Ai lavoratori "garantiti"Berlusconi vuole unificare al ribasso le condizioni dei lavoratori, togliendo le ultime "tutele" a coloro che ancora le hanno. Voi, lavoratori delle categorie più forti sindacalmente, delle grandi e medie aziende, del pubblico impiego, avete lasciato, per anni, che intorno a voi si sviluppasse un mondo del lavoro parallelo, senza forza contrattuale collettiva e alla mercé dei padroni e del mercato. Oggi rischiate di vedervi trasformati anche voi in lavoratori precari costretti a contrattare individualmente le condizioni per vendere la propria forza-lavoro e passibili di licenziamento non appena alziate la testa per protestare e organizzarvi. Giustamente avete reagito partecipando in massa alla manifestazione del 23 marzo e agli scioperi. Forse pensavate che dare due grandi dimostrazioni di forza avrebbe convinto il governo a recedere dai suoi intendimenti. Ma non è bastato. Il governo insiste in perfetta sintonia con i padroni e con le istituzioni nazionali e internazionali dei poteri forti finanziari e politici. Tra queste rientra a pieno titolo anche l’Unione Europea diretta da Prodi, colui che molti lavoratori ritengono "amico" fino al punto di pensare che un’accoppiata Prodi-Cofferati debba sostituire quella Rutelli-Fassino per avere garanzie di successo elettorale e di una politica più aderente alle necessità dei lavoratori. La sua politica aderisce, invece, perfettamente alle necessità dei mercati. L’apporto di Cofferati non la muterebbe nella sostanza, perché egli stesso è portatore di una politica di "mediazione" con gli interessi dei mercati, le cui conseguenze sono i costanti cedimenti degli anni scorsi e i nuovi che si preparano. I sindacati (anche la Cgil) vi chiamano, infatti, ad alcune occasioni di lotta, ma poi vi dicono di stare fermi, aspettare, aver fiducia nella loro capacità di trattare, o riporre in qualche referendum la speranza di ribaltare almeno qualcuna delle misure governative. In questo modo, però, il massimo che si può ottenere è di stemperare qualche singolo aspetto della politica governativa, non la sua sostanza totalmente anti-proletaria. E anche di quel "massimo" non c’è alcuna certezza. È inutile farsi illusioni: la lotta deve continuare, farsi più risoluta ed estendersi. Dobbiamo, da un lato, portarla nelle aziende, con l’astensione dallo straordinario, gli scioperi per aziende, categorie, comprensori, fino a un nuovo sciopero generale; dall’altro estendere ancora di più il fronte verso i giovani, gli immigrati e tutti i lavoratori che non hanno alcuna tutela. E dobbiamo estenderla a tutte le parti della società che soffrono sempre di più per le devastazioni ambientali e sociali prodotte dal dominio del profitto e del mercato. Non è un caso se gli scioperi hanno attirato attorno ai lavoratori le attenzioni e le aspettative di tanti diversi strati sociali. Lo sciopero riconferma tutto l’enorme potere politico e sociale del proletariato (e, al suo interno, il ruolo determinante del proletariato di fabbrica), la classe che produce tutta la ricchezza su cui vive l’insieme della società, e su cui specula la classe ristretta di parassiti che detengono il potere solo perché possiedono la proprietà dei mezzi produttivi, delle macchine, delle terre e dei capitali finanziari per acquistare la forza-lavoro di chi possiede solo questa e, per sopravvivere, non può fare altro che metterla in vendita. Subordinare le condizioni proletarie agli interessi del profitto, delle aziende e dell’economia nazionale, è una politica che porta non solo alla formazione di mercati del lavoro paralleli, ma che si ritorce come un boomerang anche contro di voi, perché produce tra i lavoratori una concorrenza che va a tutto vantaggio del dispotismo padronale, e perché recide i vincoli sindacali e politici di organizzazione della resistenza di classe. Proprio per questo siete voi i primi a dover prendere atto che questa politica va abbandonata e sostituita da un’altra che metta le condizioni dell’intera umanità che vive solo del suo lavoro al di sopra e prima di ogni cosa. I primi chiamati a battersi per un fronte internazionale di difesa dalle aggressioni del sistema capitalistico e imperialistico che qui ci colpisce, per ora, solo sul piano economico e politico, mentre già opprime interi popoli e continenti anche con la sua potenza militare. Un decisivo passo per questo fronte internazionale è la piena integrazione della lotta dei lavoratori immigrati nella vostra lotta: essi non sono vostri nemici ma una straordinaria risorsa della comune lotta. Non aspettate il "la" da nessuno. Date avvio alla vostra iniziativa, al vostro protagonismo diretto, dando impulso alla vostra auto-organizzazione, dentro e fuori i sindacati, per dare continuità e forza alla lotta contro il governo, all’estensione del fronte di lotta contro di esso, per rilanciare una seria difesa delle condizioni dell’intera classe lavoratrice contro il sistema del profitto e del mercato. Ai lavoratori non-"garantiti"La tambureggiante propaganda sulle meraviglie riservate dalla flessibilità lavorativa, la suadente pubblicità sui vantaggi per