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Dal Dossier del Che Fare n.° 70 gennaio febbraio 2009

Brzezinski: Gli Usa, il sistema capitalistico e il risveglio politico globale

L’esercizio della leadership globale oggi richiede una capacità istintiva di cogliere lo spirito dei tempi in un mondo in subbuglio, interattivo e motivato da un vago ma pervicace senso di ingiustizia per la condizione umana. La crescente intensità dell’emotività politica può essere incanalata in una direzione costruttiva o imbrigliata da demagoghi e fanatici in una vampa di conflitti allargata a macchia d’olio in tutto il mondo. Nell’era del dopo guerra fredda, l’America può rappresentare un fattore decisivo per determinare quale dei due orientamenti prevarrà" (pp. 128-129).

"L’America detiene il monopolio nella diffusione globale della propria potenza militare, la sua economia non ha eguali e la capacità di innovazione tecnologica è senza pari. Tutti elementi che le conferiscono un peso politico unico al mondo. Per di più, vi è una diffusa convinzione, anche se non espressa, che il sistema internazionale abbia bisogno di uno stabilizzatore e che l’alternativa più probabile a un ruolo costruttivo dell’America sia il caos. Un intelligente leader globale [ecco il ruolo assegnato a Obama, n.] avrebbe ancora la possibilità di sfruttare questa convinzione e di utilizzare quello che resta della riserva di benevolenza nei confronti dell’America. Sebbene l’ostilità verso gli Stati Uniti sia cresciuta a livelli senza precedenti, un’America consapevole delle proprie responsabilità, misurata nella retorica presidenziale, sensibile alla complessità della condizione umana, e accogliente piuttosto che respingente nelle relazioni esterne (in breve, del tutto diversa dalla più recente identità) sarebbe un’America che la gran parte del mondo sceglierebbe volentieri come guida globale. Ma non commettiamo errori: ci vorranno anni di sforzi e una notevole abilità per ricostruire la credibilità politica e la legittimità dell’America. Il prossimo presidente dovrebbe trarre lezioni strategiche dai recenti errori, così come dai successi passati" (pp. 136-137).

E quali sono queste lezioni strategiche?

"Il compito più difficile dell’America, il più critico dal punto di vista storico, sarà quello di diffondere nel mondo un’idea di sé ormai matura. Questo è già successo due volte nella storia della nazione, con effetti universali positivi. Nel 1776 l’America definì il concetto di libertà in un mondo che aveva appena cominciato a perseguirlo. Nel XX secolo è divenuta il principale difensore della democrazia contro il totalitarismo. Nel mondo irrequieto di oggi, l’America deve identificarsi con la causa della ricerca della dignità umana universale, una dignità che incarna sia la libertà che la democrazia, ma che implica anche il rispetto per le diversità culturali e riconosce la necessità di porre rimedio alle persistenti ingiustizie nella condizione umana. L’ambizione, diffusa in tutto il mondo, per la dignità umana è la sfida centrale insita nel fenomeno del risveglio politico globale.

Tale risveglio è esorbitante dal punto di vista sociale, politicamente radicalizzato, universale sul piano geografico. (...) Nel XXI secolo la popolazione della maggior parte del mondo in via di sviluppo è in agitazione dal punto di vista politico. È una popolazione consapevole delle ingiustizie sociali a un livello senza precedenti e colma di risentimenti a causa delle privazioni e della mancanza di dignità personale. L’accesso quasi universale alla radio, alla televisione e a Internet crea risentimenti e invidie che trascendono i confini nazionali e pongono una sfida sia agli stati esistenti sia alla gerarchia sociale, in cima alla quale si trova ancora l’America. (...) Il risultato è che moderne passioni politiche populiste possono rivolgersi anche contro un bersaglio distante, a dispetto della mancanza di una dottrina unificante come poteva essere il marxismo. Solo identificandosi con un’idea di dignità umana universale, l˙fAmerica può sconfiggere il rischio che il risveglio politico globale si rivolti contro di lei. (...) Il risveglio politico globale è storicamente antimperialista, politicamente anti-occidentale ed emotivamente sempre più anti-americano" (pp. 143-145).

Dal Dossier del Che Fare n.° 70 gennaio febbraio 2009

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