo-Casini-Fini-Bersani, riesca a decollare (anche in virtù del sostegno degli stati europei più forti) oppure naufraghi sulla scia del berlusconismo, tale progetto è una dichiarazione di guerra contro i lavoratori, italiani, immigrati ed europei.
Va denunciato e respinto nella sua globalità.
In questa lotta si può contare sulle formazioni politiche o sui movimenti, come il “Movimento 5 Stelle” di Grillo, che, stando ai loro slogan, attaccano il “rigor montis”?
Nelle 17 pagine del programma non è citato una volta il lavoratore come tale, con i suoi affanni in fabbrica in ufficio e nella vita sociale. Ma allora cosa rivendica il “Movimento 5 Stelle”? C’è la richiesta di cambiare le regole dei consigli di amministrazione, di vietare i rapporti incrociati tra i vertici delle imprese e delle banche, di introdurre i bilanci partecipati, di estendere la connessione veloce a Internet libera per tutti, di favorire il telelavoro. Ammesso per assurdo che l’insieme di queste misure sia realizzabile, a chi potrebbe piacere? A quale soggetto sociale potrebbe interessare? Tali misure potrebbero al più allentare la morsa dei grandi poteri sul risparmiatore che ha acquistato un pugno di azioni in borsa e che intende (illusoriamente) controllare il corso da casa via terminale! Con tali misure Grillo riscodella come nuova una rancida minestra politica, il ritorno a un mondo capitalistico di piccoli produttori, di piccole imprese, di piccolo comune, di cittadini dotati dei mezzi (la rete) per controllare l’anarchia del mercato capitalistico e dettarle regole di bon ton.
Dovrebbe far riflettere, a questo proposito, un altro elemento. Entro l’orizzonte capitalistico, che Grillo si guarda bene dal mettere in discussione, il modello sociale energeticamente razionale da lui vagheggiato, con corsie per le biciclette ai lati di ogni strada ed efficienti autostrade telematiche, trova una parziale realizzazione in Germania, il paese che, però, viene presentato da Grillo come il demonio, e tacciato di supermonopolismo e di centro della finanza stritolatrice. Ma non ci si rende conto che le due cose stanno insieme? Eppoi, come si pensa di strappare effettivi miglioramenti nella salvaguardia ambientale, su cui come marxisti non sputiamo affatto e che ci vedono direttamente impegnati quando sono alla base di reali iniziative di lotta? La parola magica di Grillo è: referendum popolari, come in Svizzera. Ora, a parte che in Svizzera a dettare legge non sono i referendum popolari ma le grandi banche al centro delle politiche di austerità in tutto l’Occidente e del riciclaggio dei denari dell’economia criminale mondiale, ci permettiamo di porre una piccola domanda: nel capitolo sulla salute del programma del “Movimento 5 Stelle” e del riciclaggio dei denari dell’economia criminale mondiale, ci permettiamo di porre una piccola domanda: nel capitolo sulla salute del programma del “Movimento 5 Stelle” e del riciclaggio dei denari dell’economia criminale mondiale, ci permettiamo di porre una piccola domanda: nel capitolo sulla salute del programma del “Movimento 5 Stelle”, in uno dei rari riferimenti delle 17 pagine alle questioni sociali di massa, si afferma che in Italia esiste ancora un sistema sanitario universalistico e che esso rischia di essere smantellato. Bene: da dove è arrivato questo sistema sanitario universalistico? È stato un dono del cielo? Un regalo degli anti-monopolisti? Dei piccoli azionisti? Di coloro che passano la giornata ai blog? Dei referendum svizzeri? Oppure è stata la conquista di un movimento reale di sfruttati che si è organizzato in sedi fisiche e scontrato nelle piazze? Che è riuscito a frasi valere contro la connessione centralizzata degli interessi borghesi perché le ha contrapposto la connessione centralizzata degli sfruttati in lotta?
