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Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013

Oppressione di razza e oppressione di classe, l'una non può cadere senza che cada l'altra

Diciotto anni fa,nel 1994, dopo decenni di eroiche e sanguinose lotte, i lavoratori e gli oppressi neri del Sudafrica abbatterono il regime dell'Apartheid (1). Questo sistema di segregazione razziale era stato impiantato e sostenuto dalle potenze democratiche europee, dagli Usa e dalle multinazionali occidentali per depredare le ricchezze e la manodopera di tutta l'Africa australe. Il sistema dell'Apartheid serviva all'Occidente capitalistica anche per disporre in Africa meridionale di un gendarme armato contro le lotte di liberazione dei popoli africani e dell'Asia mediorientale.

La caduta dell'Apartheid e la vittoria dell'organizzazione politica che aveva diretto la lotta, l'African National Congress (Anc), sono stati un duro colpo per la rapace dominazione occidentale sul Sud del Mondo. Dopo di allora, i governi, i generali e i finanzieri europei e statunitensi hanno cercato di utilizzare il monopolio da loro conservato sulle risorse economiche del Sudafrica e le posizioni mantenute nell'apparato statale per impedire che venisse scalfito il regime di supersfruttamento dei proletari sudafricani. Hanno fatto di tutto affinché il passaggio alla formale uguaglianza dei diritti civili e politici,l'introduzione delle libertà politiche e sindacali non portassero il cambiamento nelle condizioni di lavoro e di vita dei proletari di colore sudafricani.

Su questo terreno, essi hanno avuto buon gioco più volte, anche per la politica conciliatrice portata avanti dalla borghesia nera che dirige l'Anc. Essa puntava e punta ad un compromesso con le forze dell'imperialismo nella speranza (vana) che una tale condotta le dia il tempo e l'opportunità di accrescere il proprio peso economico e di conciliare gradualmente le esigenze delle aziende sudafricane e delle multinazionali imperialiste con quelle dei proletari neri sudafricani. (1)

Il disegno dei capitalisti e dei governi occidentali sta, però, trovando un ostacolo serio nella mobilitazione del proletariato di colore, nella volontà degli sfruttati neri e meticci di non fermare la loro battaglia secolare per conquistare un lavoro, una casa e un'esistenza da esseri umani. Espressa negli ultimi anni con la pressione sulla storica direzione dell'Anc affinché (campa cavallo) voltasse pagina a favore di una politica capace davvero di incidere sulla questione sociale, questa volontà è sfociata nell'estate del 2012 in poderose lotte proletarie, che hanno avuto il culmine nello sciopero dei minatori neri del platino di Marikana.

La rivendicazione principale degli scioperi è stata quella di consistenti aumenti salariali. I minatori di Marikana, ad esempio, intendevano portare il loro salario da 400 ad almeno 1000 euro al mese. I lavoratori neri si sono battuti anche per ridurre la nocività delle condizioni di lavoro e la precarietà dei contratti, sopratutto per la massa dei minatori a diretto contatto con la roccia. L'entità delle rivendicazioni e la determinazione della lotta a sostegno di esse ha suscitato allarme nelle direzioni delle multinazionali, nelle borse e ella stessa "classe dirigente" dell'Anc. Del tutto a ragione: alle loro (non coincidenti) scommesse stava franando il terreno sotto i piedi. Il periodo dell'attesa, della fiducia nella promessa dei dirigenti dell'Anc, del rispetto dell'invito a rimanere calmi dei dirigenti sindacali per non far fuggire gli investitori internazionali è giunto a conclusione.

I lavoratori neri hanno visto che i prezzi dei minerali da loro estratti e i listini di borsa delle multinazionali minerarie stavano andando a gonfie vele e li hanno confrontati con le loro stazionarie condizioni di lavoro e di vita. Così, i proletari neri sono di nuovo giunti alla conclusione che dovevano ripuntare sulla loro mobilitazione diretta, sullo sciopero. E, a tal fine, non esitare neanche di fronte alla costituzione di nuove organizzazioni sindacali, non vincolate alla politica dello storico sindacato del Num, moderata e "disattenta" alle condizioni di lavoro e ai mille ricatti a cui è soggetta la massa più sfruttata dei minatori, spesso immigrata dalle campagne o dai paesi confinanti con il Sudafrica o dall'Africa nera.

Si è così giunti a una svolta nello scontro politico tra i tre attori principali in campo in Sudafrica, con riflessi sulle vicende dell'itero continente africano e sul mercato mondiale.

Anziché accontentarsi dei conquistati spazi democratici, i proletari li hanno messi a frutto per rinvigorire la loro esperienza di lotta, per osservare il comportamento delle altre classi sociali e dell'imperialismo, per riprendere da posizioni più avanzate la loro storica marcia di emancipazione razziale e sociale. In questo cammino che ha visto un'improvvisa accelerazione nell'ultimo anno e specialmente nel fuoco delle lotte (sanguinose) della scorsa estate, i lavoratori coloured del Sudafrica hanno iniziato a sperimentare e a comprendere che il loro nemico non è "solo" il potere economico bianco, locale e internazionale, ma anche la borghesia nera cresciuta nel periodo di Mandela e di Mbeki. Gli affari di questa borghesia (corresponsabile delle stragi compiute a Marikana e in altre città dalla forze di polizia e dalle milizie al soldo delle multinazionali) continuano ad essere in contrasto con gli interessi del capitale multinazionale, mal disposto a lasciare la fetta della torta a cui essa aspira. I borghesi neri temono ancora più, però, l'ardore dei proletari neri, il sacrosanto odio di classe che sprizza dagli occhi con cui si sentono osservati dai loro "fratelli di razza" che li guardano dalle baracche delle bidonvilles oppure dai cunicoli pericolosi delle miniere e dai campi delle grandi aziende agricole.

Come accade in ogni vero scontro di classe, le lotte sindacali si sono intrecciata con la rivitalizzazione dell'ala sinistra dell'Anc con la riproposizione di una piattaforma non solo sindacale ma anche poliitica centrata sulla rivendicazione della nazionalizzazione delle miniere e delle grandi aziende agricole in mano ai bianchi. Il leader politico di questo orientamento, Malema, espulso dall'Anc per istigazione all'odio razziale contro i bianchi, è stato accolto con entusiasmo dagli scioperanti, insieme ai quali ha tenuto comizi ed assemblee molto partecipate.

Probabilmente il ciclo di lotte dell'estate-autunno 2012 non porterà all'immediato ad una spallata a sinistra nel governo sudafricano e a un nuovo balzo in avanti nella guerra antimperialista degli sfruttati coloured del Sudafrica. Più che le minacce dell'imperialismo di ritirare gli investimenti dal Sudafrica, a pesare contro questo esito nel breve termine è sopratutto l'arretratezza politica del proletariato internazionale. Ma pur ritardato nel suo svolgimento, lo scontro politico che attende gli sfruttati neri e meticci del Sudafrica è stato ben delineato in quella che negli annali del proletariato sarà ricordata come l'estate dei minatori di Marikana.

Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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