Mentre in tutta Italia montava la canea reazionaria e razzista contro i proletari immigrati , la nostra organizzazione ha convocato, il 23 gennaio, a Roma unassemblea pubblica in cui ha chiamato i lavoratori italiani e quelli extracomunitari a dibattere e a confrontarsi comunemente sulla situazione politica interna e internazionale e sulle prospettive complessive dello scontro di classe. Contro laggressione imperialista al popolo irakeno e allinsieme delle masse arabo-islamiche, contro lintervento occidentale nel Kosovo e in tutta lex-Jugoslavia, a fianco dei lavoratori immigrati, per lunità tra la classe operaia metropolitana e le masse oppresse di tutto il Sud del mondo: queste le parole dordine su cui si è imperniata liniziativa.
Lassemblea è stata propagandata tanto dinanzi le fabbriche quanto in tutti i luoghi di ritrovo degli immigrati. Manifesti e volantini in più lingue (arabo, italiano, inglese) sono stati affissi e distribuiti presso la moschea islamica, nei quartieri maggiormente frequentati dagli immigrati e in ogni altra occasione in cui si è data la possibilità di "toccare" i lavoratori extracomunitari. Particolarmente positiva è stata laccoglienza ricevuta dalla nostra azione di propaganda durante lattacchinaggio nel quartiere Esquilino, dove decine di lavoratori asiatici si sono fermati a discutere con noi e tra di loro circa il contenuto del nostro manifesto. Altrettanto significativa è stata lattenzione suscitata dal nostro intervento tra le centinaia di lavoratori immigrati che hanno preso parte alla manifestazione romana contro i centri di detenzione per extracomunitari.
Allassemblea hanno partecipato proletari arabi, pakistani, del Bangladesh e dello Sri Lanka. Dopo due interventi introduttivi (uno in italiano, laltro in inglese) tenuti da nostri compagni si è aperto il dibattito, che è stato molto partecipato. I lavoratori immigrati presenti hanno ripetutamente preso la parola non "limitandosi" a denunciare lo stato di super-sfruttamento e di oppressione cui sono sottoposti, ma entrando con vigore e decisione nel merito di tutte le questioni allordine del giorno. Un lavoratore del Bangladesh dopo aver attaccato la legge Turco-Napolitano ha detto: " Noi lavoratori immigrati vogliamo e dobbiamo organizzarci, lo stiamo facendo, ma abbiamo bisogno dellaiuto dei lavoratori italiani. Solo se saremo uniti potremo vincere". Gli ha fatto eco un immigrato dello Sri Lanka che, nonostante le difficoltà linguistiche, ha espresso con estrema chiarezza la realtà delloppressione imperialista: "Ci accusano di violentare le donne bianche, ma i veri violentatori sono gli occidentali che prima con il colonialismo e adesso, ancor peggio, con le multinazionali del turismo sessuale, organizzano lo stupro di massa delle donne e dei bambini del Terzo Mondo. I padroni trattano meglio i loro cani che noi lavoratori extracomunitari, tutta la propaganda contro di noi serve a impedire che la classe operaia italiana si avvicini a noi e serve anche a dividerci al nostro interno. Dobbiamo iniziare a rispondere uniti, tutti insieme".
Lassemblea si è protratta per circa tre ore ed ha rappresentato un, forse, "piccolo", ma importante momento di denuncia dellimperialismo occidentale e italiano, in cui militanti proletari "bianchi", asiatici e africani si sono confrontati apertamente in un fraterno e franco spirito di classe.
Il rifiuto di ogni atteggiamento trionfalistico è un dato caratteristico della nostra organizzazione, ma ciò non deve e non può portarci a sottacere che iniziative come quella sopra descritta si inseriscono a pieno nella strada da percorrere per riconquistare a scala internazionale il partito di classe. Un partito che vedrà accomunati, intorno al programma del comunismo, i proletari di ogni razza e colore.