America Latina

TRATTATIVE DI PACE IN COLOMBIA
CON LA MANO ALLA FONDINA

 

Un’occhiata alla carta geografica e si capisce come la Colombia sia un tassello estremamente importante nel puzzle del controllo imperialista sul subcontinente latinoamericano, tanto più che ai suoi confini sia il Venezuela del nuovo "libertador" Chavez che l’Equador del "levantamiento" campesino ed indio e di un certo vento bolivarista in cui sono coinvolti alcuni settori delle forze armate, danno segni o di aperta insubordinazione o di latente irrequietezza verso los gringos.

Così, mentre continuano le trattative di pace fra il governo Pastrana e le FARC -il principale movimento politico-militare nazional-rivoluzionario, con alle spalle oltre un trentennio di lotta guerrigliera, che oggi controlla una parte del paese-, il padrone nordamericano ha varato un piano che, al solito, porta una copertura "umanitaria" dato che si tratterebbe di colpire il narcotraffico e le coltivazioni di coca, facendo una guerra per "risolvere alla radice" le questioni che si dibattono, o si fingono di dibattere, fra mille tira-e-molla diplomatici al tavolo delle trattative. È il "Plan Colombia", qualche miliardata di dollari (nota bene: non solo Usa, ma anche provenienti dalle "istituzioni internazionali" e dall’Europa) da investire per il riarmo in grande stile dell’esercito colombiano da scagliare non contro la pianta della coca, come si pretende, ma contro la malapianta, davvero tossica per l’impero, della ribellione campesina, vero alimento del movimento guerrigliero. Il tutto mentre non cessano le azioni delle bande paramilitari (coperte anche dall’esercito ufficiale) le quali rappresentano il braccio armato di quella parte della borghesia colombiana che mai ha accettato la possibilità di una "riconciliazione nazionale" con "i terroristi".

In effetti, attorno al "tavolo di pace" non vi è proprio nulla da trattare fra l’imperialismo con la sua opzione "democratica" di sostegno al governo Pastrana, ed il movimento guerrigliero. C’è, semmai, da ambo le parti un voler guadagnare tempo. Infatti, la eventualità di una "riconciliazione nazionale" realizzata sulla base di un programma di capitalismo indipendente, con blocco delle privatizzazioni e una reale riforma agraria (tale è il programma delle FARC), è fuori discussione per l’imperialismo. Per esso, semmai, attraverso le "aperture" di Pastrana, l’obiettivo può essere quello di depotenziare e dividere le fila della guerriglia per addivenire ad "un accordo di pace" simile a quelli portati a termine in Salvador e Guatemala dove appunto, grazie a tale "pace", la lotta antimperialista di liberazione nazionale è stata bloccata. E, diciamolo subito, fra tutte le eventualità un tale esito sarebbe la soluzione peggiore sia per il movimento antimperialista nel suo complesso sia per le aspirazioni di liberazione del popolo colombiano, al quale comunque non verrebbero risparmiati tributi immensi di lacrime e sangue, al di là forse di una provvisoria tregua nella guerra civile che da decenni si svolge nel paese. (Vedi ancora in questo senso la dolorosa esperienza delle masse oppresse salvadoregne e guatemalteche, vissuta nel clima della pseudo "riconciliazione nazionale" dove ancora sono più che mai vegeti i criminali protagonisti della stagione degli squadroni della morte; uno per tutti: il famigerato generale guatemalteco Rios Montt, famoso oltre che per le sue sporche gesta per dichiarazioni del tipo "Lo Spirito Santo guida i nostri servizi segreti!"…).

Dall’altra parte anche per il movimento antimperialista nazional-borghese colombiano il calcolo è di guadagnare tempo. In vista di che?

Scartata la prospettiva di una lotta per la sollevazione generale ed unitaria dei popoli latinoamericani -potremmo sbagliare, ma in nessun documento FARC da noi letto vi è espressa con chiarezza questa prospettiva; al contrario, tutta la lotta antimperialista viene ricondotta nell’ambito del paese , per una "nuova Colombia" che semmai dovrà trovare alleati in altri paesi fratelli, questo è il massimo di "internazionalismo" che ci pare le FARC esprimano- vi è per l’attuale movimento "antimperialista" colombiano la prospettiva di farsi riconoscere come legittimo interlocutore dalla "comunità internazionale" (…la famigerata comunità internazionale che ha aggredito l’Iraq, la Jugoslavia…), di guadagnarsi cioè una "non belligeranza" da parte dei paesi imperialisti tentando di profittare delle contraddizioni al loro interno, in particolare fra gli interessi della borghesia USA e quelli dell’Europa. In quest’ottica il movimento ha profuso il massimo sforzo: la visita in Italia di un suo rappresentante ha messo così insieme gli incontri con il Vaticano, con il gruppo direttivo dell’ONU e della FAO, con alcuni imprenditori "per parlare della piccola e media industria e delle sue possibilità in America Latina", oltre che, ovviamente, con esimii senatori della repubblica italiana. È vero che rappresentanti FARC hanno anche preso parte a un "campo antimperialista" tenutosi in quel di Assisi (con scalpore e scandalo di certi nostri ultrareazionari, in versione "Libero", per la "profanazione" della cittadina di Francesco concessa "ai terroristi"), ma ci pare assolutamente fuori dubbio che il grosso delle sue fiches siano puntate sui tavoli verdi delle cancellerie europee e delle loro diplomazie, là dove stanno gli uomini e le forze "che contano".

Mozione approvata all’ottavo congresso della centrale unica dei lavoratori del distretto federale

Noi lavoratori brasiliani riconosciamo le FARC come un’organizzazione rivoluzionaria in stato di belligeranza in Colombia, che lotta per gli interessi di tutto il popolo colombiano e che apre il cammino per una Nuova Colombia.

Ci opponiamo a tutte le iniziative che cercano di caratterizzare le FARC come organizzazione terrorista o narcotrafficante. Riteniamo corretta la comprensione del narcotraffico come problema generato dal sistema capitalista, pertanto solo con la fine di quest’ultimo e con la costruzione del sistema socialista esso potrà essere sradicato definitivamente.

Come praticanti della concezione internazionalista proletaria, condanniamo ogni intervento in Colombia da parte di qualunque paese, e specialmente il cosiddetto Plan Colombia concepito dagli USA.

Chiamiamo tutti i lavoratori del mondo ad appoggiare il diritto all’autodeterminazione dei popoli, e dunque del popolo colombiano.

Brasilia, 14 luglio 2000

Senonché, alla roulette borghese il gioco è sfacciatamente truccato. Il croupier non tarderà a spennare l’incauto giocatore: l’Europa potrà avere tutti i conflitti di interesse possibili con l’imperialismo USA, ma di fronte ad una insorgenza di massa di cui la ribellione campesina è segnale e che minaccia di diffondersi dalla Colombia, dal Venezuela, dall’Equador, dal Perù, dall’Argentina… destabilizzando l’intero continente e il dominio imperialista, non potrà che seguire gli USA nell’essere gendarme e repressore dei popoli latinoamericani e del loro bisogno di una autentica dignità nazionale e di liberazione sociale.

È ben altro il terreno sul quale la lotta antimperialista deve prodigarsi, pur con tutte le difficoltà dovute ad una fase internazionale provvisoriamente avversa alla lotta rivoluzionaria apertamente dispiegata: quello della ricerca dell’affasciamento e dell’unità degli sfruttati dell’America Latina proiettata verso il proletariato del Nord-America e del mondo intero. La mozione dei lavoratori brasiliani in solidarietà col movimento di lotta colombiano che riproduciamo nel riquadro ci dice esattamente che questa prospettiva non è campata per aria. Dei lavoratori, operai dal paese più importante dell’America Latina, riconoscono di avere qualcosa da dire su quanto avviene in Colombia perché vedono in ciò qualcosa che li riguarda, una partita il cui esito non è indifferente per le loro stesse sorti, una partita nella quale vogliono giocare, su di un fronte preciso che dichiarano senza esitazioni, contro l’imperialismo e per questo a fianco di altri lavoratori. In questo senso, senza cauzionare in nulla il giudizio espresso sulle FARC, salutiamo questa presa di posizione che lancia un segnale nella direzione giusta.

Vamos companeros: questa e solo questa è la strada verso la liberazione!