A proposito di uranio impoverito

Il dominio imperialista non può essere "pulito"!


Intendiamoci. Non è che i crimini all’uranio compiuti dalla Nato nei Balcani ci lascino indifferenti. E non è che sia privo di significato l’uso di tali armi piuttosto che di altre. Ci fanno ancora più schifo, però, i piagnistei di chi s’inalbera per il dettaglio radioattivo delle missioni "umanitarie" e solo per esso. Quasi che tale dettaglio ci ripulsi soltanto perché fa arrivare qui da noi, sul vestito di cellulloide della nostra democrazia qualche frazione centesimale della barbarie disseminata dagli stati e dal capitale occidentali nel resto del mondo. Quasi che i bombardamenti sui popoli jugoslavi ci arrivino a nausea soltanto perché commettono il delitto di stringere il cappio del dominio imperialistico in modo rozzo, distruggendo un ambiente che poi non possiamo utilmente colonizzare con le nostre truppe e i nostri capitali, o di cui non possiamo godere nelle nostre vacanze predatorie o che rischia di diffondere la contaminazione fino a noi.

Questa melassa nauseabonda ci dà il voltastomaco più dei crimini compiuti dai gangster d’Occidente. Almeno costoro sono conseguenti. Ma cosa credete, ha ricordato Mattarella, che i nostri interessi -quelli cioè della rapina imperialista- si possano difendere rimanendo al di qua dell’Adriatico? E che lo si riesca a fare a costo zero per la nostra gioventù panciafichista? Qualche prezzo lo si dovrà pur pagare, ricordano i borghesi un minimo coerenti alle prefìche che invitano i lavoratori a pietire le briciole cadenti dalla tavola imbandita colle ricchezze estorte all’Est e al Sud del Mondo, e li illudono sul fatto che ciò sia possibile rimanendo in rapporti di cortesia con i popoli e i lavoratori da essa schiacciati.

"La guerra è un atto di forza che ha per iscopo di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà. La forza si arma delle invenzioni delle arti e delle scienze per misurarsi contro la forza. (...) Gli spiriti umanitari potrebbero immaginare che esistano metodi tecnici per disarmare o abbattere l’avversario senza infliggergli troppe ferite e che sia questa la finalità autentica dell’arte militare. Per quanto seducente ne sia l’apparenza, occorre distruggere tale errore poiché, in questioni così pericolose come la guerra, sono appunto gli errori risultanti da bontà d’animo quelli maggiormente perniciosi. Poiché l’impiego della forza fisica in tutta la sua portata non esclude affatto la cooperazione dell’intelligenza, colui che impiega tale forza senza restrizione, senza risparmio di sangue, acquista il sopravvento sopra un avversario che non faccia altrettanto e gli detta in conseguenza la propria legge" (K. von Clausewitz, Della guerra, Oscar Mondadori, pp. 19-20)

Il fatto è che la realtà antagonistica del mercato mondiale dell’imperialismo impedisce (fortunatamente) la realizzazione di questo vile sogno. Anche la "semplice" dominazione pacifica delle periferie suscita ribellioni e resistenze nei popoli e nei proletari di "colà". Inevitabilmente. E per essere portata avanti, richiede, altrettanto inevitabilmente, l’uso della forza. Richiede che ci si sporchi di sangue. E quando si passa alla forza, non valgono ragioni morali. Conta solo l’efficacia dei mezzi. Com’è successo nei Balcani (e prima ancora in Somalia e in Iraq) con le armi al DU. Il loro uso è stato coerente con l’obiettivo imperialista di scardinare la resistenza delle masse lavoratrici jugoslave e di imporre con il terrore nucleare differito quello che non s’è potuto imporre col terrore dello scambio diseguale. (Chi voglia vedere le ragioni scientifiche e tecnologiche di simile "corrispondenza" tra mezzi e fini, può utilmente prendere in mano il libro Il metallo del disonore, cui rimandiamo).

Semplici illusioni. Ecco cosa sono le implorazioni degli "anti"-uranisti "umanitari". Esse però una ricaduta reale ce l’hanno, peggiore di quella radioattiva. Giacché contribuiscono a contaminare la coscienza del proletariato d’Occidente con la convinzione di considerare positivamente la propria esistenza (consumata e consumistica) dentro la galera di una democrazia fondata sul dominio del resto del mondo, delle altre razze, degli altri lavoratori. E suscitano nel corpo proletario il cancro politico di credere che questo dominio si possa realizzare senza le "esagerazioni" impulsate dagli Usa. Chi se ne sarebbe il portabandiera? Ma l’Europa naturalmente, una vera Europa... Già l’Europa, madre-maestra degli Stati Uniti...

A coloro che, in buona fede, sono spinti solo dalle prime vittime nel "nostro" fronte a interrogarsi sulla guerra che è stata, che scoprono solo ora il cinismo dei governanti, delle "opposizioni" e dei vertici militari perché lo vedono in azione nei confronti dei "nostri" ragazzi, a costoro diciamo che la loro indignazione è sacrosanta, ma che non si deve fermare sulle soglie dell’impegno per mettere al bando l’uranio, o genericamente la "guerra", ma deve riversarsi in una lotta a tutto campo contro chi, con l’uso dell’uranio, ha solo dimostrato più eplicitamente i suoi veri interessi di conquista e di dominio. Non lasciamo in pasto a questi aguzzini le popolazioni balcaniche. Non agli Usa, ma neanche a quei lupi europei che -sbolognato Milosevic- si stanno rivestendo dei panni dei cooperatori economici e dei risanatori ambientali. È proprio sotto i panni della cooperazione europea che la Jugoslavia è stata soffocata, dilaniata e preparata al trattamento all’uranio. L’Europa dei Prodi o anche l’Europa dei popoli sognata da settori dell’estrema destra (e dell’estrema sinistra, vero Negri?) potrà essere diversa nel suo trattamento dei proletari balcanici solo nella sua ipocrisia. Non li dividerà e contrapporrà più con i metodi del soffocamento economico o col del terrore uranizzato, bensì con il terrore delle politiche "verdi" di disinquinamento ambientale che serve così bene ai "nostri" interessi di inserimento imperialista nei Balcani e in quell’Est dove la Nato dovrà installare le sue basi per l’attacco da sferrare contro l’Oriente.

L’alternativa posta dalla realtà dell’aggressione imperialista ai Balcani non è quindi: sporcarsi le mani, rischiare la vita oppure no. L’alternativa è: per cosa farlo? Per difendere (anche se social-sciovinisticamente) il dominio del capitalismo imperialista e dei suoi mostri statali sul mondo? O per distruggere tale dominio e metterlo al bando insieme alle armi all’uranio da esso coerentemente concepite, prodotte e utilizzate?

È su questa base, in questa prospettiva che ha senso ed efficacia la denuncia del crimine dei bombardamenti al DU, e l’organizzazione della difesa dai loro effetti delle popolazioni balcaniche e dei proletari occidentali in divisa. Altro che appellarsi alla ragionevolezza del governo italiano e del suo parlamento! Verso di essi può esserci solo un’opposizione frontale dei proletari d’Italia finalizzata a tagliarne gli artigli rapaci, a bloccarne il tentativo di rifarsi una verginità verso le popolazioni jugoslave, in stretta unità di lotta con queste ultime. L’odio verso l’Occidente che l’uso delle armi al DU ha sedimentato in esse non va spompato o trasformato in spirito d’accattonaggio davanti ai piani dei (momentanei) vincitori. Va rinfocolato e indirizzato alla coscienza che ai disastri prodotti dall’imperialismo e ai suoi tentativi di trarne profitto c’è un solo rimedio: la lotta fraterna, plurinazionale, internazionalista contro i capitali e i governi occidentali, e la loro macchina militare.

O l’indignazione per i crimini al D.U. si tradurrà in organizzazione di lotta che marcia in questa direzione, oppure (volente o nolente poco importa) servirà per oliare meglio il meccanismo fetido dell’imperialismo. Per il suo terrore di oggi, "pacifista" e "ambientalista". Pronto a trasformarsi domani in nuovo terrore militare. Il fall-out (non solo radioattivo) sarà, allora, molto più esteso.