Dal Giappone e dal sud-est asiatico al Medio Oriente, dalla Russia allAmerica Latina passando per lottovolante mozzafiato delle borse euro-statunitensi, quello cha va in onda in diretta è lo spettacolo dellanarchia capitalistica planetaria.
"Troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio", e insieme troppa barbarie, troppa fame, troppa disoccupazione, troppe diseguaglianze, troppi conflitti... Preso nella morsa dei suoi irrisolvibili antagonismi, il sistema capitalistico compie un altro passo verso la sua crisi generale.
Davanti a questo crescente disordine, dopo anni di sbornie ultra-liberiste circa le miracolose qualità salvifiche del libero mercato, si comincia a "riscoprire", da parte delle borghesie, la necessità di "interventi regolatori". Si comincia a "riscoprire", cioè, lo stato. E, in effetti, la perpetuazione forzata di un ordine sociale ormai decrepito (per questo sempre più caotico) è affidata più che mai al binomio capitale-stato, non alla "semplice" spontaneità del mercato.
Ma gli stati capitalistici non possono né frenare, né (tanto meno) invertire il cammino verso lincontrollabile esplosione degli antagonismi del capitalismo. Possono solo "regolare" il conflitto di classe incanalandolo e irregimentandolo nei fetentissimi, reazionari blocchi nazionali, in vista dellunica soluzione "finale" che il capitalismo sa e può dare alle proprie crisi storiche: la guerra tra capitalismi, la guerra tra proletari. Proprio questo (bellico) fu il reale approdo delle politiche "regolazioniste" del passato, falsamente contrapposte tra loro, del keynesismo e del nazi-fascismo (e, per altro verso, dello stesso stalinismo).
Si sta marciando, di nuovo, alla lontana, nella medesima direzione, per entro le politiche neo-corporative di concertazione tanto care a uno squallido sotto-riformismo che sempre più si identifica, nella sua deriva, con il "buon funzionamento" del mercato, con lo stato del capitale, con il capitalismo ora e sempre (salvo cercare di limare un po i costi per i lavoratori).
Ecco perchè poca cosa sarebbe, e per il proletariato tragicamente perdente, limitarsi a denunziare i nuovi sacrifici materiali che la crescente anarchia delleconomia mondiale porterà con sé, senza denunziare e lottare contestualmente, in modo intransigente, tutte le politiche che mirano al compattamento nazionalistico (o micro-nazionalistico) e sciovinistico, senza spezzare le catene dei nuovi "blocchi" demo-nazionali in gestazione, senza lavorare a far riconquistare al proletariato quella autonomia programmatica, politica e organizzativa dal capitale e dallo stato che da troppo tempo ha perduto. E qui che passa lo spartiacque tra le forze, anche di "sinistra" e perfino di sinistra "estrema", che concorrono con tutte le altre forze borghesi a preparare una nuova Bosnia universale, e le forze coerentemente marxiste, come lOCI, che sono impegnate a preparare, dalla lontana, un nuovo Ottobre universale.