Nel numero di dicembre di Altra Sinistra, mensile di Socialismo Rivoluzionario, leggiamo, in un articolo sulle recenti lotte degli immigrati, che alla manifestazione di Roma del 28 Ottobre la nostra Organizzazione avrebbe "aggredito" lo spezzone dell’Associazione 3 Febbraio. Si legge ancora che l’O.C.I, "al pari della peggiore destra xenofoba e razzista", con il proprio "minimalismo" e la propria "internità al sistema", farebbe "eco" ai tentativi di divisione degli immigrati portati avanti dagli apparati di governo e burocratici per impedirne la lotta e l’organizzazione.
Mentre respingiamo al mittente queste accuse di volgare fantasia, cogliamo l’occasione per rivolgere poche essenziali considerazioni a chi conosce la nostra Organizzazione e segue con interesse il nostro lavoro. Si tratta di mettere a fuoco alcuni nodi politici che riteniamo decisivi per la vera unificazione delle lotte degli immigrati e, soprattutto, per l’unificazione di esse con la necessaria ripresa di lotta del proletariato bianco.
Durante la mobilitazione per il permesso di soggiorno la nostra Organizzazione ha portato avanti la propria battaglia politica affinché il percorso di organizzazione e di lotta si estendesse all’intera massa degli immigrati, unificandosi a livello nazionale (e oltre) per superare le angustie delle vertenze separate per comunità, per città e quant’altro. Questo primo passaggio di unificazione necessitava e necessita di una piattaforma che, a partire dalla giusta rivendicazione del permesso di soggiorno per tutti e senza condizioni, sia in grado di dare battaglia all’intera politica del governo sull’immigrazione, come base imprescindibile per poter contrastare ogni tentativo di divisione. Al tempo stesso abbiamo messo al centro la necessità di conquistare il sostegno dei lavoratori bianchi, per coinvolgerli nella comune lotta, e abbiamo chiamato gli immigrati a denunciare la politica dei partiti di sinistra e dei vertici del sindacato, che concorre a tenere i lavoratori italiani nella passività, nell’incapacità di difendersi e nell’indifferenza -quando non peggio- verso la lotta dei proletari di colore. Abbiamo ancora indicato ai lavoratori immigrati la necessità di assumere tutte le consegne che derivano dalla lotta che essi hanno dovuto intraprendere, prendendo in carico la denuncia complessiva del capitalismo e la militanza politica contro di esso, non separando la lotta sacrosanta per la difesa dei propri interessi immediati dalla battaglia a tutto campo per il comunismo, in quanto unica prospettiva di riscatto per la massa di tutti gli sfruttati.
Insomma una battaglia volta a indirizzare la lotta degli immigrati verso un percorso di reale autonomia di classe, ben consapevoli che il ricatto del governo e delle istituzioni e la politica della sinistra (insieme all’attuale passività dei lavoratori bianchi) concorrono al risultato di deviare transitoriamente il protagonismo dei lavoratori di colore verso l’isolamento e la frammentazione di questi primi passaggi di organizzazione. E’ a causa di questa complessiva debolezza, alimentata dalle forze filo-governative che hanno operato a tutela e freno del movimento, che la mobilitazione degli immigrati non ha espresso -allo stato- la forza per la presa in carico di una battaglia più generale, conducendo infine gli immigrati ad accettare la contrattazione localistica dei permessi, a dismettere la lotta e indebolire l’organizzazione, a subire la separazione dai lavoratori bianchi invece di continuare a rivolgersi ad essi con la lotta e con l’iniziativa.
Prendere in carico veramente queste difficoltà significa dare battaglia tra i lavoratori italiani, affinché ai proletari di colore in lotta giunga il necessario sostegno della classe operaia bianca per la comune lotta contro il capitalismo. Sostegno del proletariato bianco -eccoci arrivati al vero nodo dei nostri contrasti con forze come l’Associazione 3 Febbraio e Socialismo Rivoluzionario, che agisce dietro la prima- che giammai può andare disgiunto dalla più ferma azione di denuncia e lotta contro il proprio imperialismo, contro la sua continua azione di rapina a danno dei paesi più poveri, contro le sue aggressioni militari nel Sud e nell’Est del mondo, che sono la causa dell’immigrazione coatta dei proletari di quei paesi verso il ricco Occidente. Significa, insomma, lavorare nell’insieme del proletariato, bianco e di colore, perché esso contrasti effettivamente con la lotta l’intera politica dell’imperialismo italiano. E’ solo in questo modo che il proletariato potrà riconquistare la propria autonomia di classe e sottrarsi ai ricatti e alle divisioni, rifuggendo da ogni minimalismo. Solo su queste basi potrà essere costruita una reale unità tra lavoratori bianchi e immigrati e superata in avanti ogni difficoltà nell’unitario percorso di lotta e di riconquista della comune coscienza di classe.
In assenza di questa battaglia, lo sbandieramento di parole d’ordine come "permesso di soggiorno per tutti", "accoglienza e fratellanza", etc. sono solo paraventi che in realtà non chiamano mai in causa le vere cause dello sfruttamento del proletariato di colore, l’azione imperialista dello Stato italiano e il razzismo degli stessi lavoratori bianchi. Molte forze cosiddette rivoluzionarie si distinguono in quest’opera di mistificazione, che, pur "prodigandosi" a favore degli immigrati, costantemente sottace la denuncia del proprio imperialismo e, all’occorrenza, se ne mette alla coda. Nel mazzo di esse, mai troppo poche, brilla di vergogna Socialismo Rivoluzionario.
Quando l’Occidente sul finire del 1990 si accingeva a bombardare e distruggere l’Irak, Socialismo Rivoluzionario non trovava niente di meglio da fare che presenziare a sit-in e manifestazioni con cartelli che additavano come nemico il "dittatore di Baghdad". Quando nel ’95 i bombardamenti all’uranio impoverito della Nato spargevano morte e distruzione in Bosnia, questi signori salutavano l’"autodeterminazione" della Bosnia targata Nato e cantavano vittoria contro il "nazista" Milosevic. E ancora, durante la recente aggressione Nato-italiana contro la Serbia e il Kossovo, mentre sulle popolazioni jugoslave fioccavano le micidiali bombe occidentali, questi "campioni" dei diritti degli immigrati mettevano sullo stesso piano aggressori e aggrediti con la falsa equazione "Milosevic = Clinton" e nelle piazze inveivano contro il "dittatore di Belgrado", cercando di importare vero veleno pro-imperialista nelle poche manifestazioni contro l’aggressione militare dell’imperialismo nei Balcani (fino a infiltrare in esse, protetti nei suoi spezzoni, militanti dell’UCK).
Ecco le nostre vere motivazioni delle scaramucce (che tali sono state) del 28 Ottobre. Che ci saremmo comunque evitati, se SR non avesse preteso di "sfondare" le nostre file per "andare avanti" nel corteo, costringendoci a respingere la loro ennesima ridicola provocazione.
A SR e soci diciamo che non cesseremo di demistificare, ovunque ciò si renda necessario le loro campagne ipocrite o rivoltanti a seconda dei casi.
A tutti i militanti di classe diciamo che dare battaglia a tutte le posizioni che infettano con il loro sciovinismo filo-imperialista la ripresa di organizzazione e di lotta del proletariato è un compito indispensabile (e ciò, ovviamente, ben al di là di Socialismo Rivoluzionario, che comunque assomiglia a qualcosa di più di una semplice "eco" della propaganda pro-imperialista).
Solo un’autentica politica di classe ed internazionalista dotata sotto ogni profilo potrà estirpare dalle file del proletariato questa autentica infezione, continuamente alimentata dalla borghesia. L’ OCI è da sempre impegnata anche in questo e, di contro al generale andazzo di lasciare campo libero e di assuefarsi alle posizioni più schifose oggi in voga, chiama a questi compiti tutti i proletari, "bianchi" e "di colore", e, a maggior ragione, tutti i militanti di classe che vogliono battersi veramente per la difesa complessiva dei diritti dei lavoratori extra-comunitari e per l’autonomia di classe dell’insieme del proletariato.