E se per caso a qualche giovane o proletario, attratto dalla tirate di Grillo contro la casta politica, viene in mente che l’invito al protagonismo in prima persona abbia bisogno di un’organizzazione, abbia bisogno di mettere sul tappeto i problemi della fabbrica (mai nominata) o degli uffici (mai nominati se non come telelavoro auto-gestito da incoraggiare!), abbia bisogno di incontrarsi regolarmente in una sede fisica, ecco che il grillismo, nemico di tutte le regole, sciorina nel suo statuto (anti-statuto) il suo diktat: non sia mai costituire un partito. Articolo 4: “il Movimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della rete il ruolo di governo e indirizzo normalmente attribuito a pochi”. Se il senso del divieto non fosse chiaro, ecco la pubblicità sul sito ufficiale del Movimento 5 Stelle per il libro di Simone Weil contro i partiti politici.
Ecco il rilievo dato al “manifesto per l’abolizione dei partiti politici” di W. Bordon, simpatizzante grillino, ex ministro, fautore della chiusura di industrie in Liguria e della trasformazione dell’Italia in paese riviera. E questo sarebbe l’ambientalismo di Grillo? Che paradiso per i lavoratori italiani diventare i servitori dei nababbi planetari! E quanto il Bordon-pensiero ci ricorda il programma di Berlusconi o del sindaco di Venezia sulla chiusura del polo industriale di Marghera per una Las Vegas mediterranea. (1)
Sulle onde del grillismo, la connessione totale alla rete e di tutti con tutti via chat di cui ciarla Grillo vuol dire sconnessione totale dagli altri individui sfruttati. Altro che difesa dalla macchina pervasiva e parassitaria dello stato, che si dice, con sparate da contenuto fumoso, qui di voler contrastare! Qui c’è l’invito rivolto al lavoratore, già atomizzato dalle forze del mercato e dai sottili meccanismi di persuasione occulta che hanno nello stato il loro regista, rivolto al lavoratore, già atomizzato dalle forze del mercato e dai sottili meccanismi di persuasione occulta che hanno nello stato il loro regista, ivolto al lavoratore, già atomizzato dalle forze del mercato e dai sottili meccanismi di persuasione occulta che hanno nello stato il loro regista, rivolto al lavoratore, già atomizzato dalle forze del mercato e dai sottili meccanismi di persuasione occulta che hanno nello stato il loro regista, ad auto-confinarsi in un minuscolo e impotente guscio. Su questa scia, non sarebbe sorprendente che la retorica anti-monopolistica e anti-casta del “Movimento 5 Stelle” favorisse la presa fra la gente del programma dei monopoli capitalistici europeisti rappresentati da Montezemolo oppure di altri monopoli capitalistici, posti al di là dell’Atlantico, interessati alla disgregazione dell’Ue e del suo debole anello italiano. Nessuna novità, neanche qui: anche nel passato, il sogno (l’incubo) anti-monopolistico del piccolo borghese è servito per oliare la centralizzazione (anche a suo danno) della macchina, economica e statale, capitalistica internazionale.
Certo, i lavoratori hanno interesse a lottare contro i partiti politici della borghesia, contro il parassitismo dell’apparato statale e contro l’estromissione dalla vita politica attiva della massa della popolazione compiuta dalla democrazia e dal sistema partitico-parlamentare. Ma per far questo, essi hanno bisogno di un partito, di un loro partito, altrettanto centralizzato. E centralizzato attorno non ad una figura carismatica, un comico o un guru nascosto dietro le quinte o un presidente della Ferrari che sia, ma alla difesa degli interessi proletari, a un programma di classe.
La rete costituirà un mezzo per la organizzazione degli sfruttati, come è accaduto in passato, con il telegrafo e la stampa e la radio. Ma sulla base e per conto di un movimento organizzato degli sfruttati.
