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Alle ragazze e ai ragazzi che non vogliono rimanere nell’angolo

 

Due "baby gang" in azione...

"Scuole chiuse, in una Milano in pieno rimbambimento da shopping natalizio, una banda di ragazzini ha scelto un’arteria commerciale, corso Vercelli, per rapinare un loro coetaneo più azzimato e facoltoso del portafoglio gonfio di svariati biglietti da centomila e del cellulare. Alla testa della banda un quattordicenne marocchino, Reda, denunciato insieme a un coetaneo, Luigi, e ad altri due minorenni. Intorno ai protagonisti, un cordone di altri adolescenti, ragazzi e ragazze, urlavano, incitavano i ‘capi’, invitavano la vittima a reagire. (...) Pochi giorni prima, una ‘baby gang’ di ‘zarri’, ragazzi di periferia, aveva razziato un appartamento della buona borghesia, dove si stava festeggiando il compleanno di un ‘sancarlino’, come vengono chiamati i giovani bene che vanno all’Istituto privato San Carlo."

Dal Sole-24ore dell’11.1.2000

Sappiamo che non tutti nutrite gli stessi sentimenti di Reda e Luigi. Crediamo però che tutti voi sbattete la testa, al fondo, con gli stessi problemi, al di là del modo in cui oggi provvisoriamente cercate di farvi fronte. Nella nota che segue non abbiamo la pretesa di discuterne in modo esaustivo. Essa vuol essere piuttosto un tentativo di stabilire un "dialogo" con voi, sul senso di alcuni episodi di cronaca e sui compiti che essi ci riconsegnano, a voi e a noi. Per un lavoro che dobbiamo, che vogliamo portare avanti insieme.

All’inizio dell’anno, tanto per cambiare, vi è stata rovesciata addosso una nuova valanga di predicozzi e di ingiurie. Gli autori? Il governo, i mezzi d’informazione, i "poteri forti" che stanno sopra di loro. L’occasione? Alcuni episodi avvenuti a Milano durante le vacanze di Natale (v. riquadro). L’obiettivo? Convincere la pubblica opinione che sta nascendo un nuovo pericolo pubblico, la "baby gang". Che molti di voi potrebbero arrivare a farne parte, visto che già adesso avete l’abitudine di stare in gruppo negli stadi o davanti ai centri commerciali. Che -di conseguenza- i quartieri e i luoghi in cui vi ritrovate dovranno essere pattugliati un pò meglio dalle forze dell’ordine... Per il vostro bene, aggiungono.

Noi non li crediamo.

Altrimenti da tempo avrebbero denunciato e fatto qualcosa contro il grigiore, la solitudine, le incertezze che attanagliano la condizione giovanile. Altrimenti è da parecchio che si sarebbero indignati per come lavorate, quando vi permettono di lavorare!, o per ciò che siete costretti a subire entro le mura scolastiche, o per la povertà spirituale che vi si offre nella moderna città. Una città capace di indirizzare la vostra enorme carica di generosità e di energia solo verso una competizione spasmodica degli uni contro gli altri che vi gambizza. Non hanno fatto nulla contro tutto ciò, perché i veri responsabili delle vostre ansie e delle vostre umiliazioni sono proprio loro. Perché essi prosperano sulla vostra precarietà, sulla estrema polverizzazione delle relazioni stabilite fra voi sul posto di lavoro, nelle aule o nella vita sociale in genere.

Il vostro bene? Che ipocriti! Il loro allarme è scattato per una preoccupazione ben diversa! Negli episodi di Milano hanno visto una spia pericolosa per i loro interessi. "Alcuni settori di ragazzi -si son detti i potenti che vi e che ci dominano- sembrano essere stufi di continuare a subire su tutti i fronti, sembra che non vogliano rassegnarsi ad essere gli ultimi." Sì, è vero, è proprio così. I Reda e i Luigi, a modo loro, hanno tentato di ribellarsi a un destino che li vuole "ultimi". Se la sono presa con chi ricorda loro la propria condizione di esclusione, di senza speranza. Hanno tentato insieme, con l’azione, di cambiarla. Hanno infranto le regole, prima tra tutte quella dell’inviolabilità della proprietà privata. E quante volte, anche voi cercate di reagire alla condizione di "ultimi" mettendovi insieme nello stadio e facendo i padroni almeno sugli spalti? O prevaricando quei vostri compagni di scuola che, come pavoni, vi sbattono sul muso il loro "io sì che…"?

