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CONTRO LE BASI MILITARI USA, CONTRO
LE "NOSTRE" BASI MILITARI UNA SOLA BASE MILITARE:
QUELLA DEL PROLETARIATO MONDIALE!

Indice

Stoppati gli USA, non l’imperialismo

I Balilla della patria imperialista

Extracomunitari da colonizzare o fratelli di classe?

Universalismo cattolico e internazionalismo comunista

Che cos’è che ha impedito agli USA di replicare il suo Restore Hope contro l’Iraq? Essenzialmente due fattori: l’esplicitarsi dei crescenti contrasti tra gli altri centri del capitale mondiale, ognuno dotato di specifici e robusti appetiti, e gli interessi statunitensi, troppo imperialisti anche nei riguardi... degli altri imperialisti; il progressivo venir meno della "solidarietà" o dell’acquiescenza agli USA di una serie di paesi arabi in zona per operazioni di killeraggio ad uso Washington contro popoli "fratelli".
Entrambi questi dati ci stanno bene.

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Stoppati gli USA, non l’imperialismo

L’esplodere dei conflitti inter-imperialistici non è sinonimo di ripresa del conflitto internazionale di classe, epperò è vitale per la ripresa di quest’ultimo che venga meno la cappa di piombo della tranquilla e "fraterna" dominazione imperialista (per quanto, sempre, combinata e diseguale essa stessa) sui paesi dominati o controllati della ognor più estesa "periferia" (e, ormai, dello stesso... semicentro "periferico") mondiale. L’Europa 1998 non è quella della trascorsa Guerra del Golfo, né, soprattutto, lo sono la Russia e la Cina. Ora, è scontato che il proletariato di questi paesi possa esser tirato alla coda dell’autonomia imperialista di questi paesi nella contestazione dell’imperialismo USA, e già gli addetti sono all’opera a tal fine (anche a "sinistra"), ma è altrettanto vero che la fine del coro a bacchetta del direttore d’orchestra USA apre delle maggiori possibilità nel nostro senso. Che le acque dello stagno si muovano è anche per noi essenziale.

Il cauto, ma non per questo meno visibile, sganciamento dei paesi arabi infeudati agli USA dalla trista incombenza omicida antiaraba (un vero e proprio harakiri a pagamento!) suona ancor più promettente, in quanto portato non solo e non tanto di ritrovate velleità capitalistiche o sub-imperialiste regionali, ma della pressione anti-imperialista delle masse arabo-islamiche. Non dovrebbe esser difficile comprendere come mai dei paesi reazionari come l’Arabia Saudita e persino, in qualche modo, il Kuwait si siano dovuti, in quest’occasione, sottrarre al fischio di richiamo del padrone USA. Possono ignorarlo o deriderlo solo degli inguaribili cretini, come quelli che ci qualificano da Organizzazione Coranico Islamista (che sarebbe comunque meglio di un’organizzazione di Pugnettari "Comunisti Internazionalisti").

L’altro fattore delegato a fermare la guerra programmata da Washington-Tel Aviv, con i suoi Albright, Cohen, Spinelli a stelle a cinque punte e strisce, era, e resta per il futuro, quello dell’opposizione di classe all’interno dei paesi imperialisti. Questo è il fattore che a noi, ovviamente, più preme e per il quale lavoriamo. Lo si è visto, in quest’occasione, all’opera? Pochissimo in generale, per nulla in Italia, ma con l’eccezione assai significativa di un inizio di mobilitazione contro il "nemico interno" proprio negli USA, tuttora marginale rispetto alla massa del proletariato (è un dato fisiologico, non un difetto!). Torneremo su ciò, in relazione a quanto riprende a muoversi nel cuore cancrenoso dell’imperialismo mondiale e, intanto, ne prendiamo buona nota. Non diciamo che le manifestazioni antibelliche USA abbiano, di per sé, fermato la mano omicida del Pentagono, ma che, in relazione agli altri decisivi fattori inibenti sopracitati, anche questa indipendente azione di classe abbia avuto il suo peso, questo sì, e non è poco!

