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Il pantano dell’Italietta del Duemila: Rifondazione

Telemugellate rifondarole

Come direbbe Greggio: "Telemugellati e telemugellate, la sinistra ‘dura’ fa scendere in corsa il suo campione elettorale. E’ lui o non è lui? Cerrrto che è lui!". Lui, la nostra vecchia conoscenza Curzi, già destrissimo del fu PCI, a tutt’oggi pidiessino molto soft, bazzicatore eccellente di mille salotti del potere ufficiale. Per giocare contro la candidatura Di Pietro, Rifondazione prende in prestito una punta della squadra in cui Di Pietro si è (momentaneamente) accasato e la mette in campo in un curioso derby in cui, essa dice, sarà proprio Curzi a rappresentare i colori della squadra "avversaria", incolpata di giocare contro se stessa.

L’episodio potrebbe sembrare banale, un puro e semplice espediente "intelligente" di concorrenza elettorale e persino operato a fin di bene, se si considerano le giustificatissime ragioni di rigetto che ogni "sinistra" purchessia dovrebbe nutrire nei confronti di Di Pietro. In realtà, è un indice ulteriore della progressiva slittata verso il burrone di Rifondazione.

Il primo rilievo da fare riguarda il ragionamento di fondo: Di Pietro non rappresenta la bandiera unitaria, al di là dei rispettivi simboli, della sinistra nel suo complesso ed è un pericolo per lo stesso Ulivo nel suo complesso, perciò Rifondazione presenta una controcandidatura che non vuol essere "sua", ma della sinistra e dell’Ulivo. Insomma: si vuol rimediare ad un errore dei propri partner di coalizione per lo stesso bene loro, e comune. Dini, Ciampi, Visco, (di)Pinto, persino la Carulli Fumagalli possono starci bene, ma Di Pietro no. Come se si dicesse: "Teniamo pulite le stalle; la merda che già c’è ci basta e avanza". Perché dio solo sa che cosa Di Pietro aggiungerebbe (o, al presente, sta aggiungendo, visto che è entrato a far parte della squadra comune) di nuovo e sconvolgente al quadro già definito. Già in passato Rifondazione aveva tuonato "Ma Dini no" e poi se l’era tenuto bene stretto, dopo di averlo eletto coi suoi stessi voti. Oggi la manfrina si ripete: sinistra ed Ulivo sono avvertiti su quali siano i loro e nostri "veri interessi", ma se essi non la capiranno non è che noi lasceremo perdere capra e cavoli; salviamo almeno... un cavolo!

Un simile messaggio è lanciato non per contrastare effettivamente il corso borghese dell’Ulivo e della sinistra, di cui l’intruppata di Di Pietro è solo una normale conseguenza, ma per illudere una volta di più i proletari sulla possibilità di dare di esso una versione corretta, "più vicina" ai loro interessi, come sarebbe nella natura ideale di un vero Ulivo, di una vera sinistra. Sotto le spoglie della campagna anti-Di Pietro, quindi, siamo in presenza di una campagna ancor più insidiosa pro-Ulivo, pro-capitale.

La candidatura di un vecchio arnese della destra fu-picista è coerente a tutto ciò. Proprio mentre il PDS, del tutto conseguentemente ai suoi programmi ed alla sua strategia politica complessive, propone "provocatoriamente" Di Pietro come candidato comune al Mugello (e poi come senatore comune anche a Rifondazione dello schieramento ulivista) non si coglie il destro per sollevare una propria bandiera alternativa su questo piano (ed è ovvio!), ma per accantonarla definitivamente con la pretesa di raccogliere e rappresentare quella lasciata cadere dal PDS. Il "vero" PDS è qui, sembra dire Rifondazione, vive e lotta (a colpi di schede) con noi, anzi al posto nostro, visto che noi non ne abbiamo alcuno.

Una candidatura non curziana, ma di classe (come proponeva la sinistra di Rifondazione) avrebbe certamente ed ancor più mancato il "successo" elettorale, ma avrebbe costituito un segnale preciso di fronte ai proletari ingabbiati nella trappola ulivista. Già, solo che questo si sarebbe potuto dare sulla base di un programma alternativo rispetto ad un reale avversario. Una cosina del tutto incompatibile con le corresponsabilità di governo ed il programma omologato a quello dell’Ulivo di cui Rifondazione si fa carico. Una cosina che non può fermarsi ad un episodio straordinario (tra l’altro!) di concorrenza elettorale, peggio ancora se limitato al primo turno, ma deve investire l’insieme della quotidiana azione antagonista...

Essendo stata la candidatura Curzi l’esatto opposto di tutto ciò, il duplice risultato da essa conseguito è consistito in questo: primo, nel deprimere ulteriormente il senso dell’antagonismo di classe tra la propria stessa base d’influenza in chiave ulivista "pura" e nell’illusione micidiale che agli "errori" dell’Ulivo reale si possa e debba rispondere esclusivamente in termini elettoralistici (e sotto le bandiere altrui); secondo, nel far anche meglio inghiottire alla base del PDS il candidato Di Pietro posto che l’unità della sinistra e dell’Ulivo non si tocca, sia quel che sia, come anche Rifondazione insegna, e perciò non è il caso di dividersi a valle dopo aver compiuto sin lì tutto il cammino a partire dal monte.

Questo è il senso della curzomachia rifondina. Non è stata la prima, non sarà l’ultima: se non ci si sa candidare come forza comunista antagonista, i candidati "buoni" sono sempre quelli dell’altra parte, e non è detto che la pelata del nostrano Kojak sia la cosa peggiore che potremo vedere in appresso...

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