Alcuni proletari e compagni vicino ai partiti alla sinistra del partito democratico percepiscono che il Movimento 5 Stelle contribuisce a disarticolare le fila degli sfruttati. Parliamo che stanno dando vita al cosiddetto quarto polo, Rifondazione Comunista, il PdCI e quelle raccolte attorno all’appello di Ravelli-Rinaldini. Negli incontri e nei documenti di questa area politica si mettono in rilievo questioni cruciali della difesa di classe, l’effetto dirompente della politica di Monti sul lavoro salariato, ci sono denunce che condividiamo. Ma qual è la via proposta per voltare pagina? Al centro di essa continua ad esserci l’elettoralismo, il richiamo alla carta costituzionale, la strizzatina d’occhio alla fuoriuscita dalla Ue come se al di fuori dei vincoli della Bce ad aspettare i lavoratori d’Italia vi fosse chissà quale mercato mondiale solidale. Si critica, giustamente, la nebulosità e il qualunquismo della retorica grilliana, e poi, però, se ne riscodella l’analisi sull’origine dell’attuale marasma, attribuito semplicemente allo strapotere dei manager, all’iniqua distribuzione delle stock options, all’uso di inadeguati modelli matematici nella gestione degli scambi, ai comportamenti denunciati in film come Margin Call. Ma davvero pensiamo che la recessione economica occidentale, il gran piano della Ue, della Bce e del governo Monti per indurire la spremitura dl mondo del lavoro e irreggimentarlo all’Europa imperialistica, il disegno europeo di difendere con le unghie e con i denti la sua posizione di privilegio sul mercato mondiale nascano semplicemente dai grandi onorari dei manager, dalla loro irresponsabile ed egoistica cupidigia, dalle partecipazioni incrociate tra banche e finanza, dal controllo delle informazioni da parte di un pugno di agenzie internazionali? Davvero pensiamo che il cataclisma che sta terremotando la solidità del capitale occidentale sia, come sostiene Ferrero, un problema di redistribuzione e che potrebbe essere risolto con una diversa ripartizione della torta?
Dovremmo imparare dalla lungimiranza dei commentatori borghesi, vincolati a osservare il mercato mondiale e a dire pane al pane e vino al vino. Ne diamo un esempio nel riquadro con un editoriale pubblicato sul quotidiano la Repubblica. L’offensiva anti-proletaria di cui si fanno alfieri costoro non la si combatte negandone la base nelle trasformazioni intervenute nel sistema capitalistico mondiale. Bisogna partire anche noi da questa realtà e non sognare di poter conservare le conquiste strappate con un ciclo di lotte bisecolare nel chiuso della ridotta europea, se solo venisse adottata la Tobin tax o una razionalizzazione energetica o un piano di interventi keynesiani. Anche Bersani, in confronto, vola alto, assumendo l’orizzonte effettivo, quello planetario. Certo, ne conclude che i lavoratori devono appoggiare Monti e premere elettoralmente per una spruzzatina di acqua ossigenata sociale per non far bruciare troppo le ferite. Ma non si sfugge a questa conclusione (che poi è la motivazione con cui si sostiene Monti da sinistra), non la si contrasta, non si lavora per l’organizzazione di una forza politica incardinata sulla difesa degli interessi proletari, se i lavoratori più combattivi non assumono lo stesso orizzonte e non prendono atto che un’epoca è finita, l’epoca in cui lo sviluppo del capitale occidentale poteva procedere mettendo d’accordo gli interessi di classi diverse, se non rompono con un armamento riformista che, svolto con coerenza, conduce proprio all’approdo di Occhetto-Veltroni-Bersani. Uno dei compiti più importanti, nel pieno sostegno delle lotte immediate in corso contro i licenziamenti, i tagli allo stato sociale, il degrado ambientale, è quello di analizzare questa trasformazione capitalistica, è quello di vedere come essa stia mettendo nell’angolo il proletariato in Europa ma anche, nello stesso tempo, creando le condizioni per lo sviluppo di un futuro dirompente movimento proletario a scala planetaria. Guardiamo anche a quello che accade nel Sud del mondo, nei paesi emergenti. Vi incontriamo non gli schiavi disposti a tutto che i padroni e i loro giornalisti ci sbattono sul viso, ma (v. Sudafrica o Serbia) lottatori che, a modo loro, di opporsi alla concorrenza scatenata dal capitale sul mercato del lavoro mondializzato.
