Il 13 novembre, il giorno dopo i fatti di Nassiriya, "improvvisamente" il governo emana il decreto sulle scorie, pronto da tempo nel cassetto. È previsto un deposito unico per le scorie nucleari nazionali. Fortunato vincitore: Scanzano Ionico. Che reazione si potrà avere da un paese che conta poche migliaia di abitanti?
E invece la risposta è immediata. Il 14 viene occupato il comune. L’indomani si forma il comitato di lotta. Esso accetta l’appoggio delle varie istituzioni, ma va avanti per la sua strada senza illudersi sulla prospettiva del ricorso alla Corte Costituzionale prospettata dal presidente della regione Basilicata.
Questa lotta, attira subito le simpatie dei "vicini": non solo dai paesi limitrofi e dalla Basilicata tutta, ma anche dalla Puglia (i Cobas di Taranto) e dalla Calabria arrivano contingenti di solidarietà attiva. Dilaga la protesta e subito viene occupata la statale 106. Nei giorni successivi si abbassano le saracinesche dei negozi. Anche gli studenti di Bernalda e Policoro scendono in piazza e il 17 viene bloccata la stazione ferroviaria di Metaponto, oltre alla statale e all’area di stoccaggio. Le mamme sono in prima fila. Viene occupata la Basentana, ed anche il centro Trisaia dell’Enea dove vi sono scorie nucleari. Il giorno 18 tocca all’autostrada "Salerno Reggio Calabria". I giovani sono determinati e scoprono la gioia della lotta comune. Il messaggio della piazza è chiaro: "Accetteremo una sola risposta: il ritiro del provvedimento. Un ritiro chiaro e incondizionato".
Il governo, intanto, prova a giocare sulla contrapposizione con i siti provvisori esistenti. A Caorso la Casa delle Libertà locale annuncia una manifestazione a favore del centro unico di smaltimento rifiuti.
Le decisioni del governo non sono ineluttabili.
"Noi non molliamo!" è scritto sui giubbotti e sulle magliette degli attivisti di Scanzano. Il 19 continua il fermo totale di qualsiasi attività e i blocchi stradali aumentano: bloccato il tratto "Matera-Altamura" e la diga di Senise. Annunciato lo sciopero degli operai a Melfi per il 21 novembre. La Fiom volantina ai cancelli dello stabilimento. Si parla di occupazione della fabbrica. Si va verso un coordinamento unico delle iniziative per dare un migliore orientamento alla lotta e una maggiore capacità organizzativa.
Intanto, mentre i Verdi chiedono una commissione parlamentare di inchiesta, i giovani, i lavoratori, intere famiglie svolgono la loro "commissione di inchiesta" nelle piazze. Cominciano a venire a galla e a chiarirsi gli interessi di profitto che sono sotto a questo "affare". I giovani, i lavoratori, le casalinghe nella lotta comune si occupano di questioni prima a loro sconosciute. Scorie, conseguenze della radioattività sulla nostra salute, studi sugli stoccaggi nei siti, dati sui rifiuti nucleari presenti in Italia, criteri "scientifici" che hanno portato alla scelta del sito. La mobilitazione collettiva cresce e fa crescere.
Il 20 novembre la lotta inizia a pagare. Il governo annuncia: nessuno spostamento immediato delle scorie verso Scanzano. I manifestanti però vogliono il ritiro completo del decreto. Intanto solo a questo punto, il governo Berlusconi, costretto dalla mobilitazione generale, mette in cantiere l’approfondimento dello "studio scientifico" del sito.
Nei giorni seguenti proseguono presidii e blocchi fino alla grande manifestazione di domenica 23 novembre indetta da Cgil, Cisl e Uil, che vede la partecipazione di decine di migliaia di persone. A Roma il giorno 24 si svolge una manifestazione di studenti "lucani" che arriva anche a presidiare Montecitorio.
Le proteste non si fermano, anzi "rischiano" di estendersi al territorio nazionale. Il 28 il governo fa sparire il nome di Scanzano dal decreto, che però non viene ancora ritirato. La lotta ha vinto, anche se, solo "per ora" e se ne è coscienti, come apprendiamo discutendo con alcuni "lottatori" di Scanzano.
L’importanza di questa mobilitazione va ben oltre il fatto "specifico": ci dice che i piani dei "potenti" possono essere fermati e sconfitti. Scanzano contro la lobby del nucleare, come dire Davide contro Golia. Davide è sceso in campo in modo deciso, mettendo al centro della sua azione la difesa intransigente delle sue ragioni. In virtù di ciò ha potuto e saputo estendere e radicalizzare la lotta, non si è ritirato alle prime difficoltà, né lo ha fatto di fronte alle prime "aperture" governative. E Golia è stato costretto a fare un passo indietro. Transitoriamente.
Perché la Basilicata, perché il Sud?
Nella individuazione delle località dove installare i depositi di scorie radioattive il Meridione è da tempo saldamente in pool position. La frammentazione del suo tessuto sociale infatti fornisce (quanto solo sulla carta lo ha dimostrato Scanzano) garanzie di una minore opposizione all’edificazione dei siti.
Ma, comunque, perché non si è adottata la soluzione più "classica" e più sperimentata, cioè quella di scaricare il tutto in Somalia o da quelle parti? Da decenni le regioni del "Terzo Mondo" sono la pattumiera della nazioni ricche. Montagne di rifiuti tossici vengono rovesciate dalle "nostre" aziende in quei continenti. Perché si cambia registro proprio ora che si tratta delle scorie nucleari, dei rifiuti più dannosi possibili? Proviamo a ipotizzare una spiegazione...
Le guerre all’Iraq ed alla Jugoslavia, con i criminali bombardamenti all’uranio impoverito, hanno dimostrato che le scorie nucleari possono essere "utilmente" riciclate in chiave bellica. Di fronte ad un Sud del mondo sempre meno disposto a farsi schiacciare e saccheggiare impunemente, depositare "lì" le scorie potrebbe essere molto imprudente: e se quei popoli vi mettessero le mani sopra ed iniziassero a pensare di utilizzarle in chiave anti-occidentale?
Il "potere nucleare"
Il governo tornerà al più presto alla carica e giocherà con forza la carta della contrapposizione tra territori e popolazioni. Per non cadere in questa trappola è necessario lavorare alla prospettiva di una battaglia generale e a scala nazionale che con la forza della piazza imponga che lo smaltimento dei residui radioattivi venga attuato nel "migliore" modo oggi possibile. Un modo, cioè, che tenga conto della salute e delle esigenze sociali di tutti i lavoratori; che utilizzi senza risparmio alcuno il meglio della ricerca e delle tecnologie oggi esistenti a livello mondiale; che subordini la scelta dei siti ad una pubblica discussione unitaria tra le popolazioni che già ora "ospitano" rifiuti radioattivi e quelle che sono candidate a farlo.
Ma, per essere realmente efficace, la lotta contro le scorie nucleari deve portarci a guardare anche oltre. I rifiuti radioattivi li potremo pure allontanare dalla nostra regione, ma non potremo tutelare davvero la nostra salute ed il nostro territorio se poi permettiamo che ad appena un tiro di schioppo da casa "nostra", nei Balcani, interi popoli e paesi vengono sistematicamente inondati di materiale nucleare tramite bombardamenti all’uranio impoverito. Ne sanno qualcosa anche i militari italiani inviati in "in missione di pace" nei Balcani. Per non parlare del popolo iracheno, come raccontiamo a pag. 2.
Ora, la contaminazione da uranio e sostanze radioattive, si sa, non si ferma con la polizia di frontiera. Quindi, anche solo per tutelare il "proprio orticello", occorre fare dei passi verso quei popoli che, aggrediti dai "nostri" governi, nuotano in un mare di radioattività, occorre occuparsi delle preoccupazioni dei familiari dei militari spediti in Kossovo e Bosnia. Occorre imbastire tutti insieme una lotta contro il formidabile intreccio di interessi, economici e militari, sta dietro la lobby nucleare. Un intreccio che (sin dalla sua nascita durante la seconda guerra mondiale negli Usa) è collocato al cuore di quel sistema mili tare imperialistico a cui è legata (in un modo o nell'altro) la gran parte della produzione delle scorie nucleari. Un intreccio che, in tempi di "guerra infinita" e di rilancio del militarismo (anche in Europa!), è destinato ad espandersi come una metastasi. (Il titolo di Libero non è per niente estemporaneo...) Ne è un sintomo la ripresa delle sperimentazioni negli Usa di bombe nucleari di "piccole dimensioni". Perché è tornata alla ribalta questa brillante idea? Dove saranno prodotte queste armi? Dove saranno installate ? Con quali effetti politici, umani e ambientali?
Scanzano-Roma chiamano Belgrado e Baghdad. Ma anche Washington...
La questione dei rifiuti radioattivi evidenzia come il capitalismo produca disastri enormi che sa e può solo scaricare contro l’umanità lavoratrice. La battaglia contro le scorie chiama ad una battaglia a fondo e radicale per la distruzione di questo sistema sociale e per riorganizzare sulle sue ceneri l’intera vita e produzione sociale con al centro, finalmente, le necessità della specie umana.