Italia, 2001. Breve viaggio (senza troppi commenti)
nella vita quotidiana della donna "liberata"


Indice


Lo "storico" Lucetta Scaraffia su un recente numero di Sette ci propone questa acuta analisi della condizione della donna occidentale:

"Nessuno ha festeggiato la scorsa primavera i quarant’anni della pillola anti-concezionale. (...) Il nuovo farmaco costituì il fattore determinante della trasformazione dei ruoli sessuali che contrassegna la seconda metà del Novecento. La novità assoluta della pillola sta proprio nel fatto che ha consentito alla donna la possibilità di decidere della propria fecondità in totale autonomia… si è creato quindi un totale rovesciamento: se prima la possibilità di procreazione era in sostanza in mano agli uomini, ora essa sfugge completamente al loro controllo. Questo cambiamento ha dato alle donne un nuovo potere all’interno della coppia, che si aggiunge a quello di scindere l’atto sessuale dalla procreazione e di avere una libertà di vita sessuale uguale a quella degli uomini. (...) Non piace ammettere che proprio alla pillola si deve quella rivoluzione dei costumi che ha dato totale libertà alla donna di oggi. È più eroico pensare che quella libertà le donne se la siano conquistata con una lotta sociale e politica, invece di riconoscere che sia stata loro ‘offerta’ da un medico, maschio."

Noi che non ci fregiamo del titolo di storici, ci limitiamo a proporre un breve viaggio nella reale condizione della donna occidentale, iniziando proprio dalla donna italiana, quella che, secondo l’ineffabile autrice, avrebbe raggiunto la possibilità di decidere della propria fecondità in totale autonomia, una vita sessuale "uguale" a quella degli uomini, l’emancipazione professionale, una rivoluzione di costumi e un nuovo potere all’interno della coppia. È davvero così?

In questa pagina tratteremo solo alcuni aspetti del problema: di come il rapporto tra i sessi sia caratterizzato dall’espropriazione del corpo delle donne, affermato anche con la violenza, lo stupro e l’omicidio; della maternità, apparentemente frutto di una "libera scelta" ma riaffermata, come si vede da una serie di episodi e dal riacutizzarsi delle crociate anti-aborto, come destino privato a cui le donne non possono e non debbono sottrarsi.

Nei prossimi numeri del giornale l’itinerario proseguirà nel mondo del lavoro, nella realtà della vita delle immigrate, nella prostituzione e l’industria del sesso, e in altri aspetti che speriamo ci vengano segnalati dalle nostre lettrici e lettori.

Nota. Tutti i brani citati sono tratti da quotidiani italiani (Il Corriere della Sera, il manifesto, la Repubblica) degli ultimi diciotto mesi.

 


Il tuo corpo mi appartiene

Da un rapporto della Confesercenti si rileva che le violenze sessuali stanno aumentando "in modo allarmante". I dati Istat dicono che, nel 1998, 714.000 donne hanno dichiarato di aver subito violenza. L’80% degli stupri avviene in famiglia, solo nel 15% dei casi la violenza è opera di estranei. Alla base della violenza non vi è il desiderio erotico, ma il disprezzo verso la donna…

 Odolo. Se l’è voluto.

"Lo stupro sulla dodicenne c’è stato, e lascia tutti turbati. Anche se non tutti sono d’accordo nell’accusare i due ragazzi, 14 e 16 anni, finiti al Beccaria. I loro coetanei hanno poca voglia di parlare: ‘Mi domando come una ragazzina di dodici anni a quell’ora potesse essere ancora in giro -si chiede il più intraprendente- mia sorella che ha la stessa età, alla sera sta in casa’...; ‘però lei’, aggiunge un altro, ‘pur di uscire scappava anche dalla finestra’."

Padova. Le danno fuoco.

"Picchiata, ferita con un coltello dalla lama lunga 20 centimetri e infine bruciata. Una donna di 38 anni ha rischiato una morte orribile… Due persone sono state arrestate… i due (un uomo e una donna) giovedì sera hanno incontrato la donna in un bar invitandola nel loro ‘appartamento’. Qui… avrebbero invitato la donna ad un rapporto sessuale a tre ricevendone un netto rifiuto. La donna poi ha cercato di fuggire ma è stata raggiunta, denudata e picchiata, e colpita poi da alcune coltellate… e infine cosparsa di alcool e bruciata…"

Cologno Monzese. Non è mai troppo tardi.

Sabato scorso A. B., 58 anni, aveva passato la sera a Milano, con amici… al ritorno, a due passi da casa… "Violentata e sfigurata a pugni, schiaffi e calci su un mucchio di rifiuti… ignorata da un automobilista che si è fermato e avrebbe potuto soccorrerla, insultata e derisa da altri due giovani di passaggio, inascoltata anche dalla gente, che, tappata in casa, deve pur essere stata svegliata da mezz’ora di grida disperate. Infine abbandonata anche dal suo carnefice, un giovane di 24 anni…".

Milano, pieno centro cittadino. Donne, violentatori e giudici

A cena da Mc Donald’s col marito e il figlioletto, J. si allontana per qualche minuto per comprare le sigarette, viene sorpresa, aggredita, trascinata in un cantiere e sequestrata per oltre un’ora. Subisce ripetute violenze. L’aggressore è un egiziano: verrà riconosciuto e arrestato il giorno seguente.

Il Corriere della Sera, giornale serio qual è, non si limita a riferire con cura il fatto di cronaca, ma va a documentarsi dal pm che ha in carico l’inchiesta. Vale la pena di riportare qualche battuta dell’intervista. Dopo aver detto che le denunce per violenza sessuale che riceve sono più di 200 l’anno, il pm così commenta la riluttanza a denunciare le aggressioni: "Succede soprattutto ora, perché la maggior parte di questi reati sono commessi da extracomunitari e la vergogna è ancora più forte". "C’è un problema immigrati?" incalza il cronista. "Si. E lo dico senza razzismo: c’è il fatto culturale di totale mancanza di rispetto per le donne, che geneticamente si portano dietro". "Beh, per la verità l’Islam esige rispetto per le donne", osserva cauto l’intervistatore. "Le donne islamiche -procede sicuro il pm- e finchè restano tali, nella poligamia e nella sottomissione. Gli uomini non accettano che le donne si ispirino a comportamenti europei".

Questo brano da antologia è un condensato di ideologia maschilista, razzista e colonialista; esso suggerisce alle donne che la violenza da parte di un extracomunitario (sub-uomo?) sia peggiore rispetto a quella subita da parte di un europeo, riscopre il gene della violenza nelle razze inferiori immigrate, attribuisce alle loro religioni l’apprezzamento per la sottomissione e la passività delle donne (quella cattolica invece…), e infine lancia la più infamante delle accuse: non desiderare sopra ogni cosa di adorare e uniformarsi ai costumi e all’ideologia europea!

 


La tua vita mi appartiene

"7 omicidi in 7 giorni: la mattanza delle donne continua". Così l’Unità del 23 maggio, riportando l’impressionante sequela di delitti che hanno avuto come oggetto donne, uccise da familiari: proprio quelli che, secondo la retorica corrente, avrebbero dovuto "proteggerle".

Maggio 2001: uccide la moglie. L’aveva sposato per il permesso di soggiorno, stufa dei maltrattamenti, se ne voleva andare. L’ha inseguita sul treno, le ha sparato, e trovando con lei anche la suocera, ha ucciso pure lei…

Maggio 2001: tragedia della follia? A Pinerolo un insegnante di 38 anni spara all’allieva di 19 che lo respinge (e a se stesso) lasciando una delicata lettera d’amore… "Un uomo chiuso, ma tranquillo, in fondo"…

Gennaio 2001: a Roma uno studente universitario di 25 anni ferisce la sua ex fidanzata con 30 coltellate…

Marzo 1997: a Reggio Emilia una ragazza di 17 anni viene assassinata con 40 coltellate dall’ex fidanzato mentre torna a casa da scuola…

Ottobre 1994: una studentessa di 15 anni a Genova viene insultata, aggredita e uccisa con 24 coltellate sulle scale di casa dall’ex fidanzato…

 "Botte, stupri, violenze domestiche non si arrestano di fronte a nulla. Anzi delle cinquemila donne che in otto anni si sono rivolte ai due centri antivolenza romani gestiti da "Differenza donna", 90 su 100 sono state maltrattate durante la gravidanza. Ben il 24% delle violenze cominciano proprio con lo stato di gravidanza."

Di fronte a questa situazione, ci piace riportare la forte denuncia della Casa delle Donne di Brescia, comparsa sul manifesto del 16 febbraio 1999:

"Minacce, ricatti, maltrattamenti, sfruttamento, sequestri, stupri, incesti, lesioni anche permanenti, omicidi… questo il quadro quotidiano di cui si rendono colpevoli mariti, ex mariti, conviventi, fidanzati, padri, nei confronti di donne e bambini/e… Cosa succederebbe se i media non strillassero solo i fatti di sangue, presentandoli solo e vergognosamente come disperati gesti d’amore, ma informassero su ciò che succede ogni giorno dietro la porta di casa, magari la nostra stessa casa, definendo mariti e padri violenti per quello che sono, vale a dire colpevoli di reato allo stesso modo di chi (immigrato o no) compie atti analoghi verso qualunque persona? Molti "mariti per bene", molti "ottimi padri di famiglia", molti cittadini "onesti" non sarebbero forse guardati con sospetto se le loro gesta all’interno delle mura domestiche non fossero coperte dall’omertà o dall’indifferenza? Secondo un’indagine di Sos donna, il 70% dei mariti o dei conviventi violenti è totalmente "normale" nella vita quotidiana, è diplomato o laureato, è impiegato o professionista ed è irreprensibile nella sua attività lavorativa. Tutti gli studi effettuati concordano nell’affermare che in Italia e nel mondo il luogo più insicuro per donne e bambini è la casa..."

 


Cavie, cannibali e jene

Cavie

Milano, "mamma a 11 anni. La giovanissima madre è tornata a casa. Il bimbo viene allevato alla Clinica Mangiagalli, è un piccolo clandestino, perché non si può ammettere che c’è. Gli avvocati… tracciano, codice alla mano, i possibili sviluppi. ‘Secondo il codice civile, per riconoscere un figlio il genitore naturale deve aver compiuto i 16 anni di età. La mamma non li ha. Se il padre li ha, può farlo. È probabile? No, anzi il contrario. Perché, se lo facesse, contestualmente riconoscerebbe di aver compiuto atti sessuali con un minore degli anni 14. Un reato che prevede la pena da 5 a 10 anni...’

Al centro soccorso antiviolenza della Mangiagalli sono arrivati in 5 anni 200 casi di violenza e abuso su bambine di età inferiore a 12 anni. E a diventare madre a quell’età, la ragazza ‘oltre all’insanabile ferita psicologica, rischia la salute e la vita’..."

Crociate

Roma, Ospedale San Camillo. "Urlando come forsennati e minacciando gli infermieri, che cercavano di fermarli, due sacerdoti hanno fatto irruzione nel pronto soccorso dell’ospedale dove era in corso un’interruzione di gravidanza. L’intervento si era reso urgente per il sopraggiungere di un’emorragia che aveva aggravato le condizioni della donna. Quella stessa notte sono stati affissi lungo tutto il muro che porta all’ingresso dell’ospedale dal quale solitamente entrano le donne che richiedono l’interruzione di gravidanza decine di manifesti antiabortisti firmati Forza Nuova. Pura coincidenza o implicita rivendicazione? Ciò che lascia ancor più scioccati è la violenza delle immagini del feto ritratto dai manifesti e le frasi oltraggiose che l’accompagnano…"

Un milione al mese a chi non abortisce

Il Comune di Milano darà un milione al mese, per tre anni, alle donne che rinunciano ad abortire. Anche quelle extracomunitarie, anche quelle non sposate: basta che siano residenti a Milano da almeno un anno. L’altro requisito fondamentale è "l’indigenza": "il nostro obiettivo è tutelare la maternità delle persone indigenti ed evitare l’aborto per motivi economici". Ecco dunque lo stanziamento che servirà ad aiutare cento donne con un reddito inferiore a 36 milioni l’anno… La decisione per avviare il contributo viene presa dagli psicologi dei consultori, sulla base di un colloquio con le donne che chiedono di usufruirne. "Sarebbe a dire- spiega la consigliera Ds De Biasi- che un colloquio di natura psicologica serve a stabilire con certezza non solo che la donna non imbroglia, ma ad accertare il suo effettivo stato di bisogno…"

 


Laura, la ragazza del millennio

Dicembre ’99. Ragazza quattordicenne, minorata mentale, resta incinta. La sentenza del giudice, d’accordo con la famiglia, dispone l’aborto. Un crociata popolar-clericale porta alla revisione della sentenza: Laura sarà madre.

Hanno avuto ben ragione di esultare i solerti protettori di Laura, e il loro giubilo è arrivato fino a noi: dall’altro capo dell’Italia, nella civile Milano (e in chissà quanti altri siti della penisola), un vistoso striscione bianco con scritta azzurra si è fatto largo fra gli addobbi natalizi, così recitando: "2000 auguri a Laura, ragazza del millennio". Esultano: hanno vinto la più emblematica delle battaglie, in un colpo solo hanno spazzato via ragionamenti e riflessioni sulla "maternità responsabile" e su tutti gli slogan e gli obiettivi che le donne si sono date, da quando la cosiddetta questione femminile ha ricominciato far discutere e a mobilitare le donne. Tutti i motivi pensabili per ritenere nefasta una gravidanza (e le sue pluriennali conseguenze) si concentravano nella vicenda di questa sfortunata ragazzina, e perciò ci si è accaniti nell’affermarne la necessità a tutti i costi. Il successo è stato epocale. Negato non tanto il diritto, ma l’opportunità, la necessità dell’aborto a Laura, quale donna potrà mai sperare di vederselo riconoscere? Quale sarà mai ritenuta più immatura, più incapace, più irresponsabile, più sola, più in difficoltà di lei? Un caso emblematico, su cui buttarsi a corpo morto: lei, che non ha reagito al suo violentatore (che probabilmente tanto le assomiglia in vita disgraziata), lei, figlia e probabilmente futura madre di "disabili mentali", è stata di fatto docile preda, cavia inconsapevole di un futuro comune. Iene.

Cavia del futuro, ma specchio del presente della condizione della donna e di ciò che più la caratterizza: la subordinazione e la polverizzazione. L’arretramento. La paralisi. Il silenzio. La facilità con cui hanno sbranato la bambina ci dà la misura dell’abisso da cui dobbiamo risalire.

Né ci stupisce più di tanto la viltà delle istituzioni. Esse temono più di ogni altra cosa al mondo anche il benché minimo sussulto solidaristico. Nessuno ha avuto il coraggio di alzare la voce, tanto meno le donne-ministro!

Eppoi, siamo proprio sicuri che l’aborto, per Laura, sarebbe stato una "soluzione"? Si è trattato solo e soltanto del plagio di un’incapace? È davvero tutto qui il problema? Questa storia di ordinaria, plurima violenza ha anche per noi un valore emblematico. Essa dimostra inequivocabilmente il fallimento della società in cui viviamo. Essa ci obbliga ad andare al di là della petizione "è la donna che deve decidere" sulla propria vita e sulla propria maternità (petizione difensiva e limitata, ma sacrosanta in quanto denuncia un sistema sociale che le vuole imporre i propri fini). Laura infatti non era in grado di decidere alcunché: la sua famiglia, avendo deciso per l’aborto, è stata dichiarata incapace anch’essa (con buona pace dei sacri vincoli), il problema è quindi tutto riconsegnato allo Stato che decide, e cosa ne poteva venir fuori, dato che non era stato in grado di fare nulla per proteggerla, aiutarla, sostenerla, da quando è nata? Che non era stato in grado di prevenire la sua gravidanza né di evitare che andasse in pasto all’opinione pubblica? "Decidi tu" ma sappi (il dogma sociale è valido per tutte) che in ogni caso ti devi arrangiare, che tu voglia abortire, fare dieci figli, lavorare, stare a casa, sposarti o vivere sola: è affare tuo.

E il risultato di questa lotta solitaria e perciò stesso perdente è sotto i nostri occhi, sta nei gesti disperati di chi affoga il figlio handicappato per timore del destino che lo attende, sta nella risposta delirante di chi fa mercato di sé, nell’auto-inganno di chi si illude di non farlo, di chi (una lettrice di Liberazione) plaude al diritto degli handicappati a posare nudi per l’ennesimo calendario…

Parliamoci chiaro: per Laura, anche se si fosse dato retta all’umile buon senso del tutore, non c’era via d’uscita, come non c’è per la condizione individuale di nessuna donna, a cui pesa il carico non certo di scegliere il meglio, ma di provare sistematicamente ad evitare il peggio, in una società che sprofonda.