Certo, non si può aspettare con le mani in mano questo futuro, c’è da organizzare e favorire la lotta nei singoli paesi europei contro la gragnuola di colpi in arrivo, in modo da respingere l’ accollamento del debito sovrano europeo sulle spalle dei lavoratori, in modo da scaricare gli effetti della recessione e della crisi finanziaria sui capitalisti, sulle loro tasche, sulla loro classe. Ma questa battaglia difensiva è qualcosa che non matura nelle elezioni, nelle raccolte di firme, nelle campagna referendarie, nelle alchimie per rimettere insieme i cocci della sinistra (v. appello di Ginsborg), in un bailamme elettorale il cui esito, come ci insegnano Montezemolo, De Benedetti, Marchionne e Bersani, è già stato deciso, anche se al posto di Monti sarà messo un suo clone. Richiede lo scontro di classe e, in connessione con ciò, un profondo lavoro teorico, per l’analisi del dove va il capitale, del percorso attraverso il quale la classe proletaria, più estesa e potenzialmente rivoluzionaria che mai, dovrà-potrà, ritessere le sue file e innalzare l’unica bandiera in grado di liberarla dalla peste degli stati nazionali europei, della nuova Ue, dei leghismi e dal tormento del capitale: la bandiera del comunismo internazionalistico!
(1) Diamo la parola direttamente a questa nauseabonda filosofia anti-partito. “Magari ci fosse, l’antipolitica vera. Ma, voltate le spalle alla ricerca del consenso, bisognerebbe procedere nella direzione del pensiero solitario, dello scarto culturale, del coraggio intellettuale. Cadrebbe davvero a proposito, per chi nutrisse tali nobili aspirazioni, la ristampa del Manifesto per la soppressione dei partiti politici di Simone Weil (Castelvecchi editore). Il fatto che i partiti esistano, scriveva Simone Weil nel 1943, «non è in alcun modo un motivo per conservarli». Perché solo il bene sarebbe un motivo legittimo per conservare una determinata istituzione umana. Ma per ogni partito, la concezione del bene pubblico non può che diventare una semplice petizione di principio e in ultima analisi «una cosa vuota, irreale». La diagnosi di Simone Weil è impietosa e veritiera. Confondendo i mezzi con i fini, i partiti smarriscono la loro finalità primitiva. Diventano macchine per fabbricare dannose passioni collettive. Annullano quanto di più prezioso c’è nell’esistenza dei singoli, cioè il pensiero individuale. Non hanno altro scopo, infine, che accrescere in maniera indefinita il loro potere. A differenza di ciò che è reale, infatti, i partiti, la cui materia è «l’irrealtà», non conoscono i propri limiti, e vivono nell’esclusivo bisogno di crescere, come fossero animali all’ingrasso, «e l’Universo fosse stato creato per farli ingrassare». E, dunque, non ci sui può illudere che il senso della verità e della giustizia si conservi negli individui che scelgono di aderire a un partito, rinunciando alla propria «luce interiore» e insediando così la menzogna al centro dell’anima”. Chi scrive? Grillo? L’ideologo del “Movimento 5 Stelle”, il guru Casaleggio? No, Emanuele Trevi sul Corriere della Sera del 30 maggio 2012, l’organo che ha lanciato il pamphlet anti-casta di G. Stella. Il corriere della Sera, l’organo di Mediobanca, Fiat, Mediaset …(su alla nota 1)
Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA