Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008
Inceneritori, che delizia!
Comunemente si vede nell’inceneritore un impianto magico dove
i rifiuti si convertono in energia elettrica. Cosa di più ecologico? Le città
rimangono pulite, il territorio non è invaso dalle discariche, si genera energia
considerata dalla stessa normativa statale “rinnovabile”, simile a quella
solare. L’inceneritore di Brescia non sarebbe lì a provarlo?
L’inceneritore di Brescia prova, in realtà, tutt’altro (1).
Innanzitutto non è vero che l’inceneritore permette di eliminare le discariche.
Nel 2002 l’impianto di Brescia ha incenerito 514 mila tonnellate di rifiuti e ha
prodotto 130 mila tonnellate di scorie e ceneri da interrare in discariche. Si
potrebbe dire: il vantaggio, comunque, c’è, perché si riduce ad un terzo la
frazione di monnezza da destinare a discarica, ed è pur sempre qualcosa.
A parte il fatto che si potrebbe ridurre il volume dei rifiuti fino a un decimo
con un procedimento di semplice compressione meccanica, avente anche il
vantaggio di spremere prima dello stoccaggio la componente di eluato e di
aumentare la stabilità meccanico-chimica dei materiali. Il guaio è che le scorie
prodotte dall’inceneritore contengono sostanze micidiali in parte formatesi nel
processo stesso di combustione (diossine, furani, ecc.), tant’è che la stessa
normativa ufficiale richiede caratteristiche speciali per le discariche da
associare agli inceneritori. Non solo: poiché la combustione sviluppata
all’interno dell’inceneritore è un’ordinaria reazione chimica, l’energia
prodotta nell’impianto porta via con sé solo una frazione microscopica della
massa dei rifiuti non trasformati in scorie e ceneri: il resto viene dispersa
nell’aria sotto forma di polveri ultra-sottili. Micidiali per i polmoni e il
corpo umano. Sia le dimensioni che per il contenuto chimico (ancora diossina,
furani, pcb, ossidi di azoto).
Con l’inceneritore, quindi, i rifiuti non scompaiono. Vengono trasformati in
veleni ancor più insalubri di quelli che contengono, nascosti in discariche e
spruzzati sulla testa della popolazione stanziata nei dintorni (fino a 30 km)
dell’impianto. Le istituzioni statali e l’informazione ufficiale, con l’aiuto
dei Veronesi e dei dirigenti della Legambiente, continuano a rassicurare sulla
irrilevanza del contenuto in diossina e furani dei fumi e dei reflui
dell’inceneritore. Ma ci sono fatti testardi, che parlano in senso opposto. Ci
sono i risultati delle misurazioni effettuate in vari paesi occidentali con le
migliori tecniche disponibili. Ci sono studi allarmanti sul legame tra la
rilevanza di alcune patologie tumorali e la vicinanza ad un inceneritore, che
dovrebbero essere presi in considerazione anche solo per il principio di
precauzione. C’è la stessa normativa statale che, con il divieto di installare
un inceneritore in un’area di produzione di alimenti doc, riconosce che
l’impianto non è così innocuo come si dice.1
Si potrebbero abbattere tali emissioni dannose costruendo l’impianto con le
migliori tecnologie disponibili? Forse. Ma solo, comunque, in impianti piccoli,
funzionanti a temperature comprese tra 1200 e 1300°C, dotati di un sistema di
rapido raffreddamento delle polveri e di altri costosi accorgimenti. Che le
imprese costruttici e quelle di gestione fuggono come fossero il diavolo perché
non convenienti dal punto di vista del profitto. L’inceneritore-mostro di
Brescia, il più grande d’Europa, funzionante ad una temperatura al di sotto dei
1000°C, è un esempio di questo infame gioco al risparmio.
I conti non tornano neanche considerando l’energia prodotta dall’inceneritore.
Purché lo si faccia dal punto di vista eco-sostenibile e non da quello della
convenienza economica per le imprese. Per fare dell’inceneritore anche una
centrale elettrica, l’impianto deve essere alimentato da combustibile derivato
da rifiuti, ricco di sostanze dall’alto potere calorifico. Prima di tutto,
carta, cartone, plastica… cioè i materiali che potrebbero essere riciclati
mediante le operazioni di raccolta differenziata e trattamento per il riuso. Con
la conservazione e non la dilapidazione dell’energia potenziale incorporata in
essi e dalla natura e dal lavoro umano. Ora, se dalla componente non umida dei
rifiuti solidi urbani togliamo carta, cartoni e plastica, il combustibile da
rifiuti che si ottiene, presenta un potere calorifico ridotto del 90% e diventa
incapace di auto-sostenere la combustione di un impianto di incenerimento. Per
cui, l’utilizzo di tale impianto diventa un ostacolo alla applicazione della
raccolta differenziata e del riciclaggio. Come attesta il caso Brescia.
Da quando è entrato in funzione l’inceneritore la frazione differenziata dei
rifiuti solidi urbani è rimasta stazionaria ad un livello piuttosto basso (poco
sopra al 30%), le istituzioni locali non sono passate dalla raccolta per
cassonetto alla ben più efficace raccolta domiciliata e a Brescia la quota
pro-capite di rifiuto urbano solido è aumentata fino a 2 chilogrammi a testa, un
record a livello nazionale e, forse, europeo! Al danno si somma, poi, la beffa:
la normativa statale considera l’energia prodotta dagli inceneritori energia
rinnovabile (!!) e, a tal fine, fornisce un contributo di 2 miliardi di euro
l’anno (pari, secondo alcune stime, ad almeno il 20% dei fondi destinati alle
energie rinnovabili). La finanziaria 2007 partorita dal governo spruzzato con il
verde di Pecoraro-Scanio abolisce il contributo ma solo per gli impianti ancora
non autorizzati (quindi continuerà a fluire per quelli costruiti, in costruzione
e autorizzati).
Ma allora a chi convengono gli inceneritori? Alle imprese che li costruiscono,
alle imprese che li gestiscono, al sistema del profitto nel suo insieme, alle
istituzioni statali (nazionali e locali) che lo difendono. Non è una lobby. È un
sistema sociale che ha trovato in questa tecnologia la risposta all’emergenza
rifiuti da esso stesso prodotta. E che con la sua applicazione non può far
altro, da apprendista stregone, che riprodurre l’emergenza a scala allargata con
danni irreparabili per la biosfera. Come da manuale. Marxista.
(1) V. i documenti presentati nei siti: www.inceneritori.org,
www.zerowasteamerica.org, e l’articolo di G. Nebbia “Perché no agli
inceneritori-termovalorizzatori”, pubblicato sul n. 199 del Notiziario del
Centro di Documentaz-ione di Pistoia e disponibile sul nostro sito.
Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008
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