Dal Che Fare n.° 73 dicembre 2010 febbraio 2011
L’uno-due delle borghesie europee
Per settimane e settimane, ci sono stati tira e molla, annunci e smentite. Ciò può aver offuscato la manovra unitaria che, pur tra contrasti e con compromessi, i governi europei hanno varato nella primavera-estate del 2010. Essa si è svolta in due tempi.
Primo tempo. Di fronte alla difficoltà del governo greco di rimborsare i debiti contratti con le banche tedesche, francesi, italiane, l’Ue e il Fmi e, dietro di loro, le banche europee hanno stabilito di concedere un sostanzioso “aiuto” ad Atene: un prestito da 70 (?) miliardi di euro per rendere possibile al governo greco di onorare le cambiali in scadenza. Il prestito è stato vincolato al varo di un pesante piano di austerità così da permettere al governo greco di rastrellare i soldi per rimborsare gli strozzini che avevano allentato il cappio solo per meglio spolpare la fonte della ricchezza in terra di Grecia, cioè il lavoro salariato.
Il governo greco di centro-sinistra (succeduto a quello impopolare di centro-destra) ha aumentato l’età di pensionamento fino a 65 anni, ha stabilito il calcolo delle pensioni sul lavoro medio di 40 anni e non degli ultimi 10 anni, tagliato le pensioni, ha ridotto la lista dei lavori usuranti, ha trasferito il peso della contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale, ha tagliato il salario minimo del 20%, ha alleggerito la norma che impedisce il licenziamento di oltre il 2% dei dipendenti in uno stesso mese, ha avviato la privatizzazione delle ferrovie e della fornitura elettrica, ha aumentato del 10% le tasse sugli alcolici le sigarette e la benzina, ha elevato l’Iva al 23%, sui prodotti di largo consumo, ha congelato gli aumenti degli stipendi pubblici fino al 2014, .
I governi e gli organi di informazione europei hanno precisato che la ricetta valeva solo per i “fannulloni greci”. Timorosi che si potesse generare un circolo virtuoso per la lotta proletaria, essi hanno aspettato che gli scioperi e le mobilitazioni dei lavoratori e dei disoccupati della Grecia fossero messi nell’angolo. Poi, a qualche mese di distanza sono passati alla seconda fase.
È stato stabilito che l’Unione Europa si farà carico di sostenere gli stati membri che dovessero trovarsi in una situazione simile a quella greca. Ad esempio con l’acquisto da parte della banca centrale europea dei titoli pubblici degli stati in difficoltà circolanti sul mercato secondario. Nello stesso tempo, alle istituzioni centrali dell’Unione Europea è stato riconosciuto il potere di sorvegliare le politiche economiche dei governi europei affinché essi attuino piani di risanamento dei deficit. Come primo passo di questo nuovo orientamento, i governi europei sono stati invitati ad anticipare a giugno le finanziarie per l’anno successivo, a discuterle e ad armonizzarle con le istituzioni di Bruxelles e di Francoforte, poi di presentarle ai rispettivi parlamenti e, quindi, di attuarle entro l’autunno.
Il commento di Barroso (riportato a fianco) illumina bene il senso dell’avvenimento.
Ecco i più significativi frutti di questo coordinamento dei capitalisti e dei governi europei.
Il governo Zapatero ha ridotto del 5% gli stipendi dei dipendenti pubblici, ha aumentato l’età di pensionamento, ha aumentato la facilità di licenziamento e ridotto i sussidi di disoccupazione. Il governo francese ha aumentato di due anni l’età di pensionamento. La Romania ha ridotto del 25% gli stipendi dei dipendenti pubblici, del 15% i sussidi di disoccupazione. Messi a frutto gli interventi varati dal governo socialdemocratico di Schroeder, il governo Merkel ha varato un taglio della spesa pubblica di 50 (ceck) miliardi di euro. Le misure varate dal governo Berlusconi sono riassunte nel riquadro di pagina ?.
Dal Che Fare n.° 73 dicembre 2010 febbraio 2011
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