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RUSSIA: COMPAIONO I BORGHESI.
ROTTURA O CONTINUITÀ CON LO STALINISMO?
Un nuovo libro sulla Russia doggi: Da Stalin a Gorbaciov.
Riflessioni-guida per una lettura che raccomandiamo.
Coloro che hanno creduto al carattere socialista dellURSS (gli stalinisti) od a quello, sia quel che sia, di un suo essere, comunque, "post-capitalista", anche se col pericolo di poter ripiombare allindietro (i trotzkisti) hanno sempre esibito a prova delle loro asserzioni linesistenza di una classe borghese dominante. Dove sono i borghesi? Cè chi, come Lutte Ouvrière, se lo chiede ancor oggi Ipnotizzati da questargomento, altre correnti o singoli militanti del movimento operaio, non rassegnati a far passare la bubbola del socialismo in costruzione o di una transizione bloccata e sfigurata verso di esso laddove erano chiaramente visibili tutti i segni di unoppressione antiproletaria di classe, si industriarono ad individuare "nuove classi", protagoniste di nuove forme di potere non racchiudibili nei "vecchi scemi" del capitalismo classico (potere della burocrazia manageriale e/o politica, una sorta di neo-feudalesimo industriale, dispotismo asiatico ). Ad alcuni di costoro si può attribuire il merito, se vogliamo, di aver sollevato una protesta vigorosa contro loppressione di classe esistente in URSS, ma, dal punto di vista dottrinario, le loro neo-teorie hanno rappresentato un passo indietro rispetto al marxismo tale da squalificare definitivamente, come poi si è visto nella pratica, la stessa petizione "morale" di partenza.
Il solo Bordiga, rifacendosi agli insegnamenti fondamentali di Marx-Engels e di Lenin, seppe rimettere la questione sulla giusta carreggiata. Economicamente parlando non ha senso parlare di post-capitalismo laddove vigono rapporti mercantili; tanto meno nella concreta situazione dellURSS dopo lOttobre, in cui i rapporti di produzione potevano tendere al socialismo unicamente passando per la trafila di un tendere al capitalismo dai propri arretrati punti di partenza. Post-capitalista era, con Lenin, la natura del potere politico chiamato a dirigere la "transizione", non racchiudibile, per principio, in unipotetica "costruzione del socialismo in un paese solo", ma risolvibile unicamente a scala internazionale. Con la perdita di tale natura da parte del partito bolscevico e dellInternazionale restava unicamente la transizione al capitalismo tout court.
I rapporti economico-sociali capitalisti vengono prima del formarsi di una specifica classe borghese (che, a giusta ragione, era impossibile vedere dispiegata in atto ai tempi di Stalin) ed il potere politico-statale controrivoluzionario stalinista ne rappresentava la premessa materiale indispensabile. Perciò, nel 51, Bordiga dirà: non mi interessa tanto vedere dove sta e cosa fa il signor Capitalistoff, ma stabilire che la politica del partito russo e dellInternazionale è fetente. Gli studi successivi poterono mettere in maggior luce i caratteri capitalisti specifici e ormai dominanti della struttura economica-sociale russa ed individuare la "rete di interessi" capitalista delineantesi su di essa.
Perché non si affrontò sin da allora il problema dellindividuazione della "classe dominante"? Perché, come precisato nel 51, il "giovanile" tessuto economico-sociale russo era tuttora in via di definizione ed il problema politico fondamentale ("il primo caso di rivoluzione che si rincartoccia in sé e sparisce") poteva anchesso non dirsi definitivamente concluso a scala internazionale. Solo una volta definitivamente compiutosi il processo di degenerazione del movimento proletario internazionale il capitalismo russo avrà agio di compiersi "linearmente", senza più le remore "socialiste" ed "antiborghesi" presenti tuttora nello stalinismo "eroico" (con cui Bordiga "dialogherà" nel 53 per poi segnare, nel 56, in un nuovo "dialogo" con gli eredi di Stalin, i passi ulteriormente compiuti in tale direzione).
Nel suo libro Da Stalin a Gorbaciov, Giancarlo Tacchi, rimanendo fedele allimpostazione di Bordiga, trae le conclusioni che, oggi, si possono e si debbono trarre quanto alla definizione della classe borghese dirigente "sovietica", o "russa".
Il suo è un utilissimo contributo in questa direzione che va colto proprio in quanto sviluppo coerente dellelaborazione di Bordiga nello svolgersi successivo dei processi economico-sociali e politici in URSS in linea con linsieme precedente di tali processi. Ne vien fuori, così, il quadro dellassetto capitalistico attuale in Russia, e circonvicini, quale conferma delle analisi passate e non come "novità" caduta dal cielo. Questo va detto soprattutto per coloro che sembrerebbero condividere la nostra analisi attuale della realtà "post-sovietica", ma fanno risalire l"inversione di tendenza" al dopo-Stalin (evocando, magari, il "colpo di stato krusceviano", per finire con quello gorbacioviano) senza essere in grado di cogliere lelemento di continuità tra lattuale "esplosione" capitalista e lo stalinismo che ne costituì le premesse. Il che vale non solo per i residui stalinisti, ma anche per le varie correnti trotzkiste che, quandanche costrette, in una loro parte, a vedere oggi che in Russia vi è capitalismo e vi imperano tangibili classi dirigenti borghesi, non riescono a far quadrare i conti di questesito obbligato con le loro teorizzazioni sul carattere "non capitalistico" della "burocrazia sovietica" e sulla "difesa delle conquiste economico-sociali dellOttobre" infrangibili senza uno scontro armato con il proletariato su di esse attestato.
Non diremo che il lavoro del Tacchi rappresenti lultima parola sul tema, perché la difficoltà di accedere ai dati del processo di definizione capitalistica della Russia resta enorme per tutti. Lo sarebbe per un movimento, figuriamoci per un singolo studioso! Noi stessi, nei nostri lavori sul tema (che lautore ignora o mostra di ignorare) abbiamo dovuto procedere per ampie "approssimazioni", col solo merito, speriamo, di averle mantenute coerenti ad una visione dinsieme in linea coi postulati fondamentali della teoria e della battaglia marxiste. Ma conta poco non avere una radiografia perfetta quando i contorni fondamentali del quadro siano delineati, quando la diagnosi di fondo sia irreprensibile. Altri maggiori e migliori dati verranno in seguito, e ci daranno conferme ulteriori della nostra analisi.
La parte del lavoro che meno ci convince è, piuttosto, quella che si riferisce alla posizione della classe operaia sovietica. La "passività" del proletariato sovietico di fronte al trionfare del capitalismo in URSS è spiegata per il "primo tempo", in termini abbastanza convincenti, con le risorse del "laburismo" welfaristico staliniano per un primo tempo -anche se laspetto internazionale su cui tali risorse "corruttive" hanno potuto imporsi è alquanto passato in secondo piano. Restiamo meno convinti delle spiegazioni sulla "passività attuale", rapportate ad atteggiamenti in qualche modo "connaturati" da vecchi mugiki od Oblomov, che, a nostro modo di vedere, nascondono una certa dose di sfiducia non solo sulle capacità, ma sulle stesse ragioni obbiettive necessarie, di una ripresa proletaria in Russia e dintorni. Noi restiamo convinti che questo proletariato non si limita e tantomeno potrà limitarsi ad esprimersi con un semplice nicevò (non importa, non cè nulla da fare), ma già oggi si muove, molecolarmente, anche se, di certo!, a partire da livelli estremamente "regrediti" rispetto allOttobre. Daltronde, nicevò può sembrare, ad una visione fotografica delle cose, lultima parola del proletariato non solo russo, ma internazionale. Cogliere i segni della ripresa dal fondo dellabisso è cosa, daltro canto, che spetta ad un movimento politico comunista, al quale sarebbe bene guardassero in concreto tutti coloro, e non sono pochi!, che ne difendono i "principii". Chi studia per comprendere dovrebbe anche capire che occorrerà lavorare per cambiare il mondo e non limitarsi a rifletterlo. Non è un appello a "venire a noi", ma sì a porsi il problema della formazione di unorganizzazione comunista rivoluzionaria di cui, come il Tacchi opportunamente scrive, non è data automaticamente alcuna soluzione preconfezionata, ma di cui sono già oggi presenti tutti i dati oggettivi che spingono alla risposta soggettiva.
Con queste avvertenze raccomandiamo ai nostri lettori il libro del Tacchi, richiedibile alle Edizioni Graphos, Campetto 4, 16123 Genova, e su di esso non mancheremo di ritornare in seguito.