Non erano un milione i giovani neri in piazza a New York lo scorso 5 settembre. Tanto è bastato a far dire alla stampa: la dimostrazione è fallita. Ma per gli organizzatori quel numero non era atteso per quel giorno, è solo il simbolo per richiamarsi alla manifestazione del 95, nel suo significato di recupero dellorgoglio di razza anche da parte dei giovani neri, e un obiettivo da raggiungere. "Potere nero entro il 2000" diceva, infatti, il loro manifesto.
Poche o tante migliaia che fossero i partecipanti, il significato è chiaro. Tra gli africano-americani è ripartito un processo di ricostruzione delle propria identità di razza, di cui la manifestazione del 95 rappresentò un passaggio. Ma quellevento richiamava e lasciava irrisolto un problema di fondo: a che serve rivendicare il proprio orgoglio di razza? Per ottenere dai bianchi il permesso di accedere ai piani alti del loro sistema sociale ed economico? Ma questultimo ha dato prove incontrovertibili di riconoscere i neri americani solo in quanto razza inferiore e, quindi, serbatoio della manodopera più ricattata e sfruttata. Il sogno dellintegrazione ha già rivelato la sua misera realizzazione: solo una minoranza dei neri si è integrata, accolta nella middle class, la massa rimane nelle condizioni di oppressione di sempre, resa ancora più esplicita dalla riduzione dei programmi di "assistenza", quei programmi che, mentre "alleviano" superficialmente alcuni dei problemi di una parte della comunità, rendono, però, i neri dipendenti dalla beneficenza che lo stato gli fa sotto condizione che rinunciano allidentità di razza e, di conseguenza, a lottare contro lui, quale strumento della loro emarginazione e sfruttamento.
Lorgoglio di razza e la dignità di uomini possono essere rivendicati solo contrapponendoli al sistema che li nega, nei fatti oltre che nelle paludate parole. Se non si ingaggia una lotta aperta contro di esso, la loro agitazione è illusoria e finisce con laiutarlo a perpetuarsi. La risposta di Farrakhan e della sua Nation of Islam inclina, oggettivamente, verso questa conclusione. I giovani convenuti a New York mostrano di percepirlo e di voler riprendere dalla storia della lotta della propria razza quelle risposte che, invece, davano una soluzione coerente al problema. Sia quanto brillavano per chiarezza, combattività e lucidità di prospettiva (Malcolm X), sia quanto di tali pregi avevano solo lo spirito di combattività (Black Panthers).
La spinta al recupero dellanti-integrazionismo è, al di là della dimensione numerica e della qualità politica degli attuali interpreti, fortemente significativo. Basterebbe, per ciò, misurare il livello di preoccupazione della borghesia americana. Il sindaco di New York ha fatto il possibile per far fallire quella che chiamava "marcia dellodio", prima con divieti, poi provocando scontri mentre il corteo iniziava a sciogliersi. La borghesia e i suoi difensori sono colti dal terrore al solo annuncio che tra i neri americani si discuta di strategie di lotta più radicali di quelle propugnate dagli esponenti neri accreditati dallestablishment. Costoro, per farsi rinnovare il credito, hanno organizzato una contro-manifestazione ad Atlanta, dove si è inneggiato alle virtù della "non-violenza". Promotori erano le organizzazioni dei "diritti civili", il sindacato AFL, il campione di Clinton tra i neri, Jesse Jackson, e quel Farrakhan che solo tre anni fa era stato additato come il fomentatore dellodio anti-bianchi, anti-ebrei, anti-gay, anti-donne. Ora, le stesse accuse si scaricano contro il principale organizzatore della marcia del 5 settembre, Khalid Muhammad. Non è semplice ironia, è la dimostrazione che i conti con la coerenza dei presunti leaders li si fa a condizione di scendere sul terreno delliniziativa e della lotta, affrontando, nel suo vivo, tutti i problemi posti dallobiettivo di riscatto e liberazione dalloppressione, di razza e di classe, dei neri americani, riacquisendo, così, anche le punte più coerenti dellelaborazione politica che la lunga storia delle loro lotte ha prodotto.