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I Balilla della patria imperialista

"Sorprendentemente", proprio mentre dagli USA giungeva questo corroborante messaggio, qui in Europa, e in Italia in particolare, lo stesso movimento antibellico manifestatosi in occasione della Guerra del Golfo si afflosciava miseramente. Come mai? Già allora tale movimento si mostrava impestato di inconcludente "pacifismo" piccolo-borghese, dalla solita petizione del "pacifico" regolamento di conti coi paesi terzi stretti nella morsa dell’imperialismo a suon di intervento ONU (di cui s’è vista poi l’esplicitazione in Jugoslavia!), trattative diplomatiche etc. etc. In nessun caso, neanche allora, c’era mai stato un solo accenno di schieramento solidale con la doverosa insorgenza anti-imperialista arabo-islamica sul terreno, qui, di un antagonista schieramento di classe contro gli USA e l’imperialismo di casa propria. L’opposizione stava sul piano dei metodi del brigantaggio da porre in atto e su quello di un non interesse "europeo" ad esporsi in giochi di guerra che profittassero agli USA e ad essi soltanto. Un "pacifismo", dunque, ben consentaneo ai "propri interessi nazionali", o continentali, un pacifismo imperialista destinato inevitabilmente, in quanto tale, a tramutarsi in autonomo guerrafondaismo, svincolato dagli USA all’occorrenza. (Non diciamo, naturalmente, che questa fosse o sia la soggettiva intenzione di molti dei "movimentisti", ma indichiamo con chiarezza su quale terreno si giochi la possibilità di essa di negarsi dialetticamente riallacciandosi ad un orizzonte di classe o di risolversi in "autonomo" imperialismo concorrenziale rispetto agli USA). Nella realtà delle cose, la crescente divaricazione d’interessi Europa-USA, nel quadro mondiale di generale rimessa in causa dei vecchi equilibri imperialistici, ha portato, in quest’occasione, le stesse forze della "sinistra estrema" a giocare la carta irachena su questo miserabile piano, usando la metodica "pacifista", assai più che in precedenza, sull’esclusivo terreno del compattamento capitalistico nazionale (o continentale). Hoc erat in votis, evidentemente.

Non impegnamoci per gli interessi USA, pensiamo ai nostri interessi "europei"! Questa l’invocazione dal profondo dei "sinistri" nostrani. Il tutto condito dalla rituale condanna del "dittatore Saddam" e da un’aperta presa di distanza da ogni e qualsiasi petizione anti-imperialista delle masse arabo-islamiche, non parliamo poi da ogni e qualsiasi programma di unità internazionalista tra esse e il proletariato di qui. Quando mai! Se "noi" ci discostiamo dagli USA è perché (con "altri metodi", finché la va...) difendiamo la nostra mangiatoia e i paesi arabi sono per "noi" unicamente un "piatto ricco, mi ci ficco". Autonomamente, concorrenzialmente; con la carota nella mano protesa all’interlocutore ed il bastone nascosto nell’altra dietro la schiena.

