Ai lavoratori italiani:
IL NOSTRO NEMICO NON È IL POPOLO SERBO!
È IL GOVERNO D'ALEMA, LO STATO TRICOLORE, LA BORGHESIA ITALIANA!
I lavoratori hanno verso la guerra della NATO atteggiamenti diversificati. Sappiamo
bene che la quasi totalità non è affatto disposta a sottoscrivere le nostre posizioni.
Così come sappiamo bene che tra loro c'è una fetta che è velenosamente a supporto delle
operazioni militari. La maggioranza però nutre sentimenti meno strutturati. La gran parte
dei lavoratori infatti condivide le (false) ragioni umanitarie dell'intervento della NATO,
accetta (passivamente) le operazioni militari con la speranza che esse arrivino a spegnere
il focolaio di tensione acceso a due passi da casa e possano portare qualche beneficio
alla propria condizione. Sì, c'è anche un pò di preoccupazione per i pericolosi
sviluppi che il conflitto potrebbe avere qui da noi in futuro (come se già non ce ne
fossero!): l'augurio tuttavia è che esso rimanga confinato là.
Queste aspettative sono del tutto mal riposte. Ed è bene che i lavoratori se ne accorgano
prima che sia troppo tardi.
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Innanzitutto. È completamente infondata la speranza che l'intervento della NATO possa
spegnere o anche solo circoscrivere il "focolaio d'instabilità" acceso da anni
nei Balcani. I bombardamenti di oggi non sono il primo intervento dei paesi occidentali
nella ex-Jugoslavia. Anche se sotto bandiere ONU, essi hanno già fatto fuoco, hanno già
inviato truppe. Con quali risultati?
Prendiamo il caso della Bosnia. Lì i paesi occidentali hanno detto di esserci andati per
spegnere una miccia, hanno picchiato su chi ne erano considerato responsabile (il popolo
serbo di Bosnia), hanno imposto il loro accordo di pace (Dayton), hanno inviato le loro
truppe a sovrintenderlo (oltre 30mila effettivi!), hanno mandato altri contingenti in
Macedonia e Albania per stendere una rete di protezione tutt'intorno... e qual è stato il
risultato di un tale impegno? Che ora il raggio delle operazioni si è allargato
dalla Bosnia alla Serbia-Montenegro e ai due paesi confinanti dell'Albania e della
Macedonia...
Come mai è successa una cosa del genere? Non certo per imperizia dei governi occidentali.
Non certo perché essi non sappiano come spegnere il fuoco. È successo perché sono
loro i veri incendiari! E lo sono per due motivi. Primo: perché essi sono intervenuti
e stanno intervenendo nei Balcani per schiavizzarne le popolazioni (altro che
diritti delle minoranze nazionali!) e perché questo intervento, nascendo dall'insaziabile
voracità del profitto, chiede sempre nuovi territori da brutalizzare. Secondo: perché
questa aggressione non può che accendere la reazione degli sfruttati
dell'area e così auto-costringersi all'estensione.
In conseguenza di ciò, noi affermiamo: se il governo D'Alema e gli altri governi
occidentali non verranno fermati, faranno esplodere il resto del fosforo che stanno
disseminando nei Balcani. Non si parla forse già del possibile coinvolgimento della
Grecia e della Bulgaria? Riflettiamo poi sulla Russia: col passare degli anni la sua
opposizione agli interventi dei paesi occidentali nei Balcani è andata crescendo. Davanti
all'inevitabile allargamento del conflitto verso sud e verso est, fino a quando Mosca
potrà continuare a limitarsi alle minacce verbali? E a quel punto pensiamo davvero che le
fiamme non oltrepasseranno le acque dell'Adriatico?
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Chi è oppresso e umiliato, prima o poi si ribella!
Ma queste fiamme si dirigono verso di noi anche per altra via.
Lavorano ormai in Europa 15 milioni di arabo-islamici, centinaia di migliaia di slavi, di
curdi. Lavorano qui perché i capitali europei, le forze armate europee, i governi europei
hanno invaso i loro paesi, li hanno ridotti alla fame, vi hanno imposto dei regimi
sanguinarii e li hanno costretti all'emigrazione.
Bene: fino a che punto pensiamo che questi proletari extra-comunitari continueranno a
rimaner "quieti"? Fino a che punto potranno assistere inermi alle infamie e al
saccheggio compiuti nei loro paesi dai gangster del capitalismo occidentale? Quando i
proletari italiani erano sotto il pugno di ferro del fascismo, non lo hanno sopportato per
l'eternità: a un certo punto si sono messi in moto per cambiare la loro condizione.
Perché i proletari immigrati dovrebbero agire diversamente? Perché non dovrebbero
rispondere con la guerra alla guerra che i "nostri" governi stanno portando nei
loro paesi? Stiamone certi: essi lo faranno. E sarà una guerra giusta.
A quel punto i lavoratori italiani non si troveranno più davanti all'alternativa se
rimanere in pace o se entrare in guerra. Essi saranno obbligati a
"scegliere" tra altre due strade. O accetteranno di diventare la carne da
macello con cui il "nostro" governo e i nostri padroni cercheranno di domare la
ribellione dei proletari immigrati. Oppure si schiereranno con i lavoratori
immigrati, con la loro rivolta diretta contro i loro stessi sfruttatori. Nel primo caso
rinsalderanno con le proprie mani le catene dello sfruttamento su tutti i proletari, sugli
immigrati e su se stessi. Nel secondo cominceranno a difendersi come si deve dai colpi del
capitale.
Se questo è il bivio verso cui stiamo andando, i lavoratori italiani hanno interesse, sin
da oggi, sin nel pieno delle operazioni contro la Serbia-Montenegro (e contro l'Iraq!), a rigettare
la campagna d'odio e le discriminazioni in atto ai danni dei lavoratori provenienti
dall'Est e dal Sud del mondo, e a organizzarsi con loro (da fratelli di classe quali
sono) contro la guerra della NATO.
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La guerra accelera la stretta anti-proletaria.
Ci piaccia o meno, la guerra che il governo D'Alema e la NATO esportano nei Balcani è
destinata inevitabilmente ad essere re-importata entro i confini italiani. Così come è
destinato a non rimanere confinato là il pugno di ferro che i paesi imperialisti
cercano di stabilire sui paesi di quest'area. Riflettiamo al proposito su due dati di
fatto.
Sono oramai quasi vent'anni (ricordate la missione nel Libano?) che il governo italiano e
gli altri governi occidentali attuano interventi armati diretti (e non solo per interposta
persona come è successo con la guerra Iran-Iraq) contro i popoli e i proletari dei paesi
del Sud e dell'Est del mondo. Sono vent'anni che cercano di ridurli in catene non solo con
la forza dei ricatti economici ma anche con i bombardieri, le portaerei e le truppe di
pronto intervento.
Nello stesso periodo di tempo, anche i lavoratori italiani (e occidentali in
genere) hanno subito una restrizione degli spazi di agibilità sindacale e politica. Il
diritto di sciopero è stato limato a più riprese, l'ultima volta con l'estensione (a
firma del governo D'Alema) dei poteri repressivi nei confronti dei lavoratori
"indisponibili". Le forze di polizia sono tornate a massaggiare coi manganelli
chi protestava contro il governo italiano: da ultimo è toccato ai disoccupati e agli
allevatori... E sempre per restare alle "gesta" del governo D'Alema: è stato
varato da Diliberto un pacchetto "anti-crimine" che prevede la possibillità di
far intervenire l'esercito in materia di ordine pubblico con un semplice atto
dell'esecutivo: e qual è la vera minaccia all'ordine pubblico borghese se non l'azione
del proletariato per sé, per la difesa dei suoi interessi, per la difesa della sua classe
in Italia e nel mondo?
Perché ricordiamo questi fatti? Per sollecitare i proletari a rendersi conto che il giro
di vite imposto là è corso parallelamente, pur se con modalità diverse, al giro
di vite imposto qua, e che l'una e l'altra operazione hanno al fondo lo stesso autore.
Non è una casuale coincidenza. È l'esemplificazione di una legge politica: la
riuscita dell'aggressione dell'Italia contro l'esterno è garantita solo da un forte
disciplinamento all'interno, da una progressiva militarizzazione di ogni aspetto
della vita sociale di qui. Quello che riportiamo nel riquadro mostra che questa legge
sta operando anche in relazione all'aggressione alla Serbia-Montenegro. E allora: cosa
conviene fare ai lavoratori italiani, farsi intruppare -blindati- dietro il carro del
militarismo italiano per andare a scannare i popoli e i proletari balcanici che esso vuole
schiacciare? Oppure unirsi a questi popoli e a questi proletari per difendersi insieme
contro il comune nemico?
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Il mondo è un sistema di vasi comunicanti, per cui...
Non è vero infine che l'appoggio alla guerra di rapina contro il popolo serbo gioverà
al benessere dei lavoratori o li preserverà dal peggio. Sarà vero il contrario. Non solo
perché qualcuno dovrà pur pagare le spese della guerra (ogni missile cruise, tanto per
dire, costa 1 miliardo!), ma anche e soprattutto per il fine che essa si propone: demolire
tutte le condizioni che intralciano una concorrenza al ribasso tra i proletari dell'Est
e quelli occidentali. Ecco perché l'Armada Occidentale ha la fobia di distruggere gli
stati dell'area balcanica e dell'Oriente; ecco perché non si fa scrupoli di radere al
suolo il loro potenziale industriale: vuole costringere i proletari della ex-Jugoslavia e
dei Balcani (e domani della Russia...) a svendersi a quattro lire ai capitalisti
occidentali.
È inevitabile che tutto ciò si ripercuota negativamente sulla condizione dei lavoratori
italiani, tedeschi, americani, ecc. Non stiamo fantasticando. È quello che è già è
successo in seguito alla disgregazione della Federazione Jugoslavia, alla manomissione
dell'Albania, della Romania... Tant'è vero che gli stessi lavoratori italiani cominciano
a preoccuparsi per i disagi e i contraccolpi che subiscono anche "a causa"
dell'afflusso di manodopera immigrata dall'Est (e dal Sud) del mondo. Ci si vuole
sottrarre al peggioramento delle proprie condizioni di esistenza? Giustissimo. E allora,
tanto per cominciare, anziché appoggiare (più o meno passivamente) l'aggressione
italo-americana alla Serbia-Montenegro, mobilitiamoci per fermarla, e per fermare, con
essa, la manomissione imperialista di tutta la ex-Jugoslavia e degli altri paesi dell'Est.
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Non subordiamo la nostra azione all'emergenza-guerra!
Comunque la si rigiri, quello che vien fuori è che l'appoggio dei proletari italiani
alla guerra di rapina contro la Serbia-Montenegro è nello stesso tempo: 1. legittimazione
dell'omicidio di classe perpetrato ai danni dei lavoratori dei Balcani; 2. legittimazione
del proprio suicidio, come proletari capaci di un'azione autonoma di classe. È l'una e
l'altra cosa insieme perché questa guerra è rivolta non solo contro il popolo serbo e
contro gli altri popoli della ex-Jugoslavia, non solo contro il proletariato balcanico, ma
anche contro il proletariato occidentale. È una e l'altra cosa insieme perché il
proletariato è una classe internazionale. È l'una e l'altra cosa perché nel
capitalismo mondializzato non ci sono dighe che separano quello che accade in un paese da
quello che accade nel resto del mondo. Il che comporta per il proletariato che internazionale
deve essere anche l'ottica e l'azione dei suoi sforzi difensivi. Pena la
loro impotenza e capitolazione davanti alla ruspa dell'imperialismo.
Sì, è vero che grazie al sostegno offerto agli interventi italiani in Libano, nel Golfo,
in Somalia, in Bosnia, in Albania i lavoratori italiani hanno finora limitato il crollo
dei loro consumi, giacché hanno (in decrescente misura) usufruito del bottino rastrellato
dai propri borghesi ai quattro angoli del mondo anche grazie a queste spedizioni
"neo-coloniali". Ma a quale prezzo è stato per ora limitato il peggio? Al
prezzo di aver arato il terreno al crollo, che verrà tutto in una volta, non solo delle
proprie condizioni di vita ma della propria stessa vita. Cosa vogliamo dire con
questo? Che oggi in ballo non c'è più una pacifica competizione con le aziende degli
altri paesi e con i loro proletari: c'è in gioco la rispartizione del mondo,
via-guerra, tra i grandi predoni della terra. Di conseguenza, l'accettazione della
difesa degli interessi della propria azienda e del proprio paese nel mondo porta con sé
l'accettazione di rischiare la propria pelle per andar a conciare quella degli sfruttati
di altre nazioni, di altri continenti. A unico vantaggio dei nostri nemici giurati, che
non sono i serbi, ma i nostri padroni, il nostro governo.
Non facciamoci intruppare in questa camicia di forza! Dichiariamo che l'attacco portato
avanti contro di noi e quello diretto contro i popoli e il proletariato balcanici sono due
facce della stessa medaglia! Opponiamoci all'intervento NATO contro la Serbia-Montenegro!
Opponiamoci con la nostra mobilitazione e la nostra organizzazione alla partecipazione ad
esso del nostro paese, delle nostre forze armate, del nostro imperialismo! Rifiutiamoci di
pagare i costi economici e politici che il governo D'Alema ci chiama ad accollarci per
rendere possibile la conduzione delle operazioni di guerra! Usiamo fino in fondo il potere
che ci viene dal fatto di essere l'unica classe che manda avanti il "paese" e
imponiamo alle nostre direzioni sindacali lo sciopero generale come arma per paralizzare
la macchina bellica italiana! A chi ci dice che i nostri nemici sono i popoli serbo e
balcanici, rispondiamo che il nostro nemico è in casa nostra e che ad esso non intendiamo
concedere alcuna tregua di classe!