[Home] [che fare 51] [fine pagina]
Gli scioperi e le manifestazioni di lavoratori immigrati impegnati nelle raccolte agricole nel sud Italia, la manifestazione dei lavoratori nigeriani contro lassassinio di un connazionale a Roma, quella dei lavoratori asiatici di cui diamo resoconto nella pagina a fianco, il corteo di Torino degli immigrati islamici, hanno riportato in scena i lavoratori immigrati come protagonisti della propria vicenda. Sono eventi ancora isolati, ma significativi, in cui si cominciano ad affrontare i problemi che si parano innanzi al sempre più necessario percorso di organizzazione del proletariato immigrato. Essi mettono alla prova anche il proletariato bianco, invocandone la scesa in lotta su un terreno autonomo di classe. |
La ripresa diniziativa degli sfruttati immigrati non è nata per caso. Un insieme di eventi interni e internazionali hanno accelerato laggressione alle masse del terzo mondo e ricondotto nelle metropoli le contraddizioni esportate dalla barbarie imperialista. Nello stesso tempo e per gli stessi motivi il disciplinamento interno degli sfruttati immigrati si è fatto più violento anche per paesi come lItalia. È cambiata la condizione degli immigrati presenti da più tempo (con cui limperialismo italiano, nel passato, si premurava in qualche modo di mostrare il suo "volto buono") e, soprattutto, dei "nuovi arrivati", sospinti qui dalle infamità imperialiste degli anni novanta nellEst europeo, in Africa e in Oriente.
[indice] [inizio pagina] [next] [back] [fine pagina]
La repressione e linganno della "sanatoria" in Italia
La recente legislazione e la "sanatoria" varata dal governo DAlema hanno introdotto dei vincoli durissimi e un ricatto permanente nei loro confronti. Il dato saliente delle nuove "regole" è lampia facoltà data alle questure di decidere sulla permanenza degli immigrati. Sono costretti a presentare la prova della loro presenza in Italia prima del varo della sanatoria, un contratto daffitto e un certificato del datore di lavoro. La rivoltante ipocrisia del governo ha indicato in queste norme delle garanzie per gli stessi immigrati che intendono regolarizzarsi. Le circolari ministeriali che hanno seguito la legge di "sanatoria" e loperato pratico delle questure, hanno dimostrato agli immigrati che la stessa promessa di regolarizzazione contenuta nella "sanatoria" non era altro che un inganno. Mentre la legge ha dato via libera alle espulsioni forzate e consentito un clima di continua repressione nei loro confronti, dallaltro ha tentato di dividere gli immigrati fissando il famoso tetto alla concessione dei permessi, ma soprattutto ha sancito, con la legislazione che laccompagna, la perenne precarietà del permesso di soggiorno. Gli immigrati, anche quelli già "sanati", sono costretti a dover fornire certificati che non molti datori di lavoro o proprietari di abitazione intendono rilasciare e di conseguenza sono soggetti al "mercato dei certificati illegali" attraverso cui vengono ulteriormente spolpati, e con cui -soprattutto- vengono resi ancor più deboli e ricattabili dalle questure e dallapparato repressivo.
Il governo, inoltre, ha scientificamente ritardato la concessione dei pur precari permessi di soggiorno, lasciando gli immigrati con la sola ricevuta della domanda dammissione, e questo ritardo ha costituito un ulteriore strumento per tenerli in una condizione di ultra-precarietà. Daltro lato, i recenti accordi di Milano sulla possibilità di assumere senza alcuna garanzia o tutela gli immigrati per periodi brevi, costituiscono lo schema di ciò che si intende per "integrazione" dei più "fortunati regolari" che sfuggono allinferno dei campi di raccolta e dei cantieri edili del centro-sud per essere inseriti nellapparato produttivo "garantito" e in fabbrica. Il caso dei lavoratori del Bangladesh che lavoravano in fabbrica privi anche del diritto alla mensa la dice lunga sulla stessa condizione degli immigrati in fabbrica.
[indice] [inizio pagina] [next] [back] [fine pagina]
Dalla fiducia nell "integrazione"
Gli immigrati in Italia hanno sempre esercitato una pressione per richiedere con la lotta parità di diritti. Per un certo periodo il governo, i partiti della "sinistra" e le organizzazioni sindacali hanno dato una sponda a questa richiesta, a patto che venisse contenuta nel rispetto delle "compatibilità economiche" e politiche del capitale italiano. Le grandi manifestazioni degli anni ottanta venivano organizzate allinsegna dellintegrazione, della società multi-etnica e colorata, e dellillusione residua che si potesse sviluppare una crescita comune e non eccessivamente conflittuale tra sviluppo democratico del capitale, interessi del movimento operaio e quelli dei proletari immigrati (ognuno naturalmente -per i teorici dellintegrazione- doveva restare al proprio posto nella gerarchia imperialista internazionale).
Lepisodio della Pantanella (un edificio disabitato che, a Roma nel 1990, venne occupato e utilizzato come sede di organizzazione da parte di immigrati di diverse nazionalità ) fu anticipatore di come gli immigrati dovevano prendere atto dellinfondatezza di quellillusione e reagire di conseguenza. Nella Pantanella gli immigrati si organizzavano senza chinare la testa e al di fuori degli organismi istituzionali in cui venivano tollerate le loro richieste. Non solo: allinterno delledificio si tenevano riunioni e si viveva un clima di calda partecipazione contro lintervento imperialista in Iraq. La polizia sgombrò il locale e gli immigrati furono lasciati, nei fatti, soli da tutti i partiti, a eccezione della solidarietà nostra e di qualche centro sociale.
Questabbandono è divenuto totale man mano che il capitalismo ha dimostrato che lunica integrazione che può riservare è la sottomissione a colpi di bombe alluranio dei paesi del terzo mondo e lo sfruttamento spietato delle sue masse. La necessità di una permanente organizzazione degli immigrati diviene così più impellente e meno legata a singoli episodi.
[indice] [inizio pagina] [next] [back] [fine pagina]
...alla necessità di auto-organizzarsi
Ciò spiega perché hanno cominciato a prodursi forme di lotta e dorganizzazione degli immigrati su basi del tutto autonome.
Le lotte di cui riferiamo nascono come iniziative organizzate nellambito di comunità nazionali, ma con caratteristiche ben diverse dai precedenti rapporti tra comunità e istituzioni. Queste ultime, nel passato, si sono premurate di concedere qualche sottobriciola alle comunità "amiche", per ottenere consenso e costruire al contempo una gerarchia tra le stesse nazionalità straniere presenti in Italia. Le organizzazioni ufficiali delle comunità divenivano, così, uno degli strumenti per imbrigliare e contenere la rabbia degli immigrati. Oggi, mentre anche le strutture filo-istituzionali delle comunità immigrate più disponibili vengono emarginate dallo stato (o vengono ridotte a una cerchia sempre più ristretta e lontana dalla massa degli immigrati), lo stesso spirito di comunità viene evocato e rivendicato non per chiedere benevola considerazione al governo, ma per salvaguardare dal governo lidentità e le condizioni di vita degli immigrati, richiedendo sempre più spesso, con la lotta, la tutela dei propri diritti, ivi compresi quelli di autonomia politico-religiosa (chador incluso).
La manifestazione dei nigeriani a Roma contro lassassinio delloperaio connazionale alla stazione Termini ha offerto un importante esempio di ciò. Nel corso della commemorazione si è ascoltata la presa datto della fine del rapporto privilegiato tra governo e comunità. Ma si è ascoltata anche la voce di una parte di questa che rivendicava il ricorso alla lotta per imporre i propri bisogni e uscire dalla melma di rapporti istituzioni-membri della comunità, da cui la maggior parte dei nigeriani non ha ottenuto altro se non lacrime, sangue e sfruttamento. Ancor più significativo il percorso avviato dai lavoratori asiatici a Roma.
Le esperienze di lotta e organizzazione degli immigrati non potevano non incrociare le recenti manifestazioni contro il degrado dei quartieri. Proprio il caso degli immigrati asiatici organizzati nel Dhuumcatu a Roma ha messo in rilievo come i lavoratori immigrati possono rispondere in avanti alla contraddizione con i proletari bianchi. Essi hanno cercato di dialogare con il quartiere mettendo in rilievo come:
Una lezione e un invito alla lotta al proletariato bianco
È la strada giusta per superare in avanti sia linconcludente appello allaccoglienza umanitaria alla Rifondazione (umanitarismo fa sempre rima con sciovinismo) sia la critica monca al mondialismo sfruttatore della Lega al Nord e della destra al Centro-Sud.
Ai primi si risponde denunciando il legame tra sfruttamento imperialista e afflusso di manodopera immigrata. Questo è il vero problema che nessuna "politica di accoglienza" può risolvere, ma solo una vera lotta in comune dei lavoratori bianchi e immigrati contro il meccanismo doppressione capitalista.
Ai secondi, e in particolare ai settori proletari della Lega, si illustra come lo sfruttamento mondiale centralizzato dellimperialismo non conosce frontiere e non si può esorcizzare chiedendo allimperialismo stesso e allo stato di cacciare via gli immigrati. Ciò è, innanzitutto, praticamente impossibile, perché le ragioni che spingono gli immigrati in Occidente sono molto più forti di qualsiasi campagna anti-immigrati o legge repressiva. Ma, porta, poi, dritti dritti a dare una mano al governo mondiale del capitalismo che pure si vorrebbe criticare e combattere. Lillusione che si possa contrastarlo con stati autonomi e indipendenti, in cui ciascuno nel ristretto ambito di casa propria rifugga il mondialismo oppressore, non solo è falsa, ma è ciò che conviene di più allimperialismo stesso. Gli immigrati -e noi con loro- invitano, invece, chi vuole battersi realmente e fino in fondo contro lo sfruttamento mondiale del capitale a costruire unaltrettanto solido e organizzato fronte mondiale dei proletari. E questo non si può fare se da un lato si solidarizza, per esempio, con i lavoratori jugoslavi quando sono attaccati in casa propria e dallaltra si rifiuta il sostegno -o peggio- quando lattacco è portato in casa nostra. Loppressione è unica, così come la soluzione.
Queste prime esperienze degli immigrati potranno subire una battuta darresto per le minacce e i colpi della repressione o per le lusinghe di chi li invita a dismettere le armi della lotta per accreditarsi come ligi e rispettosi aspiranti all"integrazione" multicolorata. Ma ciò sarà solo il segno della debolezza e dellarrendevolezza del proletariato bianco e delle sua avanguardie attuali. Noi, scevri da opportunistica accondiscendenza verso ogni scorciatoia, cerchiamo di instaurare un franco dialogo con questi lavoratori e, tenendo ferma la barra della nostra impostazione di classe e internazionalista, da essi andiamo a scuola senza timore di perdere consensi tra di loro per la chiarezza e la coerenza del nostro lavoro. E anche se ciò non bastasse a impedire momentanei arretramenti, nulla toglierebbe agli insegnamenti e al sedimento che queste esperienze lasciano per la ripresa della lotta e dellorganizzazione del proletariato di colore e della classe operaia tutta.
[indice] [inizio pagina] [back] [fine pagina]
Roma, 3 ottobre. I lavoratori asiatici riuniti ed organizzati dal Dhuumcatu, danno vita ad una manifestazione nel centro della città. Nonostante i divieti della polizia e le minacce ai propri dirigenti, la manifestazione è un successo e si conclude con la partecipazione di circa 3000 lavoratori in piazzale Aldo Moro dopo aver percorso le strade del quartiere Esquilino, teatro negli stessi giorni di manifestazioni contro il degrado del quartiere.
Con la loro mobilitazione contro le angherie ed i ricatti subiti dal governo e dai
commissariati di polizia -che negli ultimi mesi hanno inasprito la repressione, aumentato
le espulsioni, le retate anti-immigrati ed hanno bloccato la concessione dei permessi di
soggiorno- essi hanno risposto al tentativo in atto di isolarli e privarli di ogni diritto
per farne manodopera sottopagata e ricattabile. Alzando la testa contro i veri produttori
del degrado (padroni e governo), essi hanno indicato agli stessi lavoratori italiani la
vera strada per combattere il degrado e la concorrenza tra sfruttati. Con la lotta e
lorganizzazione essi lavorano per sottrarre dalla duplice gogna del super-
sfruttamento legale ed illegale (di una malavita organizzata e finanziata dal profitto e
dal capitale) le giovani braccia che si sono levate insieme per rivendicare i propri
diritti.
La nostra organizzazione è stata quasi sola, e di questo non ci rallegriamo, a sostenere
attivamente liniziativa. Dal palco abbiamo ribadito il nostro incondizionato
sostegno alla lotta dei lavoratori immigrati e rinnovato il nostro impegno a sostenerla.
Dopo pochi giorni è arrivata la risposta dello stato italiano che attraverso i commissariati ha denunciato il principale leader dellassociazione con laccusa di aver "diffamato" la questura per le puntuali denunce della repressione e del traffico dei falsi certificati che è fiorito intorno alla "sanatoria". È un attacco a tutti i lavoratori, a cui rispondere rinnovando gli sforzi per allargare la lotta dei lavoratori immigrati e per unirla a quella dei lavoratori italiani.