Dal Che Fare n.° 74 giugno ottobre 2011
La grande Intifada araba scuote il mondo intero.
La rivolta si avvicina ai "sacri regni" del petrolio
I sogni e gli incubi dei satrapi sauditi
Da anni in Arabia Saudita e nei piccoli regni vicini è in corso un intenso processo di sviluppo capitalistico che ne ha notevolmente trasformato la società e l’economia con la forte crescita della popolazione e delle moderne classi sociali. Alla base di questa crescita vi è la rendita petrolifera e il connesso sviluppo di un potente sistema finanziario (a cui appartengono 58 delle prime 100 banche arabe), ma anche l’opera dirigente dell’élite che detiene il monopolio delle ricchezze economiche e del potere. Negli ultimi anni, ad esempio, è stato avviato un faraonico progetto quinquennale di investimenti interni per qualcosa come 400 miliardi di $ per costruire 4 nuove città, alcuni campus universitari modernissimi e giganteschi, e una serie di nuove infrastrutture. Tra qualche mese in Arabia Saudita verrà aperta la nuova linea ferroviaria di 1.486 chilometri che collega la zona mineraria di Jelamaid, al Nord, a Ras Al Zour sul Golfo, ed è solo una parte di quello che sembra prefigurarsi come "un rinascimento ferroviario della regione". All’ultimo vertice dei 6 paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, ad Abu Dhabi, è stato infatti annunciato un piano per collegare la costa del Mar Rosso a quella del Golfo Persico e il Nord della penisola al Sud. Per ora circa 2.500 km di ferrovia per passeggeri e merci lungo la costa del Golfo, dal Kuwait all’Oman, e 30 miliardi d’investimenti che diventeranno 109 entro il 2017 quando la rete dovrebbe essere completata anche da est a ovest, dalla costa di Gedda sul Mar Rosso agli Emirati.
Intanto dal primo settembre una metro automatizzata opererà nella capitale saudita. Si delinea così un ambiziosissimo progetto di sviluppo capitalistico che prevede nuovi sbocchi nell’istruzione superiore, nelle infrastrutture, nei commerci e nelle attività finanziarie per i cittadini sauditi, mentre la manovalanza in condizione di semischiavitù dovrebbe continuare ad essere composta da milioni di lavoratori immigrati (al momento ce ne sono 6 in Arabia saudita), in una "perfetta" concretizzazione di una divisione razziale e razzista del lavoro da antico colonialismo – ecco una questione cruciale che l’Intifada araba dovrà assolutamente affrontare!
Pur in presenza di proteste di scala molto ridotta, dopo lo scoppio dell’Intifada, Abdullah si è presentato alla popolazione con la promessa di un "patto sociale" di 36-37 miliardi di $ da distribuire ai giovani (annunciando, anche, l’intenzione di aumentare da 9 a 17 miliardi di euro il fondo di "sostegno" ai giovani per comprare casa, metter su famiglia e creare un’azienda), ai più bisognosi, all’edilizia popolare, all’educazione, alla lotta all’inflazione, varando un aumento di stipendio del 15% e la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato per i pubblici dipendenti.
Maxi-elargizioni e mega-progetti di sviluppo, quindi. E, parallelamente, discriminazioni e brutale razzismo sui lavoratori immigrati, stratificazione razziale del lavoro, uso accorto e strumentale delle divisioni confessionali, violenza contro le donne, tortura, negazione dei diritti dei palestinesi (sono 500.000 nel paese e gli è negata la naturalizzazione), divieto di sciopero e di organizzazione sia sindacale che politica anche per i lavoratori sauditi, cooperazione con le altre monarchie regnanti per soffocare la rivolta in Bahrein...
Non è un caso che tutta la penisola araba sia gremita di basi statunitensi (più di una trentina), che i regni del Golfo si stiano armando in proprio con colossali forniture di armi statunitensi e non solo (l’Arabia saudita ha avuto nel 2009, per una spesa militare pari all’11% del suo pil, il bilancio militare più alto del mondo) e che si sia insediata negli Emirati la compagnia statunitense Xe Services, erede della famigerata Blackwater (dipendente dal Pentagono e macchiatasi di ogni genere di efferatezze in Iraq e Afghanistan), compagnia che ha già addestrato negli Stati Uniti "oltre 50.000 specialisti della guerra e della repressione"… Sogni ed incubi…
Dal Che Fare n.° 74 giugno ottobre 2011
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA