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Riforma Berlinguer

CONTRO LA SCUOLA DI CLASSE, PRIVATA E PUBBLICA!

Indice

La nostra organizzazione è intervenuta alla manifestazione nazionale degli studenti del 19 dicembre ’98, con un proprio volantino, per rimarcare come la legittima mobilitazione degli studenti contro il tentativo di rendere l’istruzione ancora più selettiva e classista non possa trovare una soluzione "statalista".

Invocare "Più Stato e Meno Chiesa", il leit-motiv dei promotori della manifestazione, non solo contribuisce a nascondere che è proprio lo Stato l’organo di classe (borghese) attraverso cui si cerca di portare avanti quest’ulteriore attacco antiproletario, ma anche la "sirena" dietro il cui canto si rincoglioniscono (perdonateci il termine) anche le energie proletarie più sane.

E infatti, negli stessi giorni, l’Occidente lanciava l’ennesima aggressione alle masse irachene, un attacco materialmente sferrato solo dagli USA e dall’Inghilterra, ma sostanzialmente condotto in nome degli interessi complessivi dell’imperialismo in Medio Oriente. Ebbene, nella manifestazione del 19.12 che invocava uno "Stato più forte" (nella difesa della cosiddetta "istruzione pubblica") contro la potenziale trascrescenza della "scuola privata", si finiva con il non vedere che proprio quello Stato era stato in prima fila nell’affamare con l’embargo il popolo iracheno, che proprio quello Stato dissentiva formalmente dall’ultima aggressione americana all’Iraq solo perché non convinto - questa volta - fino in fondo dei suoi dividendi, che proprio quello Stato era lo stesso che, questa estate, aveva rinchiuso nei lager di "prima accoglienza" quegli stessi iracheni sulla cui sorte - come il coccodrillo - fa finta oggi di preoccuparsi. Conseguentemente, quindi, pochissime voci, nella manifestazione, si sono levate contro i concomitanti bombardamenti all’Iraq. Ed è per questo che siamo intervenuti nella manifestazione non solo con un volantone sulla scuola che riportiamo in questa pagina quasi integralmente, ma anche con un volantino contro l’aggressione all’Iraq e con numerosi striscioni affissi durante il corteo.

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La parità è una balla!

Una delle balle più gigantesche che ha accompagnato i giovani delle passate e recenti generazioni è quella secondo la quale la scuola (e lo Stato) diano a tutti la possibilità di accedere al sapere, alla cultura necessari per "imporsi" nella società. Nulla di più falso ed insulso. Anche in tempi del recente passato, quando maggiormente era in auge la pratica del sostegno pubblico all’istruzione, quando le statistiche indicavano una percentuale maggiore di giovani proletari giunti alla fine degli studi che contano (università), la scuola non ha fatto altro che selezionare e coltivare le differenze di classe esistenti nella società. Poteva essere altrimenti ?

Il sacro diritto all’istruzione, sancito dalla carta costituzionale, ed a cui si genuflette religiosamente la cultura laica, è quotidianamente smentito dai fatti. Appena fuori dal portone del "tempio del sapere" ogni giovane potrà verificare quanto siano la disponibilità economica, i mezzi e le risorse collegate alla posizione di classe, a determinare infine la reale possibilità di accedere e completare gli studi che contano. Un’occhiata a questi brani tratti dal resoconto del Censis in epoca pre-riforma (1995) convincerà forse anche chi non è mai passato dalle parti di un quartiere proletario. "Il sistema formativo tende a marginalizzare puntualmente le categorie che hanno minore capacità di fruire le risorse disponibili (...) E tale selezione dei percorsi formativi non è un processo qualitativo e meritocratico ma piuttosto un processo che tende a riprodurre le condizioni di appartenenza territoriali e sociali iniziali (...). In generale, su 100 figli di operai solo 1,4 arriva alla laurea e 33 al diploma, mentre su 100 figli di imprenditori 6 si laureano e 57,4 arrivano al diploma".

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Il vero contenuto della riforma Berlinguer

Il governo D’Alema, quindi, non inventa niente, quando progetta una "scuola statale" più leggera e più spazio al privato nell’istruzione: ribadisce e adegua ai tempi la realtà di classe che si nascondeva e si nasconde dietro la scuola pubblica. Con coerenza borghese egli formalmente sancisce la teorica possibilità che tutti hanno di studiare e ci spiega che finanziare i libri di testo anche a coloro che intendono accedere allo studio privato è una semplice estensione del diritto di tutti i cittadini all’istruzione. Naturalmente, uscendo dall’ingannevole trucco del diritto, ogni studente non troppo rimbambito dal sapere della scuola pubblica, si rende conto che la formale possibilità di tutti di scegliere tra scuola privata e sempre più fatiscente scuola pubblica non vale un fico secco per chi non ha i soldi per permettersi la scelta. Come qualche studente ha prontamente rilevato, gli ultimi provvedimenti in favore del finanziamento alla scuola privata danno maggiori possibilità a "chi già ha" mentre ne tolgono "a chi non ha mai avuto". Il quadro che si prospetta dunque è quello di una scuola sempre più simile a quella di paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, dove viene riservata al proletariato una scuola infernale e alle classi agiate, invece, un elitario, pragmatico ed efficiente sistema formativo imperniato su selezionati istituti pubblici e privati.

La riforma ed i provvedimenti collegati, in realtà, raccolgono l’esigenza dettata dal mercato e dalla borghesia di tagliare le spese "inutili" per formare le classi sociali al destino futuro che le aspetta. In buona sostanza, che l’area di parcheggio per la formazione della futura classe lavoratrice, ciò che è sempre stata la cosiddetta scuola pubblica, si adegui al ruolo che le compete, con tempi e spese più consoni all’obiettivo di produrre manodopera a basso costo da immolare alla produttività, alla flessibilità del mercato e dei profitti delle classi dirigenti. Ecco il vero contenuto della riforma scolastica.

Se tale è l’obiettivo della riforma, appare del tutto fuori luogo il presunto orientamento "non politico" che sembra prender piede nell’attuale movimento. Si tratta di un ben noto motivetto che vorrebbe ridurre la protesta contro "l’ingiustizia scolastica" ad una mera parata che si astenga dal combattere gli interessi di sfruttamento extra-scolastici che la determinano e le istituzioni e le forze politiche che se ne fanno portatrici.

La politica non si infila di nascosto dall’esterno della scuola. Essa vi è da sempre (come è presente nell’insieme della società, di cui la scuola è un semplice tassello), sotto l’aspetto della struttura, delle finalità, del modo di funzionamento che la scuola di Stato si dà. Quando si parla di preparazione professionale per il lavoro del domani, di contenuti e forme dello studio, di selettività, crediti e debiti scolastici, per finire con i costi materiali da distribuire sugli "utenti", si fa una determinata politica. Ed è una politica borghese, funzionale al mantenimento e al rafforzamento degli interessi e dell’ordine discriminatorio e di classe vigente.

I provvedimenti selettivi adottati nella scuola fanno parte di un attacco più generale che in nome della competitività e del profitto sta smantellando i diritti dei lavoratori, eliminando tutte le regole dal mercato del lavoro, instillando la competizione e la divisione tra lavoratori occupati e disoccupati, immigrati e precari. In nome degli stessi interessi si schierano truppe e si attaccano paesi come l’Iraq colpevoli di non allinearsi ai diktat dei paesi imperialisti che li sfruttano.

Possono i giovani nella loro protesta ignorare che la politica che si sta facendo nella scuola è solo una parte di questo attacco generale?

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Combattere l’intero impianto politico della riforma

Se dunque la lotta alla riforma non può essere svincolata da tutto il resto, la critica ad essa deve andare oltre il rifiuto della selettività ed individuare gli altri aspetti del progetto di ristrutturazione scolastica. Adeguare l’intero sistema scolastico alle esigenze attuali della borghesia non vuol dire solo discriminare economicamente gli studenti, ma riorganizzare la stessa formazione e lo stesso meccanismo di controllo sociale e politico dell’istituzione scuola.

Le linee di indirizzo della riforma toccano infatti tutti gli ambiti della struttura scolastica e sono funzionali a:

– scaricare i costi sui lavoratori con l’autonomia finanziaria; l’"autonomia" ha anche il compito di scatenare la competizione fra scuole, fra lavoratori, favorendo la divisione materiale e politica dei giovani che scendono in lotta per rivendicare i propri diritti;

adeguare la didattica in senso più pratico, più legata alle esigenze del "territorio"(ossia ai bisogni delle aziende) ed al servizio delle necessità del mercato del lavoro che richiede una manodopera più flessibile e meno esigente, senza tanti "grilli" per la testa;

verticalizzare ancora di più i rapporti all’interno della struttura scolastica tramite l’autoritarismo delle gerarchie istituzionali e dei capi di istituto nei confronti di insegnanti e alunni; autoritarismo necessario per adeguarsi velocemente, e con precisione, alle scelte che la borghesia deve seguire per essere aggressivi nel mercato e a livello politico e militare.

formare sempre più i futuri lavoratori al rispetto della proprietà privata, delle leggi che la difendono, e alla disciplina necessaria all’ubbidienza e alla sottomissione nei posti di lavoro come nelle spedizioni militari di cui, non lo si nasconde, ci sarà sempre più bisogno per il capitale nazionale e uno Stato forte e competitivo.