A noi, questa volontà che, qua e là, comincia a nascere tra voi, non allarma. Fa ben sperare che si possa cominciare a reagire alle palate di merda che ogni giorno sono rovesciate sulla massa dei giovani. Nelle discoteche o durante i concerti talvolta ondeggiate, gomito a gomito, pressati l’uno sull’altro, e alzate le braccia al cielo, come ad invocare un dio ignoto e un suo miracolo per voi. Sappiate che questo dio esiste. Siete voi stessi. È nella vostra azione comune, organizzata per smetterla di essere gli "ultimi", per conquistare quello che vi manca, quello di cui avete bisogno. Che non è tanto il telefonino o il paio di scarpe da ginnastica firmate, o il possesso di trofei illusoriamente presentati come riempitivi di esistenze altrimenti vuote. Cosa vogliamo dire? Ritornate per un attimo con la mente alle vostre giornate.

Quando vi incontrate in piazza o nei centri commerciali o nelle discoteche non cercate forse un antidoto al carico di tristezza e di ansia che vi portate in gola? Quante volte arrivate dai vostri compagni con la speranza di poterne parlare, di essere compresi, di trovare un appoggio per venirne fuori, di passare con loro un po’ di tempo in allegria? E quante volte -canna o meno- ritornate a casa delusi, con le pive nel sacco? E questo, perché? Forse perché non avete agguantato gli idoli idioti che propina la pubblicità? Oppure perché la socialità che può svilupparsi nei piccoli gruppi, gli uni separati dagli altri o gli uni in competizione sulla piazza cogli altri, non può che essere asfittica, deludente, insufficiente? Quante volte nel vostro gruppo vi rodete al pensiero di trovare l’azione stupefacente che vi cementi, vi faccia sentire davvero in comunione, uno per tutti e tutti per uno? Quelle che qualcuno chiama bravate, i gesti anche gratuiti e controproducenti per voi stessi che talvolta mettete in atto, non nascono forse proprio dalla ricerca di questa via d’uscita?

Siamo convinti che la troverete, se provate a rompere i confini che ci sono tra i gruppi che frequentate, se provate a far emergere nel tempo che passate insieme il fatto che vivete una condizione simile, sofferenze simili, che siete umiliati e offesi dagli stessi uomini, dalle stesse regole, e se provate ad organizzare un’azione comune contro questi uomini, contro queste regole. Nel posto di lavoro, nelle scuole, nei quartieri, in qualunque posto voi vi ritroviate, cercate di stare insieme con questa finalità. Sia con chi tra voi già morde il freno, e sia con chi continua a soffrire in silenzio o nell’apatia e conformismo apparenti. Provate a far diventare questo il vostro rovello: "Come possiamo costruire un legame, un tessuto tra le "bande", oltre i confini delle singole "bande", in un’unica "banda di lotta" contro i responsabili dei nostri mali, e cioè contro i padroni, i dirigenti d’azienda, i re della finanza, i governanti, le forze dell’ordine? Come possiamo opporre un argine e poi far saltare in aria il sistema di regole che ci ingabbia, le compatibilità della concorrenza capitalistica, i falsi miti del possesso e del successo, il miraggio della scalata sociale pagata al prezzo di diventare aguzzini degli ex-compagni?"

Eccola la pianta che lor signori vogliono seccare sul nascere. Criminalizzando il tentativo di andare oltre il gruppo, o di cercare attraverso il gruppo -con l’azione- di uscire dall’angolo, dalla condizione in cui la società vi ha inchiodati. Temono che questo tentativo possa riuscire. Voi e noi, invece, diamoci da fare per farlo riuscire. L’avversario che abbiamo di fronte non scherza, sappiatelo. Ci vorrà un’immensa forza di volontà, una grande determinazione, una sconfinata energia, un ferreo coraggio. Benché l’apparenza di oggi possa farlo sembrare impossibile, le saprete, le sapremo sviluppare insieme, sulla base e attraverso la lotta che siamo chiamati ad intraprendere contro gli sfruttatori e gli oppressori capitalistici.

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