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Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008

La rete attorno a Teheran continua a stringersi

Nel numero precedente del giornale (ottobre 2007) riportavamo l’articolo del gen. Mini sui piani di attacco all’Iran in preparazione al Pentagono. Da allora Washington ha continuato a tessere la sua tela per accerchiare Teheran. Con il varo in Iraq di una legge per il reintegro, in chiave anti-sciita e anti-iraniana, dei quadri dell’apparato baathista nei ranghi dello stato coloniale imposto a Baghdad. Con il tentativo di stabilire in Pakistan, l’unico paese musulmano in possesso della bomba nucleare, un regime più affidabile di quello dell’ultimo Musharraf nel mantenimento dell’ordine sociale e nella repressione dei movimenti islamisti. Con la copertura dell’azione terroristica compiuta da Israele per spezzare le gambe alla resistenza dei palestinesi di Gaza e assassinare i quadri delle organizzazioni palestinesi (islamiste e di sinistra) indisponibili ad accettare la resa di Abu Mazen. Con il proseguimento della campagna propagandistica volta a presentare l’Iran agli occhi dell’opinione pubblica occidentale come il paese delle tenebre. Con la conferenza di Annapolis, nella quale gli Usa (con il suggello della vendita di sofisticate armi per 50 miliardi di dollari) hanno rinsaldato l’alleanza con gli stati del Golfo Persico, con l’Egitto e lanciato un amo verso l’unico stato arabo alleato dell’Iran, la Siria.
Certo, non tutto è deciso. Rilevanti contrasti dividono le varie “anime” del partito repubblicano e della classe dirigente statunitense, come è risultato dal rapporto Cia della fine del 2007. La politica del “contenimento”, risultata vincente contro l’Urss, l’aggressione militare (eventualmente dopo un first strike israeliano) e un tentativo di compromesso con l’ala moderata della classe dirigente iraniana: queste le tre opzioni in campo, in parte integrabili tra loro. Ma non ci sono discordie sull’obiettivo da raggiungere, sulla imperiosa necessità di riportare in pieno a Teheran, a trent’anni dalla distruzione della dittatura filo-occidentale dello scià compiuta dalla rivoluzione popolare del 1979, l’ordine imperialista. Un obiettivo ormai pienamente accettato anche dalla Francia di Sarkozy e da quei paesi europei, come l’Italia, al momento renitenti ad una prova di forza solo perché timorosi di uscire svantaggiati dalla spartizione delle spoglie iraniane.
Quest’unanimismo conferma che la determinazione a regolare i conti con Teheran non discende dalla “follia” di qualche neo-conservatore statunitense, ma da qualcosa di assai più profondo. Ne danno un’idea alcuni numeri della rivista Limes (1) e il numero 39 del 2007 della rivista Aspenia. Dai loro articoli si può vedere quanto l’imperialismo ambisca a riassumere il totale controllo dell’Iran per riconquistare il totale monopolio del petrolio e del gas. Quanto tale monopolio sia strategico per il ruolo degli idrocarburi nell’economia occidentale e per mettere alle strette la Cina, dipendente dalle esportazioni dall’Iran e dall’Asia centrale. Gli interventi pubblicati nelle due riviste fanno, inoltre, intendere, a chi voglia capire, quanto la questione iraniana sia legata alla turbolenza in corso nel processo di accumulazione capitalistica mondiale e quanto l’intero sistema capitalistico stia avvicinando il mondo, i popoli, i lavoratori verso una nuova catastrofe planetaria. Quello che nelle riviste rimane in ombra è l’altro aspetto, collegato con il primo, della questione: la riconquista del petrolio iraniano richiede il soggiogamento delle masse popolari dell’Iran; la vivisezione dell’Asia richiede quella del suo proletariato vivace e ascendente. Di cui proprio a Teheran c’è una giovane componente. Che i lavoratori occidentali hanno interesse a sostenere, a partire dalla denuncia e dalla mobilitazione, al momento tutte da venire, contro i piani di pace-guerra del proprio imperialismo!

(1) Il numero 5 del 2006 intitolato “L’impero dei pasdaran”, il supplemento al n. 6 del 2007 intitolato “Iran, guerra o pace” e il n. 1 del 2008 intitolato “Vulcano Pakistan”.

Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008

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