Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008
I lavoratori immigrati non sono un pericoloso nemico ma i fratelli di classe dei lavoratori italiani!
Roma: la lotta dei lavoratori del Bangladesh
Il 16 novembre scorso il ciclone Sidr si è abbattuto sul
Bangladesh: decine di migliaia di morti, intere regioni distrutte, l’agricoltura
(elemento fondamentale nell’economia del paese) in ginocchio.
Questa autentica catastrofe (tutt’altro che “solo naturale”) ha fatto scattare
la molla della mobilitazione tra i combattivi immigrati del Bangladesh che dagli
inizi di Dicembre sono in lotta per ottenere la concessione del “permesso di
soggiorno umanitario”. Mentre scriviamo la mobilitazione, che va avanti da oltre
tre mesi e che ha il suo epicentro a Roma, è ancora in corso e sta vedendo una
costante ed organizzata partecipazione di massa.
Da dicembre, assemblee, presidi e sit-in folti e combattivi si susseguono quasi
senza soluzione di continuità. Tantissimi i giovani immigrati presenti e attivi.
Davvero notevole, tra l’altro, la manifestazione tenutasi mercoledì 9 gennaio a
Roma quando oltre seimila (cifra non gonfiata) lavoratori del Bangladesh,
provenienti anche da altre città, hanno invaso le strade della capitale dando
vita ad un corteo compatto e combattivo. Sul nostro sito sono riportati il
volantino diffuso dalla nostra organizazione e le foto e i filmati
dell’iniziativa.
Non ci stupisce il fatto che, salvo qualche rarissima eccezione, la stampa abbia
ignorato tanto la manifestazione di gennaio quanto l’intera mobilitazione:
intorno alle lotte dei proletari, e di quelli immigrati in particolar modo, si
tenta sempre infatti di stendere un velo di silenzio al fine di isolarle e
indebolirle. Come non ci stupisce il fatto che (anche qui con qualche
rarisssimissima eccezione) la sinistra, quella “estrema” compresa, sia stata
totalmente assente dalla lotta. Gli immigrati, si sa, possono “andar bene” solo
se e quando appaiono come “soggetti deboli e bisognosi di aiuto”, non certo
quando si presentano come lavoratori fieramente auto-organizzati e rivendicanti
a schiena dritta i loro diritti.
Deve invece preoccupare (va detto francamente e senza mezzi termini) la sordità
totale del proletariato italiano e la scarsa “attenzione” degli immigrati delle
altre comunità dinnanzi alla lotta dei bengalesi. Su questi decisivi punti c’è
molto da lavorare: tanto per noi dell’Oci, quanto per tutti i più attivi
lavoratori d’avanguardia immigrati ed italiani.
Milano: un tentativo di auto-organizzazione contro il razzismo e l’emarginazione nelle baraccopoli
Lo scorso novembre, in occasione del delitto Reggiani
(abilmente strumentalizzato sia dalle forze di governo che d’opposizione), la
campagna di odio razzista contro i Rom ha compiuto un balzo in avanti. È per
difendersi e reagire a questa morsa terroristica che gli abitanti
dell’accampamento milanese di Cascina Baregiate hanno iniziato a discutere e ad
organizzarsi. Ad onta degli stereotipi ufficiali che tendono ad identificare in
maniera assoluta il “nomade” con il delinquente e/o l’accattone, in questo
“campo” vivono Rom in buona parte impiegati nell’edilizia, nel facchinaggio e
nelle pulizie. In precedenza un gruppo di questi immigrati era sceso in piazza
in occasione di alcune manifestazioni sindacali cittadine. Forti di queste forse
piccole ma sicuramente preziose esperienze, gli abitanti di Cascina Baregiate,
invece di chiudersi terrorizzati nel silenzio, hanno promosso alcune assemblee
di accampamento in cui si è discusso come reagire.
A queste iniziative ha dato un valido sostegno un nucleo di lavoratori e
compagni che con il proprio intervento ha contribuito a far sì che ci si ponesse
l’obiettivo di uscire dal ghetto dell’emarginazione politica in cui storicamente
i “campi” sono rinchiusi e ci si sforzasse di tessere primi contatti col
circostante mondo del lavoro salariato e dell’immigrazione. A tal fine sono
stati programmati volantinaggi e attacchinaggi in alcune zone della città (come
il mercato di San Donato) e una assemblea pubblica sul tema (il cui testo di
convocazione è riportato nel riquadro).
Di fronte a questi “inquietanti” segnali, lo stato e l’amministrazione locale
non sono restati con le mani ferme. Messa in giro la voce (poi rivelatasi
totalmente falsa) di una tratta di bambini a Cascina Baregiate, ecco scattare
fermi e arresti di genitori e parenti e alcune intimidatorie perquisizioni nel
“campo”. L’obiettivo è chiaro: ostacolare il processo d’organizzazione dei Rom
e, soprattutto, impedirne una proiezione verso l’esterno.
Un po’ “grazie” alla repressione un po’ per strutturali debolezze politiche, i
volantinaggi e l’assemblea hanno visto una partecipazione molto scarsa da parte
dei Rom. Ciò non toglie che la strada da percorrere sia esattamente quella
dell’auto-organizzazione e dello sforzo per uscire da ogni forma di
ghettizzazione politica e sociale.
Tema peraltro riproposto con urgenza (per restare all’area del milanese) da
quanto sta accadendo nel popolare quartiere della Bovisa. Tra le macerie di
abbandonati insediamenti industriali, è qui cresciuta una baraccopoli che
“ospita” un migliaio di immigrati di varie nazionalità. Sulla spinta
dell’associazionismo politico e sindacale del quartiere, a marzo si è tenuta una
prima affollata assemblea sul problema, serio e difficile, di come affrontare e
superare il degrado in cui è costretto chi vive nel “campo” e come evitare che
in questo quartiere si scateni una guerra tra poveri, tra lavoratori italiani ed
immigrati. Non c’è che una via d’uscita: lavorare con ogni forza per mettere in
contatto questi due settori del proletariato sforzandosi di far emergere come,
al fondo, si abbiano problemi comuni che richiedono lotte comuni finalizzate a
dare risposta alle esigenze, al fondo comuni, dei lavoratori immigrati e dei
lavoratori italiani. Di chi vive nelle baracche e di chi è strozzato dal
caro-affitti o dal caro-mutui, imposti dagli italianissimi padroni del settore
immobiliare.
Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA