[che fare 45]  [fine pagina] 

LA STRAGE AL GALEAZZI:
UN ESEMPIO DELLE CONSEGUENZE
DEL LIBERO MERCATO E DEL FEDERALISMO

L’idea che il "privato" funzioni meglio e che possa eliminare le disfunzioni e le inefficienze del sistema sanitario pubblico -che immancabilmente mette a dura prova i nervi del malcapitato di turno, di chi, vivendo del proprio lavoro, non ha santi in paradiso cui votarsi- quest’idea può albergare in tanti proletari e lavoratori, avvalorata dalle illusorie aspettative sui "miracoli" derivanti dal decentramento federalistico dello Stato. Si può cioè ritenere che, privato e decentrato, il servizio sanitario sia più vicino al cittadino, conosca meglio le sue esigenze e dunque sia migliore.

Il fatto del Galeazzi dimostra che ciò porta a un maggiore e generale imbarbarimento dell’intera struttura sanitaria.

Nell’ospedale di Milano sono morti 10 pazienti e un infermiere per l’effetto concomitante del mancato funzionamento dei sistemi di sicurezza dell’impianto e della costante pressione dell’ossigeno, che scorreva senza interruzioni nei tubi della camera iperbarica, dalla mattina alla sera, per accelerare al massimo le procedure di ricambio dei turni dei pazienti. Questo per "ammortizzare i costi" della macchina con un numero impressionante di prestazioni, all’evidente fine di garantire la massima profittabilità dell’investimento. Un utilizzo che al Galeazzi si attesta sui 32.000 trattamenti l’anno e che produce un business da 5 miliardi e 120 milioni. Obiettivo guadagno, dunque. A scapito della sicurezza di lavoratori e pazienti.

C’è, poi, da registrare che -contrariamente a quanto prevedono alcune direttive (prodotte, su incarico della regione Lombardia, da una commissione di "esperti", tra i quali figurano -ironia della sorte?- l’attuale primario del reparto di medicina iperbarica e direttore sanitario del Galeazzi)- il personale destinato, di norma, all’assistenza all’interno della camera non è mai personale medico ed esperto, bensì lavoratori senza particolari qualifiche e più esposti al ricatto della flessibilità. Semplicemente personale più disposto a fare i turni straordinari, come ammette una lavoratrice del Galeazzi: "Per la maggior parte sono tutti ragazzi giovani, senza grossi problemi familiari, o colleghi non sposati... Dopo otto ore qui dentro si è abbastanza stanchi e solo all’idea di dover fare un altro turno di lavoro ...". Lavoratori flessibili, appunto; come lo era il giovane infermiere venticinquenne -Massimiliano Fenile- morto al Galeazzi, dove era stato assunto da appena 11 mesi con contratto di formazione-lavoro.

Ma c’è dell’altro. Il Galeazzi è una struttura privata che fornisce, dietro rimborso del fondo sanitario nazionale, prestazioni di ossigenoterapia sulla base di un accreditamento e di una autorizzazione che vengono concesse localmente dalla regione. La regione Lombardia, nell’ambito della riforma regionalista della sanità, è quella che ha maggiormente dato seguito ai criteri di efficientismo aziendalista, di privatizzazione e di decentramento. In che cosa si sostanzia questo? In Lombardia l’Azienda Sanitaria Locale (ex Usl) non gestisce direttamente i servizi sanitari. Questi vengono erogati direttamente da 26 Aziende Ospedaliere. Ciò determina la gestione del servizio secondo un’ottica di efficienza capitalistica e di profitto, in quanto le aziende ospedaliere sono poste in diretta concorrenza con le strutture private, che la Regione accredita in gran numero. Questo accreditamento può avvenire, tra l’altro, sulla base dell’autocertificazione, come nel caso del Galeazzi, che ha ottenuto la convenzione nonostante la camera iperbarica non fosse stata omologata.

Insomma un sistema che obbliga tanto le aziende pubbliche quanto quelle private ad essere sempre più competitive e a puntare sui propri risultati di bilancio senza guardare in faccia a nessuno. E, dal momento che il controllo sulla sicurezza non è altro che un costo improduttivo, esso può essere buttato a mare insieme alla salute ed alla vita di tanti pazienti e lavoratori. (Nell’impianto anti-incendio della camera iperbarica del Galeazzi c’erano le ragnatele, particolare questo che ha definitivamente scoraggiato i veri responsabili dal proseguire la caccia all’"errore umano" che sempre si apre in casi del genere.)

Ecco dunque cos’è la sanità privatizzata e federalizzata. Non è un caso che la Lega Nord, si sia preoccupata di dire: "Attenzione a non usare la strage per mettere sotto accusa il mercato, il profitto". Evidentemente la lingua batte dove il dente duole. Puntando il dito su questo, intendiamo forse affermare che l’alternativa è rappresentata da un "ritorno al servizio pubblico", come ad esempio propone il PRC? No di certo. Basti pensare solo al fatto che sono stati lo Stato e la gestione pubblica a produrre lo sfascio delle strutture pubbliche e la promozione del loro decentramento aziendalistico.

Non è da oggi, infatti, che i governi italiani perseguono il restringimento della spesa sanitaria, la riduzione delle prestazioni e lo sgretolamento di quelle conquiste attraverso le quali il proletariato nei decenni passati aveva potuto garantire, per mezzo delle lotte, l’accesso alle cure mediche "per tutti". La ristrutturazione della spesa, anche quando non viene ridotta nelle sue quantità globali -come vanta eccezionalmente il governo dell’Ulivo per l’anno ’97-, nondimeno comporta tagli delle prestazioni in favore dei lavoratori e la canalizzazione di maggiori risorse in favore del capitale e degli interessi borghesi che ingrassano sulla gestione della sanità.

Da qualche anno, questa politica di austerità ha conosciuto un’accelerazione: anche l’Italia s’è messa sulla via già percorsa dall’Inghilterra, ha cominciato ad adeguare sempre più il funzionamento delle strutture pubbliche a quello di vere e proprie aziende, e a promuovere la concorrenza tra di esse e con la struttura privata. E il suo decentramento federalistico si è rivelato essere un ottimo mezzo per andare in questa direzione. La strage del Galeazzi ha mostrato le implicazioni di tutto ciò. Sia per la salute della "gente comune", quella "senza santi in paradiso". E sia per le condizioni di lavoro di chi è occupato negli ospedali.

Uno dei mezzi per garantire la profittabilità delle strutture sanitarie è, infatti, quello di ridurre i costi del personale e ciò viene fatto, fondamentalmente, attraverso l’adozione di una organizzazione del lavoro fondata sulla flessibilità, sui contratti a termine e sul sistema degli appalti (spesso affidati a strutture cooperativistiche che si avvalgono della "collaborazione" di lavoratori ultrasfruttati a partita Iva). Una tale organizzazione non porta ai lavoratori solo l’aumento dei ritmi; essa indebolisce anche la loro unità e capacità di organizzazione nei posti di lavoro, con il risultato di essere costretti ad accettare condizioni vieppiù al ribasso. I lavoratori del Galeazzi hanno misurato interamente questa debolezza, che è debolezza generale del movimento operaio in questa fase, trovandosi schiacciati, di fronte alla strage e alla morte del loro collega, dal ricatto della perdita del posto di lavoro. Temendo che l’ospedale potesse essere chiuso e che potessero ritrovarsi disoccupati, essi hanno reagito male al "tardivo" intervento delle organizzazioni sindacali sulla questione della sicurezza. Il sindacato è stato messo in crisi dall’"inattesa" reazione dei lavoratori. Ma cosa si aspettava di raccogliere, dopo la semina che esso ha fatto e continua a fare? Prima si accetta la subordinazione degli interessi proletari al mercato e alle compatibilità capitalistiche, e poi si mostra disprezzo verso i disagi e le contraddizioni di quei lavoratori che -privati di ogni strumento di difesa di classe- pagano direttamente le inevitabili conseguenze di quella subordinazione. Chi semina vento...

[che fare 45]  [inizio pagina]