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UN’INTERESSANTE ESPERIENZA
DI COORDINAMENTO OPERAIO

Indice

L’insostenibile pesantezza del non essere

Da sette mesi è attivo a Napoli il "Coordinamento operaio contro le compatibilità", promosso e sostenuto dalla nostra sezione sulla base anche di sollecitazioni provenienti da settori proletari che seguono con interesse la nostra battaglia. E’ tempo di un primo bilancio, per valutare il significato di organismi simili nella fase attuale e le modalità attraverso cui, oltre il lavoro diretto da organizzazione, i comunisti possono contribuire alla diffusione di posizioni classiste oltre i propri limitati confini, attivizzando anche energie altrimenti disperse.

* * *

Diciamo subito che il coordinamento è nato con lo scopo di fornire alle poche avanguardie proletarie esistenti sul territorio urbano uno strumento per consentire di operare nella propria realtà non più isolatamente, ma con una comune battaglia organizzata in controtendenza allo stato d’animo e alla coscienza prevalente tra la stragrande maggioranza dei proletari.

Mai abbiamo pensato che il coordinamento potesse collegare o "dirigere" realtà di lotta -peraltro inesistenti- del proletariato, né di "generare" un organismo classista immediato da proporre a modello per sostituire gli attuali sindacati opportunisti e collaborazionisti, alla guida di un movimento operaio "fantasma".

Fin dall’inizio abbiamo proposto, invece, un’organizzazione che mettesse le avanguardie proletarie più coscienti in grado di rompere, almeno tra loro, il muro dell’isolamento eretto da borghesia e opportunismo, e che spesso finisce per spingere anche loro lungo la linea del "minimo sforzo", fatta di localismo, di accettazione delle compatibilità, sia pure con un maggiore radicalismo nelle forme di lotta e negli obiettivi. Un organismo quindi necessariamente "ibrido", che non si sottrae al confronto e all’intervento politico quale elemento decisivo per una efficace battaglia contro l’attacco della borghesia, un organismofatto da proletari più coscienti ma rivolto alla generalità della classe, e quindi interno ai suoi concreti percorsi di lotta.

Non essendo un organismo "sindacale", il coordinamento doveva avere una base comune minima per dare un senso unitario alla sua battaglia, pena la sua inutilità e il conseguente avvitarsi su sé stesso. La base comune è il rifiuto di subordinarsi alle compatibilità capitalistiche sotto qualsiasi veste si presentino, e l’esigenza di contrastare la tendenza alla divisione materiale politica e organizzativa dei lavoratori, sostenendo la necessità della estensione e generalizzazione delle lotte proletarie, il ricorso ai metodi e alle forme "classiche" della lotta di classe, contrastando la tendenza alla fiducia e alla subordinazione nelle istituzioni borghesi.

Un organismo quindi aperto a tutti i proletari, come scrive l’editoriale del primo bollettino, ma non sommatoria di tante individualità che partono dai propri bisogni immediati insoddisfatti per proporre "spontaneamente" le soluzioni più disparate (e inevitabilmente subordinate all’ideologia borghese prevalente), bensì votato alla conquista di nuove energie convinte della necessità di attestarsi e di organizzarsi su questa linea discriminante quale premessa per superare l’attuale situazione di difficoltà.

Per questi motivi (oltre che per limitare il rischio di fare il solito estenuante intergruppi), si è deciso di dare un carattere individuale alla partecipazione al coordinamento. Non si aderisce, cioè, in quanto "rappresentanti" delle realtà di movimento o lavorative di provenienza, ma, al contrario, per trasformare l’adesione al coordinamento in una leva per diffondere in maniera organizzata tra i lavoratori una precisa posizione classista.

Nell’attuale situazione, soprattutto italiana, nella quale le lotte del proletariato sono mantenute e dirette su una rotta controrivoluzionaria dalle forze borghesi rendendo "gli operai una massa dispersa sull’intero paese e frantumati dalla concorrenza", si può solo operare nel senso da noi scelto a Napoli. Viceversa, non rimane che oscillare tra il rimanere fermi in attesa del peggio e l’invenzione di "ricette" idealistiche e cervellotiche per "ribaltare" la situazione sfavorevole.

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Rompere l’isolamento

L’appello lanciato nell’ambito proletario, nel quale lavoriamo da ann, ha avuto l’eco e il seguito che ci attendevamo. All’invito hanno infatti risposto lavoratori, di fabbrica e non, in genere con precedenti esperienze di lotta, che avvertivano l’esigenza di un lavoro coordinato e condividevano il senso della battaglia proposta (ciò ha suscitato le reprimende di alcuni studentelli di "Operai Contro" che, con scarso senso di auto-ironia, sono venuti a spiegare che il coordinamento era "ambiguo" perché non si rivolgeva solo ai "puri" operai di fabbrica, possibilmente fino al terzo livello!).

L’intervento esterno ha puntato sulle situazioni di fabbrica o di movimento in cui erano coinvolti i partecipanti al coordinamento. L’azione si è indirizzata a promuovere solidarietà e sostegno attivi alle lotte in corso, con una contro-informazione, rivolta ai settori proletari che era possibile raggiungere, sui termini reali dello scontro in atto e il significato dei vari episodi di lotta. Contemporaneamente ci si è sforzati di evidenziare gli inevitabili limiti e le illusioni dei proletari coinvolti direttamente nelle lotte, indicando la necessità di puntare a una estensione delle mobilitazioni, invece di sperare in soluzioni particolaristiche o nell’intervento risolutivo delle istituzioni.

Le esperienze hanno, peraltro, confermato la totale assenza di un reale movimento di classe, fosse anche sul terreno economico, anche in quei settori proletari organizzati "indipendentemente" dai sindacati confederali.

Queste battaglie non potevano ribaltare le situazioni in atto, per il prevalere tra i proletari della politica del "meno peggio" propagandata dalle organizzazioni riformiste sindacali e politiche, e per la mancanza di un movimento reale che se ne facesse protagonista. Esse hanno però contribuito a rompere il senso di isolamento intorno ai proletari schierati, all’interno delle lotte, su posizioni classiste, e hanno consentito nuovi contatti che, pur senza divenire immediate adesioni, hanno accresciuto la credibilità e l’attenzione verso le posizioni del coordinamento.

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Battaglia politica, non solo economica

Nelle assemblee settimanali si è avviata una riflessione sul significato della "mondializzazione" e sulla natura delle leggi di mercato invocate da padroni e governi per imporre peggioramenti alle condizioni di vita e di lavoro dei proletari. Ne è scaturita la consapevolezza che a questa realtà, che mette in concorrenza i lavoratori tra loro in ogni angolo del mondo, è possibile rispondere solo dando una dimensione e una prospettiva internazionale alla lotta, prendendo atto che per affronatrla non esistono vie nazionali o, peggio, localiste.

Le lotte proletarie di Francia e Corea sono state seguite con grande interesse, e con grande entusiasmo e stata accolta la rivolta in Albania. Immediatamente è stata percepita la natura imperialista della spedizione militare con l’Italia in prima fila. La propaganda e la mobilitazione contro l’aggressione sono state avvertite da tutti come un compito irrinunciabile per un organismo quale il coordinamento (tranne dai "terribili" rivoluzionari di cui si parla a lato che la ritenevano una "forzatura" troppo avanzata!).

L’organizzazione del presidio ha consentito di far progredire il dibattito interno e di attivizzare tante individualità esterne che hanno bene accolto la possibilità di manifestare la ferma condanna e la volontà di opposizione alla spedizione militare italiana. Alla preparazione della mobilitazione hanno partecipato alcuni studenti e corsisti. Al presidio erano presenti circa 200 compagni di estrazione varia, che hanno propagandato al numeroso pubblico proletario (con megafonaggio, mostra fotografica, capannelli e volantinaggio) la vera natura della "missione umanitaria".

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Legarsi alla classe

Per rendere più efficace il lavoro di propaganda, il coordinamento ha deciso di darsi un bollettino, Il Cuneo, quale strumento di supporto all’iniziativa a fianco della classe, su precisi contenuti per separare questa dalla linea opportunista delle "compatibilità".

L’obiettivo non è tanto di dar voce alle varie realtà di movimento o lavorative "così come sono", ma, di far risaltare, con la descrizione e l’analisi critica delle situazioni rappresentate, la natura delle difficoltà attuali, di allargare l’informazione operaia oltre i confini della propria fabbrica e del proprio territorio, di far emergere la necessità per i proletari di dotarsi di una diversa linea politica e, in conseguenza di ciò, di diversi organismi proletari.

La pubblicazione del primo numero ha rappresentato un ulteriore momento di partecipazione e crescita collettiva, il cui risultato -giunto fino a oggi a circa 700 proletari- ci sembra rispondere ai requisiti di prodotto decente.

Non vi è alcun dubbio che Il Cuneo dovrà migliorare, oltre al formato e all’impaginazione, la complessiva capacità di introdurre una controtendenza alla linea del minimo sforzo nell’area in cui è diffuso, e che ha dato, nei primi bilanci, al piccolo giornale operaio più consensi, seppur "platonici", che bocciature.

Considerato lo stato soporifero in cui continua a vegetare il proletariato, i risultati anche piccoli e parziali di simili iniziative non vanno persi di vista. Non perchè possano dare all’immediato risultati tangibili, nel senso di una estensione di massa del coordinamento o di moltiplicazione di organismi simili a esso, ma nel senso di avviare una battaglia su indirizzi che saranno, in prospettiva, determinanti per evitare alle lotte immediate, che inevitabilmente sorgeranno dal vortice della crisi galoppante, di finire nelle trappole leghiste e localiste e in quelle altrettanto mortali del nazionalismo che i partiti sciovinisti indicano quale alternativa al secessionismo, e per farle confluire come torrenti nell’alveo del grande fiume che le trascinerebbe dal terreno economico a quello di classe sotto la guida del partito rivoluzionario internazionalista.

Questo è il senso che diamo all’affermazione "legarsi alla classe" combattendo l’opportunismo dei falsi partiti operai e dei sindacati collaborazionisti, ma contrastando anche le illusioni degli economicisti, dei sindacalisti rivoluzionari, degli anarco-sindacalisti. Costoro puntualmente ripropongono scorciatoie di costruzione del "vero" sindacato o dei "veri" organismi di classe quale panacea a ogni male, ignorando le ragioni profonde della condizione in cui versa attualmente la classe e i reali passaggi attraverso cui può darsi una ripresa effettiva, e generando illusioni che finiscono solo con il creare altre divisioni nel corpo del proletariato internazionale già smembrato dallo stalinismo.

Questi feticisti della forma organizzativa dimenticano, tra l’altro, uno degli insegnamenti fondamentali del marxismo, ripreso nell’editoriale del bollettino: "qualsiasi organismo economico copia e serba l’impronta della società attuale, e in potenza non può fare altro che salvarla e riprodurla" mentre la conoscenza e l’indirizzo verso l’abolizione della schiavitù salariale è solo nel partito comunista "organo" della classe.

Bisogna quindi procedere sulla nostra strada rivoluzionaria per poter navigare nelle acque tempestose che la crisi prepara sul nostro cammino, continuando a stare vicini alla classe senza perdere la rotta.

Pensiamo che, nonostante gli inevitabili limiti, il lavoro svolto possa essere un valido esempio da seguire, ove le condizioni lo consentano, per stabilire un contatto non estemporaneo con i settori più avanzati del proletariato e per dare sostegno alla difficile battaglia per affermare la necessità di una posizione indipendente del proletariato in direzione del suo storico fine.

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L’insostenibile pesantezza del non essere

Il "Coordinamento contro le compatibilità" di Napoli, e soprattutto il ruolo svoltovi dall’OCI, è stato oggetto di un velenoso e pretestuoso attacco dal funereo giornale il comunista edito dal Partito Comunista Internazionale, uno dei tanti "partiti mondiali" (in questo caso sandonatese) residuati dalla progressiva implosione del vecchio "Programma Comunista".

Costoro vergano da anni pagine di estenuanti e inconcludenti scritti sullo zero e la sua potenza, per interrogarsi sulla crisi di cui sono uno dei prodotti, per arrivare a nient’altro che rivendicarsi i "veri" eredi della Sinistra Comunista Italiana. Non gli sarà parso vero poter vivacizzare il giornale esibendosi in "bilancio" dell’intervento dei loro due simpatizzanti nel coordinamento, che, al di là delle palesi falsità, rimanda alla lettera che Totò detta a Peppino contro la "malafemmena" che travia l’ingenuo e puro nipote.

Le esilaranti critiche mosseci dimostrano solo quanto, nonostante la rivendicata continuità con la Sinistra, qui si sia perso proprio l’ABC che Bordiga si sforzava di ribattere continuamente, senza per altro degnarsi, come gli altri contendenti all’eredità, di motivare perché bisognerebbe modificare le posizioni precedenti.

Come quei cani (senza offesa per le bestie) che nascondono la testa e credono di non essere visti anche se il posteriore è esposto all’osservatore, i nostri, pensano che basti continuare a pubblicare la storica manchette (Distingue…..) perché nessuno veda come abbiano maldestramente fatto strame degli insegnamenti della sinistra a cui dicono di richiamarsi.

Capita così che, mentre in una pagina si producano nello sport preferito (accusare gli altri di lesa eredità), criticando "Programma Comunista" quale volontarista costruttore di partito, nell’articolo a noi dedicato, in una di quelle gag da spanciarsi, si ergono a facitori di nuovi sindacati (sub specie di "organismi immediati di lotta") impulsati dal partito già esistente –va da sé- in quel di San Donà con relativa appendice napoletana.

Quanto a questi simpatizzanti locali, dai quali hanno raccolto le presunte prove del nostro sfacciato opportunismo, devono alla nostra pazienza e tolleranza (che -facciamo ammenda-virtù non sono, visto anche il modo con cui sono ripagate...) l’aver evitato le pedate degli altri proletari per una presunzione pari solo alla loro stupidità. Dovrebbero spiegare ai loro referenti sandonatesi come si concilia tanta "focosità rivoluzionaria" e la rivendicazione di democrazia (ci risiamo con le comiche) con la disciplinata adesione a un organismo sindacale (quello che loro dicono di rappresentare dentro al coordinamento) attestato su posizioni sottoriformiste e guidato da un figuro che è riuscito a farsi cacciare dal sindacato ufficiale per indegnità morale e che, per essere stato trombato alle elezioni nelle liste del Prc, è esploso in trucide escandescenze contro gli "sporchi opportunisti" che gli avevano soffiato un posto al sole in parlamento.

Non possiamo che rispondere con Totò: "ma mi faccia il piacere…", augurando ai nostri, in mancanza del raggiungimento dell’agognata "laura", un futuro di grandi attori comici di cui si avverte veramente la mancanza .

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