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Recensioni ed informazioni editoriali

J. Diamond, Armi, acciaio e malattie
Einaudi, 1998, £. 38.000

Quella di Diamond è una ricerca storica di grande importanza sulla preistoria umana. In aperta polemica con le teorie razziste e i sentimenti "privati" razzisti stradominanti nel mondo occidentale, vi si sostiene che le differenti evoluzioni dei "popoli" sono state dovute per intero, dalla notte dei tempi, a "differenze ambientali, e non biologiche".

Il nocciolo dell’opera, che attinge ad un vasto arco di conoscenze, riguarda la lunghissima e complicata transizione del genere umano dallo stadio della caccia-e-raccolta all’avvento della agricoltura. Attraverso una disamina per davvero avvincente, Diamond passa in rassegna i fattori "ambientali" che sono stati a suo avviso determinanti per l’evoluzione umana nei suoi stadi primordiali: l’abbondanza, o scarsità, di specie animali e vegetali adatte per la domesticazione; la maggiore, o minore, possibilità di spostamento delle piante e degli animali; il netto vantaggio, in proposito, del bi-continente disposto secondo l’asse ovest-est (Eurasia) rispetto a quelli disposti secondo l’asse nord-sud (Africa, Americhe), e delle aree continentali contigue rispetto ai continenti o ai mondi isolati (Australia, Nuova Guinea); l’entità della popolazione che ha premiato i continenti più vasti e/o più popolosi che disponevano potenzialmente di "più inventori e invenzioni".

Per Diamond l’accumularsi nel tempo degli effetti di questi fattori, dovuti a "differenze geografiche che possono essere quantificate oggettivamente e non sono opinabili", è sufficiente a spiegare perché le popolazioni dell’area euro-asiatica furono le protagoniste della prima, grande rivoluzione tecnica e sociale sperimentata dal genere umano: l’agricoltura. E perché acquisirono, su questa base, un grande vantaggio nel cammino alla divisione sociale del lavoro, alla lingua scritta, alla tecnica dei metalli, all’organizzazione politica-statale, nonché al controllo delle malattie epidemiche (ed al loro uso coloniale)...

Armi, acciaio e malattie è uno studio di impianto materialista che va a confermare in pieno la classica opera di Engels su L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato, e per certi versi la va ad integrare (solo per quello che attiene all’ambiente naturale) con gli apporti di ulteriori ricerche archeologiche, bio-geografiche, etnologiche, linguistiche, etc. E’ questa la ragione per cui lo segnaliamo.

Bisogna dire però che quello di Diamond è un materialismo incompleto (anche per quel che riguarda la stessa preistoria), un materialismo largamente esposto al naturalismo, a misura che si concentra quasi esclusivamente sui fattori bio-geografici, senza tener adeguatamente in conto né l’evoluzione dei rapporti sociali, né la progressiva produzione di un "secondo" ambiente "artificiale" da parte dell’uomo stesso. Tuttavia anche sul versante dei rapporti sociali non mancano in questo libro passaggi significativi: per tutti, il cap. XIV, nel quale correttamente si associa la nascita del potere politico separato dalla società alla fine dell’eguaglianza originaria, alla nascita di una classe di individui non specializzati nella produzione di cibo, e quindi alla nascita delle classi in generale, all’avvento della cleptocrazia ed alla comparsa della religione come legittimazione della cleptocrazia (che è da sempre appropriazione privata di lavoro sociale)..., tutto come da marxismo classico.

Non pretenderemo da Diamond, che ne è costituzionalmente incapace, e che più si allontana dalla preistoria più tende a formulare giudizi semplicistici od errati, che applichi i criteri storici-materialisti di indagine al mondo contemporaneo ed identifichi nel capitalismo la più alta e raffinata organizzazione cleptocratica di tutti i tempi, e nella selvaggia religione del profitto e della concorrenza (della guerra) la sua adeguata forma di legittimazione, né che egli sappia comprendere e spiegare la necessaria transitorietà storica del capitalismo, "né più né meno" che di ogni altra forma economico-sociale ancor più primitiva. Questo è affar nostro. Ci piace registrare, invece, come un secolo di ricerche multilaterali sulle forme primitive di vita sociale e sulla loro evoluzione attribuisca al nostro partito una completa vittoria teorica su ogni specie di spiritualismo e di soggettivismo, che non è certo limitata al passato (quando si parla della storia dell’uomo primitivo è comunque della storia dell’uomo in generale che si parla anche). Oggi come ieri, il marxismo rivoluzionario non ha nulla da temere, anzi ha tutto da guadagnare, dagli apporti di una scienza degna di questo nome. Il guaio è che essa è sempre più rara.

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