Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci


Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013

A fianco dei nostri fratelli di classe arabo-islamici!

Il 14 novembre 2012, con un attacco missilistico sulla striscia di Gaza, l'aviazione israeliana ha assassinato Ahemed al-Jabari, dirigente di Hamas, e ha dato inizio all'operazione militare chiamata "Colonna di nuvole". Per otto giorni l'artiglieria e gli aerei hanno bombardato la popolazione palestinese con le armi più sofisticate. Hamas e la Jihad Islamica hanno reagito sparando contro Israele i loro rudimentali razzi (i Fajiar 5): solo pochi razzi hanno colpito le città nel sud di Israele, la stragrande maggioranza di essi è caduta in mare o in aperta campagna o è stata intercettata dall'appena istallato scudo anti-missilistico Iron Drome.

L'enorme divario di mezzi bellici a disposizione di Israele e del popolo palestinese è riassunto nel bilancio "finale", dell'operazione, sospesa il 21 novembre con una tregua mediata dal presidente Egiziano Morsi. Tra i palestinesi si contano almeno 170 morti e migliaia di feriti. I bombardamenti su Gaza hanno distrutto 200 abitazioni, ne hanno danneggiate 8.000, hanno distrutto 42 edifici non residenziali (inclusa la sede di Hamas), tre moschee e un centro sanitario. I morti israeliani sono stati 5 e molto lievi i danni alle abitazioni e alle infrastrutture di Israele.

Nonostante ciò, la popolazione palestinese, ancora una volta, non ha piegato la testa e la sua tenace resistenza è stato uno dei fattori che ha "dissuaso" lo stato maggiore di Tel Aviv dal procedere con l'invasione di terra.

Anche se l'operazione "Colonna di nuvole" non coincide perfettamente con gli odierni piani politici della Casa Bianca e delle capitali europee, Israele ha immediatamente incassato la fattiva solidarietà degli Usa e delle cancellerie europee. L'ambasciatrice americana all'Onu, Susan Rice, ha dichiarato: "Niente giustifica la violenza ha fatto ricorso Hamas e le altre organizzazioni terroristiche (!) contro il popolo israeliano". Obama ha ribadito che la cessazione senza condizioni del lancio dei razzi palestinesi  sarebbe stata la prima condizione per una tregua. Il ministro Terzi, a nome del governo italiano, si è affrettato a condannare "gli attacchi missilistici palestinesi".

La Turchia, l'Egitto e il Qatar, attuali alleati di Hamas, hanno criticato l'operazione militare israeliana ma hanno premuto su Hamas affinché assumesse una posizione conciliante verso le pretese di Israele sulla garanzia alla propria sicurezza. Hanno operato, quindi, per rafforzare la politica conciliatrice che ha portato il popolo palestinese in un angolo: nei Territori Occupati, nel silenzio internazionale, prosegue lo sterminio del popolo palestinese; Israele continua ad espropriare terre e a costruire colonie; anni e anni di negoziati e di cedimenti sulla via conciliatrice propugnata dalla direzione dell'Olp hanno favorito solo i traffici e le poltrone di una ristretta élite ben rappresentata da Fayyad, l'attuale  primo ministro della Cisgiordania ed ex dirigente del Fmi.

Questo vicolo cieco è stato denunciato nella primavera 2012 da Marwan Barghouti, uno dei dirigenti di Al Fatah. In una lettera dal carcere in cui è detenuto da dieci anni, Barghouti, in passato sostenitore della politica di compromesso diplomatico, ha tirato un bilancio negativo di questa politica, ha incitato i palestinesi a lanciare una nuova Intifada di massa, ha attaccato la direzione dell'Autorità azionale Palestinese per la sua quotidiana collaborazione con i servizi di sicurezza di Tel Aviv e ha chiamato a "spezzare ogni collaborazione militare e economica con Israele".

Si, oggi, più che mai, per giungere al loro riscatto nazionale e sociale, i palestinesi possono fare assegnamento solo sulla loro lotta e non sulle manovre diplomatiche tessute con l'"aiuto" della Ue, di Washington, dell'Onu o dei governi dei paesi arabi e della Turchia. Tra i governi imperialisti e le borghesie dell'Egitto, del Qatar e della Turchia i palestinesi non hanno amici, ma nemici di cui non fidarsi e contro cui battersi. Battersi in una lotta che, come seppe fare il popolo palestinese nei punti più alti della sua eroica guerra di liberazione, si proietti verso i proletari e i diseredati dell'intera regione mediorientale e cerchi in questo fronte la rinnovata forza per scontrarsi con Israele, con i suoi protettori occidentali, con i loro tentacoli nel mondo arabo-islamico, con le loro manovre per affossare la causa palestinese e per schiacciare tutti gli oppressi dell'area. Tra queste manovre c'è la nuova aggressione a Gaza e c'è anche, le due cose sono legate, l'aggressione in corso alla Siria.

Che su questo secondo fronte i militanti antimperialisti palestinesi non si lascino irretire in una posizione di neutralità  o di equidistanza o, peggio ancora, di alleanza con il fronte imperialista, come sta facendo la direzione di Hamas! 

 

Che fare n.77 dicembre 2012 - aprile 2013

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci