Andreotti non era colluso con la mafia. Lha sancito il tribunale di Palermo. Dovè andato a parare quel forte bisogno di far giustizia che proprio il proletariato, più dogni altro, avvertì come improcastinabile pochi anni orsono?
Esso fu delegato e canalizzato verso i poteri dello stato, in particolare verso gli "amministratori di giustizia", quei giudici pronti a lucrare (come individui e come corporazione) dalla funzione attribuitagli di "giustizieri". Loperazione fu condotta dalla "sinistra", ma fu vissuta dal proletariato come naturale, non per niente veniva, a sua volta, da decenni di "ammaestramento" (non solo ideologico) sul fatto che la democrazia italiana fosse lo"stato di tutti", di cui anche i lavoratori facevano parte, di cui si sentivano con-primari, anche quando sera allopposizione dei contingenti gestori governativi.
Lo stato italiano, ringranziando per la fiducia accordatagli, ha lasciato che lattenzione proletaria scemasse, logorata dai suoi tempi e dallopera contemporanea di smantellamento della fiducia proletaria nelle proprie forze impulsata da quella stessa "sinistra". Ora, come da copione già scritto, e di cui avevamo fin da subito svelato il contenuto, assolve se stesso.
Intendiamoci, lassoluzione a se stesso non consiste nellassoluzione a questo o quellaltro individuo, per quanto sia -o sia stato- importante. Ogni tanto qualche singolo individuo può anche essere "condannato". Ma, qui lassoluzione riguarda aspetti generali. Non il luciferino individuo Andreotti aveva stipulato un patto con la mafia, ma quel personaggio che per limportanza politica e governativa avuta in circa cinque decenni, finiva con lassurgere a ruolo del più significativo rappresentante della continuità dello stesso stato. Condannare lui era come ammettere (ciò che è assolutamente vero) che lintero stato era -ed è- colluso con la mafia (ed era, anche, come ammettere che la "sinistra" governa, ora, assieme agli stessi artefici di quella collusione per ieri... E per oggi?).
Buone le speranze, ormai, anche per Craxi. Daltronde le forze borghesi nazionali e internazionali che, pur con interessi in parte collidenti, promossero la campagna contro luno e laltro, anche facendo leva sulla sacrosanta rabbia proletaria e popolare, non hanno altro da attendersi dalla loro "persecuzione". Anzi hanno interesse a chiudere il capitolo "tangentopoli" per ridare dellItalia unimmagine di paese compatto e "normale", tanto cara a DAlema per "rilanciare il paese sul piano internazionale", come fu cara a Craxi, che se ne rivendica, proprio in questi giorni, i meriti.
Assolverli o calare una cortina di silenzio sulle loro "malefatte" è il miglior modo, per lo stato, per continuare con tutte le sue "malefatte" contro il proletariato.
Può il proletariato ottenere giustizia contro di esse, continuando ad appellarsi proprio a lui?