il proprio guadagno, il proprio tempo libero, la propria felicità che deriverebbero dal fatto di non avere vincoli collettivamente contrattati hanno rivelato, per la stragrande maggioranza di voi, il loro vero significato: finire schiavi nelle mani di individui e aziende senza scrupoli, che rispondono unicamente alle regole scritte e non scritte di un potere dispotico, di un meccanismo infernale che ha lo scopo unico di procacciare profitto. La flessibilità realizza non la vostra libertà, ma quella dei padroni, grandi e piccoli, di spremervi come limoni, di farvi lavorare se hanno guadagno, alle condizioni scelte da loro, di costringervi a consumare la vostra vita incollati ai terminali, a saltare di qua e di là per brevi periodi in lavori occasionali e "nuovi", o a impiegarvi in occupazioni non occasionali e "vecchie", ma a condizioni sempre più disumane, a negarvi, con il ricatto di non ri-assumervi, i più elementari diritti per ferie, malattia, per non dire di quelli sindacali e politici. E sotto la cappa di questa menzognera libertà il vostro futuro appare sempre di più come un preoccupante buco nero. Sarà impossibile conservare la "tranquillità" e il livello di consumo dei vostri genitori, e, forse, persino raggiungere le condizioni minime per costruirvi una vostra famiglia. Molti di voi hanno, ormai, ben compreso che il "successo" in questa società è una pura favola che riguarda una sparuta minoranza che parte da condizioni di privilegio ereditate ed è basato sullo sfruttare senza scrupoli altri esseri umani. Gli individui che non hanno riserve, o ne hanno di limitate, sono destinati a finire come vittime negli ingranaggi della macchina per la produzione del profitto. In quanto individui isolati non hanno alcuna possibilità di difendersi da questo meccanismo. Se ne possono difendere solo se si costituiscono in "individuo collettivo", se si associano, si organizzano insieme e fanno valere le loro ragioni con la loro lotta collettiva. Per questo molti di voi guardano con grande interesse e speranza alle mobilitazioni contro il governo Berlusconi. Lo scontro vi riguarda in prima persona, anche se in gioco vi sono diritti, tutele, da cui voi non siete coperti. Voi sapete bene che se rovina ulteriormente quel poco di potere contrattuale collettivo che ancora rimane per voi cesserà di esistere alcuna speranza di potervi riscattare almeno parzialmente dalla condizione di semi-schiavi in breve tempo. Siete, dunque, chiamati anche voi a dare il vostro contributo allo sviluppo di un movimento che non arretri di fronte allo scontro in atto, che non ceda alle pretese padronal-governative, e che anzi cominci un percorso di risalita, estendendo a voi e ai lavoratori immigrati la possibilità di contrattare collettivamente le condizioni di lavoro e di vita. Serve la vostra partecipazione attiva, serve la moltiplicazione delle lotte come quelle dell’Atesia, dell’Adecco, dei Mc Donald’s per conquistarvi i diritti sindacali. Ma serve anche la vostra iniziativa sindacale e politica per far in modo che tutto il movimento dei lavoratori, anziani e giovani, "garantiti" e "non garantiti", esca dalle secche in cui è tuttora impantanato. Per farlo è necessario organizzarsi e dare battaglia, dentro e fuori le organizzazioni esistenti. Voi avete tuttora una certa diffidenza a fare questo passaggio, perché vedete come l’esperienza dei vostri padri sia, oggi, approdata in una situazione in cui l’arroganza padronale e del mercato sembrano incontenibili. Ma la causa di ciò non è stato l’"eccesso" di organizzazione, o "l’"eccesso" di centralizzazione, bensì le politiche che quelle organizzazioni hanno seguito e seguono. Finché si continuerà a ritenere prioritari gli interessi delle aziende, del profitto, dell’economia nazionale, sarà inevitabile continuare ad accettare il peggioramento delle condizioni di lavoro e l’erosione di quelle d’organizzazione sindacale e politica, e sarà inevitabile continuare ad accettare che il potere del mercato sottometta indisturbato in tutto il mondo ogni popolo col ricatto finanziario e con le guerre di oppressione e di rapina, come quelle contro i popoli jugoslavi, irakeno, palestinese, afghano, ecc. Non esitate a impegnarvi con vigore in prima persona in un lavoro organizzato sul piano sindacale e politico, dando battaglia contro tutte le politiche che rimangono sottomesse alle esigenze dell’avversario di classe camuffate sotto la veste di "interessi generali del paese e del sistema". Solo la piena riconquista dell’autonomia politica degli interessi della classe che produce da sola ogni ricchezza sociale potrà riscattarci dal giogo di essere individui impotenti e schiavizzati e di realizzare un sistema di vita sociale al cui centro non ci sia il profitto e la concorrenza tra gli uomini, ma la loro piena, libera e consapevole cooperazione sociale per il bene di tutta l’umanità vivente, cioè il comunismo. Ai lavoratori immigratiDopo secoli di oppressione e di espropriazione coloniale i vostri popoli avevano conquistato, nella seconda metà del secolo scorso, l’indipendenza politica dai centri imperialisti. La gioiosa euforia che aveva accompagnato il processo di liberazione, avvenuto grazie alle vostre lotte e ai vostri immensi sacrifici, si è infranto contro la restaurazione dell’oppressione per mezzo dei "pacifici" meccanismi del mercato, della divisione internazionale del lavoro, del debito, protetti da una macchina militare che ha moltiplicato la sua potenza rispetto a quella di cinquanta anni fa ed è pronta a scatenarsi nel caso in cui i popoli oppressi cerchino di liberarsi anche da questa "moderna" forma di colonialismo. Ciò vi costringe a vendere a prezzi infimi le vostre risorse minerarie e agricole, a far lavorare in condizioni di schiavitù i vostri figli, a vedere molte delle vostre donne costrette a offrire il proprio corpo sui marciapiedi del ricco Occidente. E vi ha obbligato a venire a cercare in Occidente il lavoro per sopravvivere. Lo avete fatto, e lo fate, nella piena convinzione che vi sia dovuto come una sorta di parzialissima compensazione del saccheggio e dell’oppressione cui siete stati sottoposti per secoli. Non chiedete nulla se non di poter lavorare e guadagnare alle condizioni che l’Occidente ha raggiunto grazie proprio alla rapina che ha effettuato, e che effettua, ai danni dei vostri popoli. Quello che ottenete è, invece, un lavoro alle peggiori condizioni in un clima di razzismo crescente contro di voi e quando cercate di ribellarvi organizzandovi, lo stato interviene per negarvi ogni diritto, mantenendovi sotto il ricatto costante di non rinnovarvi il "permesso di soggiorno", anzi arrivando al punto, con la Bossi-Fini, di concedervi il permesso solo fino a quando servite come merce-lavoro e solo se vi accontentate senza alcuna protesta delle condizioni che vi sono offerte. Per riscattarvi da queste condizioni avete iniziato ovunque un coraggioso processo di organizzazione e di lotta, e avete rivolto un esplicito invito alla lotta comune a tutti i lavoratori d’Occidente perché è nel loro stesso interesse che non esista un doppio mercato del lavoro, un esercito di forza-lavoro di riserva costretta ad accettare le peggiori condizioni di vita e di lavoro. Il vostro appello è stato accolto molto debolmente da questi lavoratori. Ben pochi hanno compreso, per esempio, come la lotta contro la legge Bossi-Fini abbia la stessa importanza di quella contro le modifiche all’art. 18 per conquistarsi la possibilità di difendersi collettivamente, come classe, contro le aggressioni infinite del sistema del profitto. Tra gli stessi lavoratori occidentali, anzi, tende a svilupparsi un razzismo sempre più esplicito contro di voi. Questo razzismo fa il gioco dei vostri sfruttatori, che, grazie a esso, vi impediscono di avere la libertà di organizzarvi sul piano sindacale e politico per contrastare lo sfruttamento. Sicuramente il vostro coraggio e la vostra risolutezza non si faranno fermare da nessun ricatto e continuerete a cercare di organizzarvi come soggetto collettivo di lotta, così come continuerete a cercare di intrecciare la vostra lotta di proletari immigrati con quella dei vostri popoli per liberarsi definitivamente dall’oppressione imperialista. Continuate con determinazione il percorso che avete iniziato. Esso è anche l’unico modo per dimostrare al proletariato locale quanti e quali interessi abbia in comune con voi, come voi vi stiate rifiutando concretamente di essere trasformati in suoi concorrenti, e perchè debba anzitutto lui rifiutare di fare il guardiano nei vostri confronti e comprendere che appoggiare la vostra lotta darebbe più forza alla sua stessa lotta e alla lotta di tutti. È triste che per ottenere di essere riconosciuti come reali fratelli di lotta voi dobbiate arrivare al punto di fare uno sciopero da soli, come a Vicenza, ma è, allo stesso tempo, straordinario che lo facciate, dando prova evidente proprio della vostra volontà di non arrendervi all’isolamento in cui vi caccia anche il pregiudizio razziale contro di voi diffuso tra i proletari metropolitani. Per realizzare un forte raccordo di lotta tra voi e il proletariato occidentale non può, però, mancare una combattiva iniziativa all’interno di questo dei militanti comunisti e proletari per combatterne il razzismo e per gettare verso di voi un vero ponte di fratellanza e di lotta contro il capitalismo e l’imperialismo. Serve per costruire un argine comune di difesa sul piano sindacale, ma è indispensabile anche per dare forza alla lotta dei vostri popoli contro l’imperialismo. Questa potrà avere successo solo con il sostegno di un fronte internazionale e internazionalista che fonda insieme la loro e vostra mobilitazione anti-imperialista con la mobilitazione del proletariato occidentale a difesa delle sue proprie condizioni e contro le politiche imperialiste dei propri stati. La fusione può nascere unicamente sulla base di un programma che unifichi le necessità dei due poli in una vera comunità inter-razziale e mondiale di lotta contro il sistema capitalistico che per conservarsi in vita deve acuire lo sfruttamento del proletariato metropolitano e l’oppressione e lo sfruttamento di ogni altro popolo non-"occidentale". Un programma, quindi, comunista. |