Dal Che Fare n.° 74 giugno ottobre 2011
Cosa prevede la riforma sanitaria
approvata dal Congresso?
Fino alla riforma di Obama, il sistema sanitario statunitense era basato su due "pilastri", quello privato Il pilastro privato era (ed è tuttora) basato su una polizza di assicurazione, spesso acquistata da un istituto finanziario attraverso il datore di lavoro: si paga il premio (la cui entità dipende in parte dall’andamento della borsa) e si è coperti, entro limiti che dipendono anche dall’andamento dei listini di borsa e dalla redditività degli investimenti dei centri finanziari, dalle spese da sostenere in caso di malattia. Il pilastro pubblico, istituito nel 1965, garantisce l’assistenza sanitaria a coloro che hanno un reddito inferiore ad una certa soglia con Medicaid e ai pensionati oltre i 65 anni e ai disabili con Medicare. Il pilastro privato coinvolge
180 milioni di persone, il secondo 107 milioni di persone. Questo sistema escludeva (ed esclude) dalle cure sanitarie il 17% della popolazione Usa, 45 milioni di persone, in gran parte lavoratori, il cui reddito, pur se non permette di firmare una polizza, non è così basso da far rientrare nel raggio d’intervento di Medicaid. Si tratta in particolare di lavoratori immigrati e di giovani lavoratori precari impiegati in basse qualifiche. Considerato l’indebolimento dell’egemonia statunitense sul Sud del mondo e la polarizzazione sociale crescente negli Usa, non era possibile, per il primo paese imperialista, continuare ad avere una platea di decine e decine di milioni di lavoratori esclusi dai benefit sanitari, proprio in vista della necessità di un maggior accorpamento nazionale.La riforma di Obama apporta alcune modifiche al regime in vigore, le quali permetteranno, secondo le previsioni ufficiali, ad oltre 30 milioni di persone di cominciare ad usufruire di una minima copertura sanitaria. Le modifiche sono di due tipi. Da un lato, vi sono quelle che revisionano la regolamentazione del Medicaid, ad esempio con l’aumento della soglia di ingresso, così da ampliare di 15 milioni il numero di coloro che sono coperti da tale servizio. Dall’altro lato, vi sono quelle che incentivano e aiutano altri 15 milioni di persone a sottoscrivere una polizza di assicurazione privata. Tra tali incentivi vi sono, ad esempio, il divieto per le assicurazioni di far dipendere le polizze dalle malattie pregresse degli assicurati e dalle integrazioni ai redditi medio-bassi fornite dalle casse statali. La riforma entrerà progressivamente in vigore tra il 2011 e il 2019. Il costo complessivo previsto per le casse statali è di 850 miliardi di dollari. La legge approvata prevede che tale spesa sarà finanziata da un aumento della tassazione dei redditi superiori e dalla "razionalizzazione" della spesa per Medicare (già iniziata, ad esempio, con una quota dei 38 miliardi di dollari di tagli previsti dall’accordo siglato in aprile tra la Casa Bianca e il partito repubblicano). La riforma sanitaria di Obama non prevede, quindi, il polo sanitario pubblico inizialmente contemplato nel programma democratico. Al centro del sistema sanitario Usa rimangono le assicurazioni e i centri ospedalieri privati. Le multinazionali del settore (cinque gruppi controllano il 75% del mercato) subiscono l’introduzione di una serie di vincoli nei prezzi per le prestazioni e nel pacchetto di benefit minimi da garantire (ricoveri ospedalieri, visite, etc.) ma, nello stesso tempo, ampliano la platea dei loro clienti. Quando la riforma sarà giunta a regime, nel 2019, rimarranno comunque esclusi dalle cure sanitarie almeno 15 milioni di persone.
Tiriamo le somme. Un numero minore di lavoratori verrà escluso dalle cure sanitarie, sempre che la riforma venga applicata nei restanti 10 anni. Questo risultato, per quanto modesto, è anche frutto delle mobilitazioni e delle pressioni dei lavoratori degli Usa negli anni passati. Questo risultato contiene, però, in sé un frutto che, se il percorso di organizzazione e di lotta dei lavoratori non andrà avanti, rischia di trasformarsi in una palla al piede dei lavoratori stessi: visto che la copertura sanitaria dei vari "contratti di assicurazione privata" è in parte determinata dall’andamento del mercato azionario, una quota più ampia del proletariato statunitense sarà indotto a vedere nel buon corso di Wall Street uno degli elementi atti a garantire il buon esito del proprio "investimento" sanitario. Su questo terreno già da qualche anno il capitale è riuscito a stabilire un velenoso cointeressamento tra i lavoratori e l’andamento dei listini di borsa. Gli investitori istituzionali, tra le principali strutture di comando del meccanismo di sfruttamento capitalistico, detenevano nel 2008 più della metà del capitale azionario delle prime mille imprese per valore borsistico dei più forti paesi occidentali. Bene, una quota consistente delle somme di denaro raccolte e gestite dagli investitori istituzionali proviene dai risparmi e dalle polizze assicurative dei lavoratori degli Usa (e di altri paesi occidentali). Poiché l’ingrediente che garantisce buoni rendimenti ai listini di borsa è fondamentalmente lo schiacciamento e lo sfruttamento dei lavoratori del Sud del mondo e dell’Europa occidentale, il proletario statunitense diventa co-interessato alla loro torchiatura. Lo racconta con alcuni esempi illuminanti l’exministro del lavoro di Clinton nel capitolo "La mente divisa" del libro Supercapitalismo (2007) . E poiché, però, il mercato mondiale del lavoro è diventato un unico vaso comunicante, il lavoratore statunitense è costretto a "tifare" per il proprio stesso schiacciamento, è costretto da una metà della sua stessa "mente" a disciplinarsi alle esigenze stringenti del capitale da cui al contempo egli vuole difendersi...
La borghesia Usa scommette su questo doppio legame. Ma per essa non sarà facile consolidarlo e stringerlo attorno al collo del proletariato.
Dal Che Fare n.° 74 giugno ottobre 2011
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA