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Dal Che Fare  n.° 74 giugno ottobre  2011

Il contratto di lavoro del commercio:

un altro colpo alla contrattazione collettiva

Dopo il caso dei metalmeccanici, anche per i dipendenti del settore terziario, distribuzione e servizi è arrivata la firma separata (Confcommercio, Cisl e Uil senza la Cgil) per il rinnovo del contratto nazionale.

Segnaliamo questo rinnovo contrattuale non solo perché riguarda oltre 2 milioni di lavoratori, ma anche perché costituisce un ulteriore tassello dell’attacco padronale e governativo alla contrattazione nazionale di tutti i lavoratori e, quindi, acquista un significato che travalica gli specifici confini categoriali. Infatti, l’accordo recepisce nella sostanza quanto previsto dalla riforma del modello contrattuale (sottoscritta nel gennaio 2009 da governo, Confindustria, Cisl, Uil e Ugl, ma non dalla Cgil) e dal cosiddetto "Collegato lavoro" alla Finanziaria 2010, e si inserisce perfettamente nella strada segnata dalla Fiat di Marchionne con gli accordi separati di Pomigliano e Mirafiori.

I punti più significativi del nuovo contratto del commercio

* Come previsto dalla riforma del modello contrattuale del 2009, il contratto avrà durata triennale (anziché biennale), tanto per la parte economica che per quella normativa. * È previsto un aumento salariale di 86 euro lordi a regime per il 4° livello, da dividersi in 6 tranches. Per il calcolo degli incrementi salariali non viene assunto come indicatore il tasso di inflazione programmata, ma il nuovo indice revisionale (ovviamente più basso!), costruito sulla base dell’IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia) e depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. Ciò implica che la stima dell’inflazione basata sull’IPCA non terrà conto dell’aumento del prezzo del petrolio, del gas e della benzina, che quindi non verrà più recuperato nel salario.

* Trova per la prima volta attuazione il nuovo arbitrato di lavoro, di recente riformato dal "Collegato lavoro". Per questa via, il contratto nazionale di lavoro è sempre meno contratto collettivo e sempre più contratto individuale. I conflitti tra lavoratori e padroni, secondo la logica dell’arbitrato, vengono trasformati in conflitti individuali tra "prestatore di manodopera" e "datore di lavoro", parcellizzando, individualizzando, isolando sempre di più il lavoratore  di fronte all’azienda.

* Malattia. È prevista una diversa articolazione della cosiddetta "carenza" (i primi 3 giorni di malattia), di norma interamente retribuita. Il contratto appena firmato prevede che  il pagamento dei primi tre giorni del periodo di malattia sia limitato alle prime quattro volte in cui un lavoratore si ammala nel corso dell’anno. Nello specifico, si avrà diritto ad un rimborso pari al 100% solo per i primi due eventi di malattia. Il terzo evento vedrà corrisposta l’indennità del 66%, il quarto del 50%. Dalla quinta volta in poi, i primi tre giorni non verranno più pagati. Viene inoltre recepito quanto stabilito dall’articolo 20 del d.l. 112/08 che consente -ai datori di lavoro interessati- di scegliere di pagare direttamente la malattia, omettendo il versamento all’Inps della relativa contribuzione.

* Lavoro domenicale. Le aziende hanno facoltà di organizzare per ciascun lavoratore a tempo pieno, che abbia il riposo settimanale normalmente coincidente con la domenica, lo svolgimento dell’attività lavorativa nella misura complessiva pari alla somma delle domeniche di apertura originariamente previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (ovvero, le domeniche del mese di dicembre, più altre otto domeniche o festività) e del 30% delle ulteriori aperture domenicali previste a livello territoriale. Diventano cioè obbligatorie ("comandate") la metà delle domeniche in cui l’esercizio commerciale può restare aperto.

* Contrattazione di secondo livello. Vengono modificate le linee guida per la contrattazione di secondo livello (territoriale o aziendale), introducendo la possibilità di deroghe a livello di contrattazione aziendale e territoriale per le flessibilità relative al mercato del lavoro e all’orario di lavoro. In altre parole, a livello di singola azienda possono essere modificate anche in peggio le norme sancite a livello di contratto nazionale.

* L’accordo prevede, inoltre, un trattamento differente per i neo assunti in materia di permessi individuali. Tali permessi matureranno in relazione all’anzianità di servizio e solo dopo quattro anni. Dunque, i nuovi assunti saranno sottoposti al nuovo trattamento, non godranno più dello stesso trattamento degli altri lavoratori e avranno diritto a meno ore di permesso retribuite.

Il "no" della Cgil

Da quanto riportato si può ben comprendere quali siano le conseguenze politiche, economiche e normative di un simile rinnovo contrattuale. La Cgil, che nel 2009 aveva firmato il contratto degli Alimentaristi, contenente deroghe peggiorative al contratto nazionale sostanzialmente identiche a quelle sopra descritte, questa volta non ha apposto la propria firma. Come mai? Esiste forse una Cgil "combattiva" rappresentata da federazioni quali la Fiom o la Filcams (commercio) ed una "arrendevole" incarnata, tra gli altri, dalla Flai (alimentaristi)? così. O, almeno, il motivo di fondo di queste "scelte contraddittorie" è un altro. dell’attacco a cui è sottoposto l’intero mondo del lavoro, ma allo stesso tempo la sua politica (e quella di tutte le sue federazioni) è strutturalmente imperniata intorno al principio base per cui le sorti dei lavoratori si possono delle imprese, solo rispettando ed assecondando le necessità di competitività "sistema Italia". parte. Si possono anche (giustamente) rifiutare qua e là accordi capestro, ma complessivamente, pur tra mille distinguo, risulta impossibile costruire generale e, passo dopo passo, si è costretti a fare marcia indietro su tutto il campo e a far rientrare dalla finestra quello che si era "cacciato" dalla porta. L’esperienza concreta, da ultimo la vicenda della Bertone a cui accenniamo nell’articolo sul governo, dimostra come sia necessaria ben altra politica per contrastare l’offensiva capitalistica.

Dal Che Fare  n.° 74 giugno ottobre  2011

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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