[che fare 51]   [fine pagina] 

KGB, soldi da Mosca, comunismo

Nel corso del processo al partito comunista del ’23 fu imputato al suo segretario, Bordiga, di aver preso soldi da Mosca e di essersi messo così al servizio di una potenza straniera. Da comunista, Bordiga poté rispondere: sì, l’Internazionale che ha sede a Mosca ci finanzia come partito in quanto parte di un movimento internazionale del proletariato con identici ed unitari fini; ci finanzia con danaro proletario per un fine proletario di cui noi stiamo al servizio. Noi, OCI, diremmo la stessa cosa, dinanzi alla classe prima ancora che dinanzi ad un tribunale, se ci soccorressero le stesse condizioni di allora e, sin d’ora, dichiariamo di lavorare per una centrale internazionale, con quattrini internazionalmente gestiti, quale che ne possa essere, un domani, la sede operativa. Restiamo a servizio della stessa causa del partito di Livorno, e tanto basti.

Il PCI togliattiano non nascondeva i suoi legami con Mosca, "patria del socialismo", salvo il fatto di mettere la sordina sui soldi che affluivano copiosamente a Botteghe Oscure. La causa del "socialismo" era dichiarata la stessa, per il PCI come per il PCUS. Con la differenza, rispetto ai tempi di Lenin, che all’Internazionale si era sostituito uno Stato e che i diversi partiti di obbedienza sovietica si presentavano come altrettanti partiti "nazionali", ognuno intento a costruire, con le sue forze, una propria versione di socialismo nazionale in un solo paese. Perciò, solidarietà dichiarata con lo Stato-mamma del "socialismo realizzato", ma sordina sui giri contabili presi da quello Stato e rivendicazione di un proprio autonomo progetto nazionale. Appoggio incondizionato allo stato "sovietico" in quanto "faro" del socialismo, ma per il resto una "via nazionale italiana" al socialismo in salsa mediterranea. Non c’è più alcun’Internazionale da cui dipendere, ma un "comunismo nazionale" italiano che trova in Mosca il suo principale punto di appoggio, lo rispetta e rende ad esso quei servizi che possano servire alla causa "comune" sì, ma innanzitutto nazionale.

In anni successivi il PCI si trovò, già con Togliatti, a consolidare il suo inserimento negli ingranaggi del capitalismo italiano ed a farsene parte. Il rapporto con Mosca diventava via via meno stringente nello stesso tempo. Il filo con Mosca veniva mantenuto, ma in misura sempre più labile ed "indipendente" (vale a dire dipendente dagli interessi e dalle sorti del proprio capitalismo nazionale). Con Berlinguer si passa allegramente, così, dal riconoscimento che l’URSS è portatrice di un "sistema nuovo", "socialista", che continua a fungere da faro per i diversi "autonomi" partiti comunisti mondiali, al famoso "strappo" da Mosca per mettere definitivamente fine alla stessa ideologia "comunista" nazionale sino ad invocare per il PCI il rassicurante "ombrello NATO" da cui oggi siamo tutti riparati per bene.

Di fronte all’attuale campagna sul "dossier Mitrokin" -che, col giudice Casson, non esitiamo a considerare un polpettone parziale di cose o già abbondantemente note a tutti o di segreti, come a noi risulta da fonti certe, in mani dello Stato interessate ad usarli come armi di ricatto e non alla loro divulgazione-, è insorta la Rossanda. A lei il merito di aver irriso ai puri e semplici denegatori del contenuto di questo dossier, da Bertinotti in giù. Sì, ella dice, rapporti di collaborazione informativa, e non solo, e finanziaria c’erano, non ci prendiamo in giro. In un mondo diviso in due campi avversi, ella prosegue, era inevitabile che il PCI giocasse la carta alternativa della potenza più utile alla propria causa. Ma va reso onore a Togliatti di aver usato questa carta per il "socialismo italiano" e non per un sordido servizio a pro di una potenza straniera. Abbiamo anche chiuso volontariamente gli occhi sui crimini dello stalinismo, ma, data la situazione di fatto negli equilibri inter-statali, questo era un passo obbligato. Abbiamo contribuito ad assassinare la vecchia guardia bolscevica, a soffocare le rivolte di Berlino, Budapest e Praga, ma, alla fin fine, abbiamo affermato, nonostante e grazie a ciò, una "sinistra italiana". Ineccepibile come dichiarazione di anticomunismo.

Simili dichiarazioni hanno una loro logica ed una loro "dignità", se vogliamo, borghesi. Molto più al di sotto si collocano le contorsioni di un Cossutta, preoccupato di mostrare di aver le mani pulite da ogni compromissoria subordinazione passata, politica e finanziaria, con Mosca. L’uomo che, in un ultimo sussulto di stalinistica dignità, si era contrapposto allo "strappo" del PCI con Mosca in quanto equivalente ad uno strappo col comunismo, gareggia oggi coi suoi accusatori nel rinnegare ed infangare tutto ciò che possa arieggiare alla parola stessa del comunismo. Se mai il KGB l’avesse dovuto usare, il posto per lui adatto sarebbe stato quello di clown nel Circo di Mosca!

Ma non siamo alla fine. La nuova dirigenza ex-PCI, forgiatasi al tempo dello "strappo" con l’URSS e la definitiva ricucitura con la borghesia italiana, può tranquillamente adire ad una commissione d’inchiesta sul tema presieduta, all’occorrenza, dal gladiatore Cossiga. Essa non ha certamente nulla da nascondere in materia e può rivendicarne il pieno riconoscimento. Siamo arrivati al punto che non è più solo l’amerikano Kossiga a poter vantare i "valori" dell’Occidente e dei suoi gladiatori; il non meno amerikano Veltroni li rivendica apertamente contro l’idea stessa di comunismo, per definizione "incompatibile coi principi di libertà" e, se si vuol parlare di gladiatori, chi meglio del governo D’Alema li ha messi in campo nella guerra contro la Jugoslavia? Avete bisogno di ulteriori prove? Non dubitate, verranno. Caso mai erano le masse ad essere ubriache di "comunismo"; noi le abbiamo disintossicate e lobomotizzate. Onore al merito! Questa e non altra era l’eredità togliattiana che andava spesa, checché ne pensino le Rossande (e su questo Veltroni ha, schifosamente, ragione).

"Ma se dobbiamo indagare sui rapporti tra PCI e KGB indaghiamo allora anche su quelli tra DC e CIA", abbozza qualcuno. Non ce n’è alcun bisogno: siete tutti ormai della stessa pasta.

I proletari degni di questo nome, dinanzi a simili oscene manfrine, ristabiliranno il criterio del ’21: proletariato rivoluzionario internazionale, Internazionale Comunista, un unico esercito inquadrato per un’unitaria lotta socialista internazionale. Abbiamo, in passato, creduto a Mosca? Sì, e ce ne pentiamo non in nome dell’anticomunismo veltroniano e del falso comunismo dell’ex-PCI, ma in quello del comunismo autentico. Ve ne dispiace? Vi seppelliremo tutti!

[che fare 51]  [inizio pagina]