Dal Che Fare n.° 70 gennaio febbraio 2009
Contro il razzismo di stato,
per l’unità di lotta contro il comune nemico
tra lavoratori italiani e immigrati
Queste pagine sono dedicate ad alcune delle mobilitazioni che in questi mesi, sia pure tra mille difficoltà, i lavoratori immigrati hanno portato avanti. Secondo le statistiche ufficiali questi proletari contribuiscono ormai per oltre il 10% al prodotto lordo italiano e in circa 750 mila sono iscritti ai sindacati. Quanto più negli anni è cresciuto il loro peso nel campo produttivo, tanto più si è fatto di tutto per stendere intorno ad essi il filo spinato del razzismo. Gli obiettivi di questa pluridecennale politica, che attraverso l’azione dell’attuale governo sta vivendo una deciso salto di qualità sia sul piano istituzionale che su quello extra-istituzionale e "popolare", sono molteplici. Gli immigrati servono come il pane al capitalismo italiano, ma devono restare lavoratori di serie B, costantemente sotto schiaffo e super-sfruttati. E soprattutto devono essere mantenuti divisi e separati dai lavoratori italiani, anzi questi ultimi devono essere indotti a vedere (falsamente) in essi la causa principale dei loro problemi.
In un simile contesto le mobilitazioni locali di cui diamo conto in queste pagine sono importantissime, ma per poter davvero costruire un argine contro le politiche razziste è indispensabile andare decisamente oltre. Le energie devono essere convogliate verso la costruzione di un reale e stabile coordinamento nazionale aperto a tutti gli immigrati a prescindere dalla loro appartenenza o meno a un sindacato.
Per andare in questa direzione è, però, necessario tenere conto e affrontare un complesso di situazioni. L’offensiva razzista, infatti, non marcia solo sul mero versante repressivo, ma anche su altri piani che mirano tutti a creare divisione e contrapposizione all’interno degli stessi immigrati.
Per dirne una, nelle scorse settimane si è tenuto un convegno "sull’integrazione" ispirato dal presidente della camera Fini a cui sono stati invitati i"rappresentanti" degli immigrati tra i più "istruiti" o che più si sono "inseriti" (magari avendo fatto strada nel commercio o nella piccola imprenditoria) nella società italiana. Nel convegno Fini ha riconosciuto (bontà sua) il ruolo dei lavoratori "stranieri", ma ha soprattutto sollecitato (ricevendone positive risposte dai presenti) che la parte "migliore" di questi si faccia carico di promuovere tra la restante massa i valori dell’italianità. L’obiettivo è quello di utilizzare una ristretta e ben selezionata fascia di "integrati" per tentare di porre un freno "dall’interno" al percorso di organizzazione e lotta degli immigrati e per far vivere con più forza tra di essi la necessità e la "convenienza" (in realtà l’obbligo) di adeguarsi in pieno alle "regole" di "casa nostra" (leggi alle esigenze delle imprese e dello stato italiano).
Ma estremamente pericolosa (e sbagliata) è anche la proposta venuta dalla Cgil di Treviso. Di fronte alla crisi che avanza e ai tanti licenziamenti che anche nel trevigiano stanno colpendo soprattutto immigrati, il segretario della Cgil locale, Barbiero, ha chiesto che il governo e le autorità locali blocchino ogni nuovo ingresso di lavoratori "stranieri" per, invece, affrontare e risolvere il problema di chi "è già qua". Una simile iniziativa rischia di raccogliere il consenso di non pochi operai immigrati e di creare divisione e contrapposizione tra chi ha e chi non ha il permesso di soggiorno, tra chi è da tempo in Italia e chi invece è appena arrivato o sta per giungervi. Simili divisioni, se non contrastate sin da subito, avranno un solo effetto: quello di rendere più deboli e ricattabili non solo i "nuovi venuti", ma l’insieme degli immigrati. La difesa e la conquista dei propri diritti non può passare per simili vie, ma solo attraverso una mobilitazione ed un’organizzazione che unisca "regolari" e "clandestini", "vecchi" e "nuovi" arrivati.
Di come rilanciare la lotta tra i più attivi degli immigrati se ne sta discutendo da tempo e nelle discussioni si inizia ad affacciare con un certo rilievo l’idea dello sciopero della manodopera immigrata. È chiaro che una tale "specifica" prospettiva deriva innanzitutto dall’isolamento in cui questi proletari sono lasciati dal sindacato e dall’atteggiamento per nulla favorevole che i lavoratori italiani manifestano nei loro confronti. A titolo di esempio si pensi che, a dispetto del crescente tasso di sindacalizzazione degli immigrati, l’ultima manifestazione nazionale sulla "questione" preparata con un certo impegno dalle confederazioni risale al 2004 e ciò nonostante le politiche e le pratiche razziste abbiano toccato proprio in questi anni livelli letteralmente bestiali.
Proprio per queste ragioni una simile iniziativa di sciopero, al contrario di quanto si ascolta anche in ambienti sindacali, non sarebbe affatto un elemento di divisione e separazione dai lavoratori autoctoni, ma, al contrario, svolgerebbe anche una funzione salutare nello scuotere questi ultimi dalla loro indifferenza o, peggio, ostilità verso i proletari immigrati.
Un obiettivo, questo, niente affatto semplice che per poter divenire praticabile e realizzabile necessiterà di una forte spinta auto-organizzata da parte degli stessi lavoratori immigrati e al cui percorso la nostra organizzazione darà il proprio contributo con tutte le sue, purtroppo non titaniche forze.
Roma
Il 16 ottobre si è svolta a Roma una manifestazione cittadina indetta dal Comitato Immigrati contro le politiche razziste del governo che ha visto la combattiva e attenta partecipazione di oltre mille immigrati. Al corteo, recependo l’invito che dal Comitato Immigrati era stato portato in una affollata assemblea di lavoratori della scuola, si è anche unita una delegazione di insegnanti elementari impegnate nelle mobilitazioni contro il decreto Gelmini. Nei comizi che hanno accompagnato la manifestazione tanto gli immigrati, quanto le lavoratrici della scuola (quasi tutte alle prime esperienze di lotta) hanno sottolineato quanto la politica governativa anche nel campo dell’istruzione sia fortemente venata di razzismo (si pensi alle classi differenziali per i bambini "stranieri") e quanto lo smantellamento del tempo pieno andrà a gravare fortemente sulle spalle delle famiglie e, soprattutto, delle donne immigrate e come, quindi, sia necessario svolgere insieme una battaglia contro tutto ciò.
Ovvio, si è trattato di un piccolo, anzi, piccolissimo, "episodio", ma nonostante ciò va decisamente sottolineato perché contribuisce ad indicare la strada da seguire per rigettare il veleno razzista che sapientemente viene sparso a piene mani dal governo e dai mezzi di comunicazione e per andare, al contrario, verso una lotta comune tra lavoratori immigrati ed italiani.
Milano
Abdoul Guibre Foster (Aba), giovane operaio "di colore" originario del Burkina Faso con passaporto italiano, viene assassinato a sprangate per aver preso un paio di biscotti in un bar. Gli inquirenti e la magistratura si affrettano a spiegare che il razzismo con l’omicidio non c’entra nulla. Ma gli amici di Aba (quasi tutti giovanissimi immigrati di seconda generazione) non la bevono. Prendono "improvvisamente e imprevedibilmente" la testa del corteo indetto contro il delitto, forzano e fronteggiano i cordoni di polizia gridando a viso aperto la loro rabbia e la loro verità: Aba è stato assassinato dal clima di odio razzista che da anni viene sapientemente iniettato e coltivato dai "poteri forti" nella società italiana.
Il giorno dopo la stampa è piena di commenti preoccupati: "giovani incontrollabili in piazza" si scrive. Che si preoccupino pure. Noi salutiamo e chiamiamo a salutare con entusiasmo l’affacciarsi alla lotta di questa nuova generazione di proletari immigrati.
Parma
Il 18 ottobre si è tenuta un’assemblea provinciale dei lavoratori immigrati organizzata dalla Fiom. Circa centoventi partecipanti soprattutto di nazionalità africana. Nel corso dell’assemblea sono state denunciate le condizioni ricattatorie a cui sono sottoposti gli operai immigrati ed è stato sottolineato come sia in aumento il numero di delegati di fabbrica di origine "straniera".
Significativi sono stati alcuni interventi dei delegati immigrati nei quali si invitavano i lavoratori immigrati ad essere più presenti alle iniziative, nelle assemblee e negli scioperi indetti dal sindacato. Rispetto a questa sollecitazione è intervenuto un immigrato dalla platea, che ha fatto notare che le difficoltà tra i lavoratori, sono dovute essenzialmente al legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro: "se oggi partecipiamo alle iniziative, domani con i dirigenti aziendali dobbiamo presentarci in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno…".
Un altro intervento ha sollecitato il sindacato a non lasciare da soli i lavoratori immigrati: " c’è bisogno di solidarietà e di pieno sostegno ai migranti che rischiano di perdere il posto di lavoro, il permesso di soggiorno e di non riuscire a mandare i soldi a casa". A più riprese è stato denunciato il razzismo strisciante nella Città di Parma.
Inoltre, particolarmente interessante l’intervento del rappresentante del coordinamento immigrati di Bologna che ha parlato del lavoro che si sta facendo nel capoluogo emiliano con l’obiettivo di arrivare ad uno sciopero degli immigrati che coinvolga chi lavora in fabbrica, ma anche chi, come le badanti, è occupato in altri settori.
All’assemblea è anche intervenuto il padre di Emmanuel Bonsu (lo studente pestato dai vigili urbani durante un fermo). Questo operaio, ricco di dignità, ha denunciato con chiarezza l’operato della polizia municipale ed ha parlato dell’effetto terrorizzante che il pestaggio ha avuto sugli altri suoi figli. Altri immigrati hanno fatto sapere che alla famiglia Foster sono arrivate diverse lettere minatorie e che il giorno precedente Emmanuel e stato posto sotto interrogatorio per circa 10 ore.
In seguito a questa iniziativa l’8 novembre 2008, sempre a Parma, si è svolto un corteo che ha visto centinaia di operai immigrati scendere in strada contro il razzismo del governo e delle istituzioni locali.
Dal Che Fare n.° 70 gennaio febbraio 2009
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA