Dal Che Fare n.° 74 giugno ottobre 2011
L’altro obiettivo strategico degli Usa e dell’Occidente: sbarrare il passo alla Cina e ad una "nuova Bandung"
Contro la sollevazione popolare e proletaria del mondo arabo è in atto una controffensiva a 360 gradi delle grandi potenze occidentali. A questa controffensiva se ne intreccia un’altra, sempre con protagoniste le grandi potenze occidentali, che mira a sbarrare la strada alla penetrazione cinese nell’area medio-orientale e in Africa.
Com’è noto, l’Africa è diventata da un po’ un campo di investimenti privilegiato della Cina e delle sue imprese. Nell’ultimo decennio l’interscambio tra Cina e Africa si è moltiplicato per dieci, sì che la Cina è diventata nel 2010 il primo partner commerciale del continente nero (un interscambio di 115 miliardi di $, con un sensazionale nuovo club capitalistico si presenterà in campo con le insegne (seducenti) dello sviluppo produttivo e della "maggiore equità nel mondo", mentre il vecchio club euro-atlantico arrancherà sempre più su entrambi i piani e dovrà puntare molte delle sue carte, oltre che sulla divisione dei cinque, sull’azione bellica. Lo si è visto proprio in Africa dove gli Stati Uniti e la Francia sono riusciti a strappare spazi alla Cina solo attraverso le operazioni belliche e bellico-propagandistiche in Sudan e Costa d’Avorio.
Idem nel caso libico: l’aggressione militare a Tripoli (e Bengasi) serve anche a stoppare la crescita degli affari cinesi in tutto il nord-Africa rafforzando la morsa occidentale su di esso, e serve probabilmente, nello stesso tempo, a silurare prima della sua stessa nascita la Banca Africana d’investimento che, in base agli accordi "pan-africani" di Brazzaville del dicembre 2010, avrebbe dovuto avere la sua sede operativa proprio a Tripoli. Le sollevazioni che stanno facendo tremare l’intero ordine regionale instaurato dall’imperialismo occidentale in Medio Oriente possono trovare in questi contrasti tra briganti, i vecchi super-briganti in declino e i nuovi briganti in ascesa, dei varchi in cui passare. Ma per proseguire nel loro cammino senza restare intrappolate in questi contrasti, abbisognano di un aiuto, di un sostegno internazionale di classe, di tutta l’umanità lavoratrice e oppressa, a cominciare dai lavoratori dell’Europa.Dal Che Fare n.° 74 giugno ottobre 2011
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