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Contro il sapere di classe, contro il capitalismo

Schierarsi contro l’impianto politico della riforma, riconoscendone il contenuto generale di classe, vuol dire però indirizzare le batterie della protesta anche contro l’illusoria aspettativa che si possa fare della scuola statale un’isola felice, accettandone il ruolo ed i contenuti di classe, e di conseguenza accettando il sistema di sfruttamento che la produce. Ammesso e non concesso che si possa ottenere una scuola in cui tutti possono studiare, quale risultato avremmo ricavato se non quello di consentire a qualche isolato studente proletario di accedere ai piani alti del sistema di sfruttamento che ne schiaccia milioni? La rivendicazione del diritto al sapere per tutti non può essere disgiunta dalla critica e dalla lotta alle istituzioni ed ai valori che perpetuano lo sfruttamento. Il sapere, che si vorrebbe neutro ed a disposizione di tutti, non solo non garantisce pane a tutti, ma è esso stesso uno strumento ad uso e consumo della borghesia ed un mezzo attraverso cui si perpetua il suo dominio. L’acquisizione delle informazioni e della cultura è in questa società finalizzato a conquistare una posizione di privilegio ed alla accumulazione di profitti. Più il singolo individuo sa, più questo sapere è utilizzato per rendere la propria posizione profittevole nei riguardi dell’altro. Più la tecnologia, la scienza, si evolvono più questa evoluzione si volge in favore della classe che detiene le redini del potere e ai danni del proletariato. Il sapere non è dunque neutro e tantomeno rivolto al progresso sociale. La scuola di Stato non fa che riprodurre questo contenuto privato ed anti-sociale della cultura, ne è anzi lo strumento principale di affermazione.

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Scuola laica contro scuola clericale?

Per questo motivo l’esaltazione della scuola statale contro quella clericale, non solo non coglie il vero contenuto dello scontro, ma si allinea all’esaltazione dei valori e dei contenuti borghesi dei fautori della riforma. Il quotidiano "il manifesto" insieme alla Cgil e al Partito della Rifondazione Comunista, nel fare appello ad una maggiore presenza dello Stato da contrapporre alla scuola oscurantista "clericale" si sono, quindi, affidati a dei campioni di laicismo che hanno stilato un manifesto in cui chiamano cittadini, politici, sindacati, amministratori, studenti etc. a prendere una posizione statalista borghese. Ci dice niente il fatto che i primi firmatari siano proprio Giorgio Bocca e Paolo Sylos Labini, sponsor instancabili della flessibilità lavorativa e delle ragioni capitalistiche? L’ideologismo statalista non ha niente di meno di reazionario del moderno clericalismo cattolico che ben difende gli interessi borghesi (altro che oscurantismo medievale!). I laici si scagliano "contro ogni integralismo ideologico e religioso", per affermare un unico integralismo, quello dello Stato, per sostenere mercato, flessibilità e sottomissione all’interesse privato in modo "ateo", impartendo la stessa ideologia della sottomissione e della passività che si vorrebbe contestare alla scuola privata.

Il reale campo su cui schierarsi per contrastare l’attacco che il governo D’Alema fa agli interessi dei lavoratori e dei giovani figli dei proletari è sì contro il taglio alle spese scolastiche e sociali in generale, e contro il finanziamento diretto e indiretto del profitto, ma deve essere pure contro lo Stato e le sue istituzioni che difendono pienamente questi interessi borghesi.

Combattere i tagli e il finanziamento della scuola privata vuol dire prendere in consegna la necessità di affrontare la logica complessiva che li partorisce, e quindi estendere la protesta e la critica all’intera politica di difesa dei valori e delle compatibilità capitalistiche.

Occorre contrastare la politica del governo D’Alema portando avanti una propria politica, contro la selezione di classe, contro il carattere antiumano e alienante della scuola statale.

Portare avanti la propria politica di classe, rivolgendosi ai lavoratori, alla classe che subisce in prima persona lo sfruttamento capitalistico e che nella sua lotta e con la sua organizzazione può portare avanti l’alternativa, la cultura di classe contrapposta, in grado di combattere l’oppressione capitalistica.

"Educazione popolare uguale per tutti? Che cosa ci si immagina con queste parole? Si crede forse che nella società odierna (e solo di essa si tratta) l'educazione possa essere uguale per tutte le classi? È assolutamente da respingere una 'educazione popolare da parte dello Stato'. Fissare con una legge generale i mezzi delle scuole elementari, la qualifica del personale insegnante, i rami d'insegnamento, ecc., e, come accade negli Stati Uniti, sorvegliare per mezzo di ispettori dello Stato l'adempimento di queste prescrizioni legali, è qualcosa di affatto diverso dal nominare lo Stato educatore del popolo! Sono invece da escludere tanto il governo che la Chiesa da ogni influenza nella scuola. Nel Reich prussiano-tedesco (e non si ricorra alla magra scusa di dire che si parla di uno "Stato futuro") è lo Stato, al contrario, che ha bisogno di un'assai rude educazione da parte del popolo". (Marx, Critica al Programma di Gotha, Editori Riuniti, 1976, pp. 46-47)

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