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Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013

Il pane quotidiana che l'Italia riserva agli immigrati: super-sfruttamento, razzismo, repressione

La politica del governo Monti verso i lavoratori immigrati non si è discostata da binari già percorsi dall'esecutivo guidato da Berlusconi. La legge razzista Bossi - Fini è perfettamente operativa. Al pari del governo Berlusconi, il governo Monti non esita ad usare il manganello non appena gli immigrati tentano di reagire collettivamente al trattamento che è riservato loro. È stato introdotto il permesso di soggiorno "a punti" con cui si mira a indurre l'immigrato a "stare buono" e "al suo posto" per non perdere il diritto a restare "legalmente" in Italia. Anche la "sanatoria" di fine 2012 è stata congegnata in modo tale da costringere i lavoratori immigrati che ne volessero usufruire ( e che spessissimo da anni sono costretti al lavoro "in nero") a passare per il costoso mercato dei falsi attestati lavorativi e per le forche caudine di una burocrazia umiliante e senza fine. Non è un caso che numericamente "l'adesione" alla sanatoria sia stata inferiore alle attese governative: usare questa via per provare ad uscire dalla cosidetta "clandestinità" si è rivelato troppo esoso e troppo poco sicuro.

La politica di Monti si è parzialmente differenziata da quella del "Cavaliere" solo su un punto. Come abbiamo scritto sul precedente nuemro di questo giornale (1), vi è stato un tentativo, più propagandistico che suffragato da elementi reali, di convincere gli immigrati "che nei loro confronti è cominciata una politica più accogliente, sopratutto verso i lavoratori più qualificati" e di far balenare la possibilità di una vera "integrazione" almeno per i "più bravi" e più disposti a chinare la testa. Il tutto finalizzato a contrastare la possibilità che nella massa di 4 milioni di proletari immigrati (la cui presenza e il cui super-sfruttamento è essenziale a tutte le branche del capitale italiano) si faccia largo, con più forza di quanto avvenuto nel recente passato, la volontà di imboccare la via della lotta e della scesa in piazza per rivendicare i propri sacrosanti diritti.

Il ricatto dei licenziamenti e della disoccupazione (che per un immigrato significa ripiombare nella "clandestinità") combinato con qualche piccola aspettativa di miglioramento (a cominciare dal sempre prospettato e mai attuato riconoscimento della cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia) e con lo stato di complessiva difficoltà che sta attraversando l'insieme del movimento proletario, non favorisce l'avanzamento del processo di organizzazione e lotta dei lavoratori immigrati che, non a caso, da qualche anno sta segnando il passo. Nonostante ciò, anche nel 2012 i lavoratori immigrati hanno continuato a dar vita ad alcune significative iniziative di lotta.

Castelnuovo Scrivia, azienda agricola Lazzaro

 A giugno dello scorso anno a Castelnuovo Scrivia (provincia di Alessandria) gli immigrati impiegati nell'azienda agricola Lazzaro sono scesi in lotta contro i salari da fame (un euro "in nero" all'ora) e gli orari da bestie (13/15 ore al giorno) imposti dal padrone. Questi lavoratori, quasi tutti di origine marocchina e in gran parte senza permesso di soggiorno, hanno dato vita ad un presidio permanente per rivendicare condizioni lavorative e salari dignitosi. Dopo 17 giorni di mobilitazioni e dopo aver subito al denuncia da parte dei carabinieri  per "violenza privata e arbitraria invasione e occupazione di suolo pubblico e privato" l'azienda ha (almeno apparentemente) ceduto, accettando di "regolarizzare" una quota di braccianti, aumentare i salari e ridurre l'orario. Ben presto, però, il padrone è tornato sui suoi passi e lo ha fatto giocando l'arma della contrapposizione fra lavoratori. I lavoratori appena messi in regola sono stati licenziati  e al loro posto sono stati ingaggiati, tramite una cooperativa, immigrati indiani "alla giornata". Dopo primi momenti di inevitabile tensione, i "marocchini del presidio", anziché contrapporsi agli "indiani", hanno iniziato a dialogare, a spiegare loro la situazione e a proporre una battaglia comune per avere tutti un dignitoso posto di lavoro.

Piacenza, Ikea

 Nel novembre 2012, a Piancenza, presso uno dei magazzini di stoccaggio merci centrali dell'Ikea, si è sviluppata la lotta degli immigrati addetti al facchinaggio dipendenti da due cooperative appaltatrici, facenti capo al consorzio Cgs. La protesta è partita contro i bassi salari, i turni sfibranti, le differenziazioni retributive orarie che le due cooperative (sotto la supervisione della multinazionale svedese) operano arbitrariamente ai danni di una serie di lavoratori. Dopo giorni di mobilitazione, e dopo il licenziamento di dodici immigrati iscritti al sindacato Si Covas, il 2 novembre la polizia ha attaccato con i manganelli e lacrimogeni il picchetto con cui questi lavoratori tentavano di bloccare i cancelli dell'Ikea. I facchini non sono arretrati ed hanno risposto dando vita a duri scontri.

Mentre scriviamo, Ikea e le due cooperative stanno minacciando, come ritorsione e come arma per piegare la mobilitazione, una riduzione dei volumi di lavoro a Piacenza e il conseguente licenziamento di 107 lavoratori.

Basiano, catena di supermercati "Il Gigante"

 Le lotte di Castelnuovo Scrivia e di Piacenza si sono accavallate a quella dei lavoratori immigrati di Basiano, su cui riportiamo a pag.12 il volantino diffuso dalla nostra organizzazione. Queste tre lotte che hanno strappato il silenzio con cui si copre l'effettivo trattamento riservato agli immigrati dalla democrazia italiana, evidenziano come una delle armi più usate dal padronato sia quella di mettere operai in contrapposizione e concorrenza con altri operai. Ma evidenziano soprattutto, nel loro "piccolo", come il non piegare la testa e il non cadere nella trappola della guerra tra lavoratori siano passi essenziali che il proletariato (immigrato e non) deve incominciare a fare per mettere un argine all'offensiva del padronato e del governo.

Nota

(1) Per un'analisi delle politiche governative in tema di immigrazione rimandiamo a quanto scritto in proposito nei numeri precedenti del Che fare. Tutti gli articoli sono consultabili sul sito.

Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013

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