Che fare n.75 Dicembre 2011 - Marzo 2012
A fianco dei nostri fratelli di classe immigrati bombardati dal super-sfruttamento, dal razzismo e dalla repressione!
Le iniziative che i lavoratori immigrati, per più di un decennio, avevano messo in campo per porre un argine alle discriminazioni, al razzismo e al super-sfruttamento con cui è condita la loro vita in Italia sono in grande difficoltà. Le riunioni e le manifestazioni, pur limitate, che c’erano state negli ultimi anni per il permesso di soggiorno sono scemate.
Più che sugli altri lavoratori, pesa sui lavoratori immigrati la situazione di precarietà e disoccupazione. Malgrado questo arretramento, nel corso del 2011 gli immigrati hanno portato avanti alcuni significative, pur se locali, iniziative di lotta, da cui è, ancora una volta, emersa la loro enorme forza potenziale di lotta per la difesa dei propri interessi e di quelli dell’intera classe proletaria.
I braccianti di Nardò, in provincia di Lecce
Il primo agosto a Nardò, nel Leccese, esplode la protesta tra i 400 braccianti africani (in maggioranza tunisini, ma anche marocchini, egiziani, nigeriani e senegalesi) impiegati nella raccolta dei pomodori e dei cocomeri. A scatenarla, è la morte di un tunisino di 34 anni, stroncato da un infarto sul lavoro. L’uomo era ospite, con altre 200 persone, della masseria
Boncuri, alla periferia del paese. I compagni di lavoro bloccano la strada statale 101 Lecce-Gallipoli e si rifiutano di tornare nei campi in assenza di un aumento della paga (38 euro a giornata meno 5 euro per il compenso al "caporale" e altri 3 euro per il trasporto nei campi) e l’eliminazione dell’obbligo di dividere per grandezza i pomodori durante la raccolta. I lavoratori danno vita a un’assemblea auto-organizzata ad oltranza nella masseria.Il 9 agosto il primo successo: la Coldiretti e la Copagri accettano di sedersi al tavolo delle trattative e di discutere l’istituzione di una lista di prenotazione da cui le aziende agricole devono ingaggiare direttamente i lavoratori, saltando l’anello caporali. Una parte degli immigrati è tornata al lavoro. La mobilitazione è, in ogni caso, proseguita per tutto il mese di agosto, contrastando le minacce di morte dei caporali e le ordinanze di sgombero del sindaco. I braccianti di Nardò hanno partecipato allo sciopero generale indetto dalla Cgil per il 6 settembre, aprendo la manifestazione nazionale a Roma.
I facchini di Campegine, in provincia di Reggio Emilia.
Nell’estate del 2010 i 400 operai della cooperativa Gfe di Campegine (RE) iniziano a mobilitarsi per ottenere l’applicazione del contratto nazionale del settore trasporti. Essi risultano soci-lavoratori della cooperativa, che li impiega negli appalti di un’azienda del gruppo Fagioli, la Snatt, nel campo della fornitura di piattaforme logistiche e trasporti eccezionali. Di fatto i lavoratori della Gfe, immigrati indiani e pakistani, lavorano come facchini esclusivamente per la Snatt. I loro salari oscillano tra i 3,50 e i 5,0 euro all’ora.
Per tutta risposta, nel dicembre 2010 la Snatt recide il contratto con la Gfe. La Gfe, che lavora quasi esclusivamente con la Snatt, è condannata alla chiusura. Al suo posto sono costituite due nuove cooperative, la Emilux e la Locos Job, che accettano l’assunzione dei lavoratori ex-Gfe disposti ad accettare le originarie condizioni di lavoro. Quasi la metà dei lavoratori immigrati si piega al diktat. Gli altri decidono di portare avanti la mobilitazione con l’appoggio della Cgil.
La vertenza prosegue per mesi, con presidi, scioperi della fame, melina sfiancante da parte delle istituzioni e della magistratura. Il 14 luglio 2011 la Snatt e le due nuove cooperative accettano di assumere gradualmente i lavoratori rimasti ancora fuori e di stabilire condizioni contrattuali migliori rispetto all’originaria situazione in cambio della rinuncia alla causa giudiziaria individuale. La direzione aziendale manterrà l’impegno sottoscritto?
Gli immigrati dei Cie di Lampedusa e di Bari
Il 20 settembre 2011 esplode la rivolta dei 1200 immigrati maghrebini giunti sull’isola di Lampedusa. Si ribellano alla decisione del governo Berlusconi-Bossi di rispedirli in Africa, al clima di caccia all’immigrato che impazza nell’isola di Lampedusa e al trattamento inumano subito nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie). Gli scontri oppongono per giorni gli immigrati alle forze dell’ordine e ad una parte della popolazione locale. Il Cie viene incendiato.
Ad agosto si ribellano i 200 immigrati nel Cie
Cara di Bari contro i lunghi tempi di attesa per ottenere lo status di rifiugiato politico. Gli immigrati incendiano i materassi del Cie, bloccano la statale 16-bis e la ferrovia Bari-Foggia, si scontrano per ore con le forze dell’ordine.I lavoratori dei magazzini Esselunga a Biandate e Milano
A settembre del 2011 scendono in lotta i 200 lavoratori, quasi tutti immigrati, della Safra di Biandrate (Novara). La Safra è un consorzio di cooperative che gestisce la logistica (carico e scarico merci) per i supermercati Esselunga. I lavoratori scioperano contro le pesanti condizioni lavorative e per un salario dignitoso.
Alla Safra si lavora su turni di sei ore (quattro turni sulle ventiquattro ore), non vi è pausa pranzo e spesso si è costretti a fare doppio turno senza preavviso. I ritmi ed i carichi lavorativi sono asfissianti, la sicurezza è, ovviamente, quasi inesistente. Di fatto, il salario è a cottimo e, spezzandosi la schiena, si arriva a guadagnare 7 euro lordi l’ora.
Dopo un mese di scioperi e presidi, i lavoratori di Biandrate riescono ad ottenere (anche grazie alla solidarietà di gruppi di lavoratori immigrati impiegati in altre cooperative al servizio di Esselunga) la restituzione di seicento euro, ma soprattutto, come dice un loro comunicato, iniziano a poter "camminare a testa alta sul posto di lavoro". Ad ottobre la lotta si estende ai 250 lavoratori, pure qui in netta maggioranza immigrati asiatici, africani e latinoamericani, della Safra di Pioltello (Milano) che opera sempre per la Esselunga. La Safra sospende quindici lavoratori, minacciandone il licenziamento, con l’intendo di piegare la lotta, ma non raggiunge l’obiettivo. La mobilitazione, pur se non senza difficoltà, sta al momento proseguendo e a fianco delle rivendicazioni iniziali (applicazione del CCNL, rispetto delle norme sulla sicurezza, indennità mensa, allontanamento dei capi che non rispettano gli operai) si chiede il reintegro immediato dei lavoratori sospesi.
A Biandrate e a Pioltello i lavoratori protagonisti della lotta chiedono, inoltre, che l’azienda riconosca lo Slai-Cobas, il sindacato di base che più è stato loro vicino nel corso delle mobilitazioni.
Che fare n.75 Dicembre 2011 - Marzo 2012
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA