[che fare 48]   [fine pagina] 

Questione sessuale

...PER CONQUISTARE UNA GIOIOSA VITA SESSUALE

I nostri articoli sulla questione sessuale hanno destato viva preoccupazione tra alcuni di coloro che ci seguono, più o meno alla distanza.
Non è che, improvvisamente, l’OCI diventi moralista e bacchettona e che sogni di voler impartire, a chi ne condivide le posizioni politiche e di principio, delle lezioni di comportamento, violando, con ciò, la sfera privata delle "singole personalità"?

Passi che questa preoccupazione venga da qualche non inequivocabile parte. Ad esempio da quella specie di suini verticali (e forse solo in parte) che, appropriandosi addirittura del nome di Trotzkij, hanno stabilito che noi siamo inguaribilmente… illiberali (il che è perfettamente vero). Per costoro, il semplice fatto di parlare di "norme secondo natura (sociale)", configurerebbe il reato di lesa libertà individuale. In materia di sesso (e perché non di economia e società?), ogni singolo individuo dovrebbe, per loro, avere il diritto di comportarsi come meglio crede, a seconda dei suoi personali gusti. A questa stregua, anche la pedofilia sarebbe pienamente legittima, col solo limite del "libero consenso" da parte del fanciullo "trotzkisticamente" -ahinoi!- concupito. Così "intende" simile genía la consegna politica marxista dell’esclusione dello Stato dalla sfera individuale! Ma proprio Lenin ammaestra: noi respingiamo la normativa ipocrita dello Stato, col suo codazzo di sanzioni "morali" e legali, nei confronti dell’individuo oppresso e deviato da questa struttura sociale alienante, ma ciò non significa per niente che il partito debba restare indifferente al problema della deviazione o, peggio, che rinunzi a una sua visione della vita secondo natura (umana, sociale). Il diritto d’insorgenza contro lo Stato non è un diritto individuale per variopinti fini di soddisfazione individuale "pluralistica", ma un grido di battaglia contro l’oppressione sociale che crea alienazione, la alimenta e, poi, pretende magari di sanzionarla in base a supposti suoi codici etici.

Non cerchino di barare questi nostri critici: nel caso degli omosessuali, per esempio, noi non siamo affatto per rinchiuderli in campi di concentramento e avviarli alle camere a gas, come essi hanno avuto il coraggio spudorato di scrivere. Al contrario, siamo contro ogni sanzione da parte dello Stato (ivi compreso il futuro Stato proletario) nei loro confronti. Possiamo tranquillamente riconoscere che il legame affettivo tra due omosessuali può essere, nella presente società, più pulito e umano, tra virgolette, di determinati legami eterosessuali "normali" (considerato che è la norma della presente società, che ci fa sommamente schifo perché tutto infetta con la sua "normalità" basata sul mercimonio). Altrettanto inequivocamente ammettiamo il "diritto" dell’omosessuale militante comunista di far parte della sua organizzazione politica di battaglia a pieno titolo, in perfetta fraternità paritaria con i militanti eterosessuali -in ragione, però, di tale militanza, e non in quanto portatore di una "propria" diversità-. Da ciò, e ci torneremo ancora sopra, non ne deriviamo di considerare l’omosessualità un "valore" indifferentemente accanto ad altri. Questa equivalenza può stabilirla solo chi considera le propensioni sessuali individuali valide in virtù del loro essere private, individuali per l’appunto, e non vede -perché non vuole vedere- come qualsivoglia inclinazione personale non sia nient’altro che il frutto di determinanti sociali. Né ci sogniamo di dire che non esistono regole naturali (umane, sociali) dal momento che tutto si risolverebbe nella "libera scelta" individuale. Questa è la visione della fogna liberale che tutto insozza e snatura, a cominciare dallo stesso rapporto eterosessuale, in cui l’uomo, a nostro -marxista- modo di vedere, dovrà, invece, ritrovarsi riscattando la sua naturalità umana, sociale. La "libera" propensione omosessuale è, per noi, tutt’altro che libera e naturale; essa è il risultato di una deviazione indotta dalla società presente, così come da precedenti società di classe del passato. Non la colpevolizziamo affatto, così come non colpevolizziamo l’anormalità patente che si riscontra nei rapporti eterosessuali "normali", ma riteniamo che non troverà spazio nella società umana che propugniamo (e per la quale combattiamo tranquillamente assieme a compagni militanti omosessuali), non perché vietata per decreto, ma perché destinata a scomparire assieme a tutta l’impalcatura innaturale in cui l’uomo è costretto a menare la sua vita nell’attuale società alienante.

Quanto poi al caso pedofilia, va da sé, per noi, che si tratta di un’aberrazione che non può trovare alcun spazio tra le nostre fila, e che saremmo i primi a reprimere da noi stessi tra di esse. La quantità diviene qui qualità, e di pessima marca. Il "libero consenso" del fanciullo è in tutto simile al "libero consenso" per cui il proletario vende la sua forza-lavoro o a quello per cui molte proletarie dell’Ottocento "liberamente" integravano il salario di merda con la prostituzione: è un atto di coercizione cui facilmente si piega il soggetto debole, in questo caso per un pacchetto di "trotzkiste" caramelle o un biglietto per il cinema o i videogiochi. Si tratta di una compravendita in cui il compratore è un lercio borghese che dispone, per l’altrui "consenso", della sola esca danaro, giammai dell’offerta di un paritario, umano, rapporto affettivo reale, cosciente.

Ma, lasciamo da parte simili teorizzatori che elevano l’abbrutimento sociale presente a rango di "pluralità di gusti e diritti" individuali e torniamo alla… normalità.
Dunque, a qualcuno è parso che incliniamo al puritanesimo.
Nessuna preoccupazione. In materia di sessualità noi non siamo affatto astensionisti. Non predichiamo sotto nessuna veste l’astinenza, al contrario. Il fatto, molto semplice, ma incomprensibile per molti infetti da marciume borghese, è che noi lottiamo per una libera e dispiegata sessualità, una sessualità, cioè, che può dispiegarsi solo se liberata dalle costrizioni sotto cui è sommersa nell’attuale società, sia di quelle immediatamente economico-materiali, sia di quelle psicologico-affettive che dalle prime, in ultima istanza, derivano. Siamo ben consapevoli che queste seconde non possono scomparire "automaticamente" con la semplice eliminazione delle prime, e che, di conseguenza, necessita un livello di lotta specifico, sia prima che dopo la presa del potere da parte del proletariato. Non pretendiamo, quindi, di "prefigurarla" qui e subito, entro la società presente, neppure tra di noi, perché ricadremmo nel puro utopismo, che sta al di qua del socialismo e perciò va bollato come tendenza idealistica piccolo-borghese. Ciò che, invece, riteniamo possibile e doveroso è di lottare sin d’ora in coerenza coi nostri fini per tagliare in ogni dove le propaggini delle radici borghesi che ci ammorbano.

Nessuna astinenza, dunque: si è, forse, contro la soddisfazione del cibo se si lotta per non ingurgitare intrugli schifosi e non nutrirsi dal truogolo? Questo, e solo questo, noi diciamo in materia sessuale. Il bisogno di nutrisi, come quello di fare all’amore, è un bisogno perfettamente umano, naturale, ma che va riconquistato alla sua naturalità e questa riconquista può essere unicamente il frutto di un’azione collettiva, di partito, contro tutte le miserie della società presente a cominciare dall’interno stesso dell’organizzazione politica militante.

Noi non ignoriamo i condizionamenti sociali cui possono trovarsi legati anche dei militanti veri e propri, per non dire di chi sta al di fuori dell’organizzazione, e non saremo tanto stolidi da imporre a nessuno, per i motivi anti-utopistici di cui sopra, delle regole di comportamento da vano falansterio. A una cosa non possiamo, però, rinunciare: alla battaglia per l’educazione dei militanti (non solo di casa "propria"), alla battaglia contro la borghesissima concezione che si può essere dei bravi militanti in "politica" (secondo una interpretazione del tutto riduttiva di essa) e sordidi individualisti per tutto il resto, alla battaglia contro chi si affetta "comunista" e si ritiene qui in diritto di "gestirsi" da sé, a seconda dei propri porci (borghesi) comodi "personali" in grado di far da legge in materia. Non riconosciamo ad alcuno di noi il "diritto", dismessi i panni del bravo dr. Jekill militante, di trasformarsi nel mister Hyde che si dà alle libere gozzoviglie del suo ruolo di proprietario d’azienda, o alle "gioie" dell’alcolismo, della droga, delle perversioni sessuali, del farfallonismo erotico nella sua vita "privata". Per il militante non esiste alcuna staccionata privata chiusa all’attività educativa, al controllo, alle sanzioni dell’organizzazione collettiva di partito. La mancanza sistematica, ed elevata a principio, di serietà e coerenza coi principi del comunismo nella vita "privata" non può limitarsi alle mura domestiche (o… extra-domestiche), ma si riflette inevitabilmente dentro l’organizzazione se non affrontata e combattuta a dovere. Lo sforzo di pulizia dalle scorie borghesi dev’essere generale nel militante e da parte dell’organizzazione in tutt’uno con la lotta per distruggere l’intero sistema sociale borghese. Questo sia ben chiaro.

In una fetta del ’68 l’esigenza di vivere onnilateralmente da comunisti autentici fu generosamente avvertita come principio. Venne stravolta, e non poteva essere diversamente visti i presupposti, dalla tendenza a risolversi in una questione individuale di comportamenti "privati". Non a caso il motto era: "Bisogna diventare comunisti nella propria vita privata prima e per poterlo poi essere in quella pubblica". Una volta ancora: idealismo piccolo-borghese, individualista. Noi rovesciamo i termini della questione per riscattare l’esigenza giusta allora emersa, e da sempre presente e attuale tra i comunisti. Il militante si educa non da sé e fuori dall’organizzazione, ma con e dentro di essa. Con la sua attività militante e dentro l’organizzazione impara a essere coerentemente comunista, riplasmandosi, anche in quanto singolo, in quanto elemento sociale, della lotta presente e della società futura, ch’egli può, col partito, antivedere e per la quale, sempre col partito, può combattere. Non angelo, ma essere alienato cosciente della propria alienazione e in grado di superarla nella lotta per il socialismo. Questo il senso richiamato da Bordiga con l’indicazione che nel partito deve realizzarsi un "ambiente ferocemente antiborghese" da ogni lato (e non solo da quello economicista contro i "padroni").

È questa una "limitazione" dell’individuo e delle sue "libere pulsioni"? Al contrario, si tratta di un riscatto della socialità, della naturalità umana, come si esprime Marx, cui ogni autentico militante aspira e a cui perviene con gioia. O, altrimenti, la stessa militanza "politica-politica" non è che un vuoto orpello di cui prima o poi si sentirà di doversi liberare per "ritornare a se stessi", alla propria privata e meschina "libera individualità". Gioia della militanza e, in essa, della riconquista di una dimensione umana in grado di trasmettersi in ogni fibra del proprio essere. Anche e proprio nella sfera più intima della gioia sessuale.

[che fare 48]  [inizio pagina]