Lo svolgimento delle "mobilitazioni" contro la minaccia di guerra ha offerto eloquente dimostrazione di tutto ciò. Mentre il PDS operava a tal fine attraverso le cancellerie, l’ineffabile Rifondazione chiamava sommessamente a raccolta le piazze come... cancellerie "alternative" o di supporto, ma nello stesso senso. Con molta calma si indicevano delle manifestazioni contro la guerra badando bene a non rivolgersi mai direttamente al proletariato e men che mai alla massa degli immigrati di qui ed ai suoi sentimenti apertamente solidali con i fratelli oppressi iracheni destinati al macello, per "premere" sul "nostro governo", sul "governo europeo" sulla base di un mercantile calcolo della difformità dei "nostri" interessi rispetto a quelli statunitensi. Il massimo dell’"audacia" consisteva nella rivendicazione del "diritto" dell’Europa e dell’Italia di gestirsi in proprio la propria porzione di NATO, o, meglio, ad avere una NATO tutta ed esclusivamente loro. La base militare di Aviano non ci sta bene perché di fatto non sta nelle "nostre" mani come "dovrebbe" e "noi" ce la rivendichiamo. Perché quando i missili atomici saranno finalmente "nostri" sarà tutt’altra, e bellissima, cosa! L’episodio del Cermis è stato ignobilmente sfruttato in questo senso: lo vedete?, i yankee sono fuori del "nostro" controllo, fanno, incoscientemente, quel che vogliono, e poi ci andiamo di mezzo "anche noi". Le centinaia di migliaia di morti, diretti o indiretti, d’Iraq non valgono ad imporre una politica anti-imperialista proletaria contro gli assassini di qui (con cui stiamo tranquillamente al governo), ma i venti morti del Cermis ben valgono ad agitare la bandiera dell’autonomia imperialistica italiana ed europea!

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Extracomunitari da colonizzare o fratelli di classe?

Era quindi calcolato che le "mobilitazioni" contro la guerra dovessero non trasbordare da questi confini, che sono poi quelli dell’insieme del capitalismo italiano ed europeo, e ad essi dovesse rispondere la piazza. Ma, a questo punto, con una piazza sempre più deserta, spompata, e giustamente, vista la funzione ad essa assegnata di fungere da semplice supporter all’azione del "nostro" governo, accortamente studiato e controllato dall’interno dai vari Bertinotti. Manifestazioni poche, di conseguenza, assolutamente prive d’ogni serio lavoro di mobilitazione e, come quella di Aviano, programmate magari a titolo "testimoniale" a giochi già fatti, in un senso o nell’altro. Manifestazioni a scarsissima o nulla partecipazione proletaria (e ti credo!, viste le premesse), il cui solo dato positivo, per noi, è consistito nella presenza di pochi proletari veri alla ricerca di un reale indirizzo di classe, inibito ad essi dagli stessi presupposti pro-governativi e collaborazionisti degli organizzatori, e da quella diffidente e distaccata dalla "massa" indigena priva d’ogni indirizzo di fraternizzazione di classe, ma rabbiosa, di settori dell’immigrazione. E proprio tra quest’ultima la nostra voce ha potuto "spontaneamente" trovare quella sintonia su un vero programma di lotta anti-imperialista che andrà qui organizzata e trasmessa al frastornato fratello di classe bianco. Perché l’immigrato che lotta sa chi lo colpisce e chi egli deve colpire a sua volta, sa che il suo nemico è l’imperialismo metropolitano, a cominciare da quello di qui e, in tanto, tende la sua mano al proletario italiano che non sa stringergliela dal momento che egli non sa e non gli si vuol far sapere dove sta realmente il fronte e quali forze su di esso sono chiamate a combattere.

Ad Aviano Rifondazione non riesce balbettare che un "manteniamo forte la mobilitazione affinché le ispezioni (in Iraq) vengano effettuate secondo i criteri contenuti negli accordi". Evviva l’ONU, evviva il capestro, purché "pacifico" e non ad esclusivo uso e consumo USA! Dateci un antiemetico o qui le cose si mettono male! Altri raggruppamenti, addirittura "rivoluzionari", oseranno "persino" criticare Bertinotti, ma in quanto sostiene un "governo complice degli USA", mentre evidentemente va rivendicata per l’Italia quella linea di indipendenza dagli USA che sarebbe stata affermata, inconclusa, dalla Resistenza... interclassista ed a comando degli schieramenti bellici imperialisti diretti dagli USA nel corso della seconda guerra mondiale. "Rifacciamo la Resistenza", allora, W V.E.R.D.I., ma, sia ben chiaro!, non una parola sull’affratellamento internazionale di classe, a principiare dall’unità con gli immigrati di qui e la solidarietà piena ed incondizionata con la lotta dei popoli arabo-islamici oppressi, da chiunque diretti. E nessuna parola, tanto da parte di Rifondazione che da quella degli scarni gruppetti "estremi" presenti alla marcia di Aviano (un paio di migliaio di persone, tanto per dare il senso della "mobilitazione" promossa da Rifondazione a livello più locale che nazionale persino!), al richiamo dei nostri fratelli di classe statunitensi che innalzavano cartelli con la scritta Stop Imperialism! e, raccogliendo assieme militanti di ogni lingua e razza, si scontravano con le forze dell’ordine. Già -ci viene il sospetto-, perché se mai dovessimo riconoscere che ci sono degli yankee che si muovono sul terreno di classe, come faremmo qui a sostenere che lo yankee in quanto tale è il principio del male, il nemico dei nostri interessi nazional-continentali? Un bel disturbo quello di militanti di classe che ci chiamano ad una stessa, unica, internazionalista battaglia di classe, mentre a noi interessa tutt’altro!

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Universalismo cattolico e internazionalismo comunista

(Da notare che, più che mai in quest’occasione, "sinistre" di tale caratura sono state abbondantemente superate... a sinistra dal radicalismo di certe forze della Chiesa, realmente in grado, tra l’altro, di promuovere azioni di massa in grado di surclassare, anche su questo terreno, quelle di Rifondazione e del suo squallido seguito di "autonomi" micro-regionalisti ed iper-federalisti. La Chiesa del Triveneto, quanto a richiesta "resistenzialista" di sganciamento dell’Italia agli USA, ha messo K.O. il povero CARC. Ma altri settori della Chiesa si sono spinti più oltre, sino ad esprimere una qualche forma di solidarietà "umana" incondizionata col popolo iracheno senza farsi turbare dall’esigenza cara ai Bertinotti, ai Manconi, al Manifesto, di dover premettere a tutti i discorsetti di circostanza sulle "sofferenze del popolo iracheno" la rituale condanna preliminare e "giustificativa" del solito Saddam, e non hanno esitato a denunziare come imperialismo l’azione guerrafondaia o militar-"pacifista" dell’Occidente. In una trasmissione televisiva abbiamo assistito ad un livido Ranieri del PDS che rimbrottava l’"astrattismo" pericoloso e complice dello stesso monsignor Bettazzi. E che cosa avrebbe fatto Bertinotti se non stemperare le frasi del Bettazzi con ulteriori dosi di "ecumenismo" stemperate da ogni accenno anti-imperialista? Sappiamo perfettamente cosa valga l’anti-imperialismo della Chiesa o parte di essa; ma vediamo altresì come in esso si rifletta quel carattere "mondialista" della Chiesa stessa che, da questa altezza, non può ritrarsi dalla dimensione internazionale autentica dei problemi, mentre le "sinistre estreme" non riescono a vedere al di là del proprio nasuccio nazionale o regionale, viaggi turistici in Chiapas a parte... A questa scala decisiva la Chiesa opera, organizzando (e smobilitando, dal nostro punto di vista) forze reali di massa, senza confini di nazionalità. A questa scala devono operare i comunisti, contro di essa, perché su ciò si misurano i nostri destini futuri. Al di sotto di tale scala non proliferano che i vermi, buoni solo a concimare il campo del nemico di classe! E’ chiaro? O dovremo sentirci dire che OCI = Organizzazione Cattolica Integrale?)

Proletari italiani ed europei, immigrati, masse oppresse dell’Islam, militanti di classe USA antagonisti al sistema di casa propria: ecco gli elementi di quell’esercito rivoluzionario mondiale, ad oggi ancora debole e disperso, che noi intendiamo unificare e rafforzare affondando nel cuore dell’imperialismo l’arma del disfattismo rivoluzionario e con ciò contribuendo a separare irreversibilmente le masse del Terzo Mondo dalla ingombrante tutela delle locali inconcludenti (ed oppressive) borghesie. Un programma ed un’organizzazione comunista internazionale è ciò che può realizzare questo "sogno". Lavoriamoci da svegli!

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