[che fare 43]  [fine pagina] 

Situazione politica italiana

Il federalismo attuato

Negli ultimi tempi il termine "federalismo" si incontra con meno frequenza nel dibattito politico e sui media. Ma, non è in atto alcun ripensamento sulle virtù taumaturgiche che tutte le forze politiche gli riconoscono. E’ solo una questione di termini: ormai si preferisce la parola "autonomia". "Autonomia da Roma" hanno promesso tutti i candidati sindaci al nord (e non solo) nella recenti amministrative, che fossero di Lega, Ulivo o Polo. "Autonomia da Roma e dalla Regione" è l’impegno dell’ulivista Fumagalli a Milano. Autonomia analoga promette il triestino Illy, conquistandosi, a dire del responsabile Lega Nord della città, tutto l’elettorato leghista fin dal primo turno.

Non abbandono del federalismo, dunque, ma un ulteriore smottamento verso di esso. Persino, spesso, al di sotto di esso. E’ in atto una vera e propria rincorsa allo spezzettamento dei centri di potere. Nessuno avverte i rischi sottesi a queste tendenze. O, tuttalpiù, qualche volta si richiama il rischio (reale) costituito da Bossi. Ma, mentre si grida contro di lui, il leghismo dilaga in tutte le forze politiche e sindacali, assumendo toni non meno radicali di quelli bossiani, e prospettive, a volte, anche più frammentazioniste delle sue (anche dall’"estrema sinistra" si dichiara, ormai, la resistenza al "neo-centralismo padano"!).

Il gran parlare di federalismo non s’è ancora concretizzato in un quadro giuridicamente definito, ma esso ha, nondimeno, prodotto già rilevanti effetti su tutto il tessuto sociale e politico, e sullo stesso tessuto di mercato, a partire dal mercato del lavoro. L’accordo di Melfi e la sua diffusione, il Nord-est e centinaia (ormai) di situazioni aziendali rivelano il vero scopo del federalismo, il suo carattere di classe; come esso non sia altro che uno strumento per favorire il dispiegarsi pieno delle attuali necessità capitaliste (di tutto il capitalismo mondiale), di rompere, cioè, ogni unità organizzativa e di lotta del proletariato, di precipitarlo in una concorrenza sempre più aperta al suo interno, che favorisca il rilancio dei profitti duramente colpiti da una crisi capitalista che, al di là di microscopiche, momentanee e vieppiù diseguali "riprese", diviene sempre più acuta.

E’ falso ritenere che il federalismo sia un vantaggio per i lavoratori, uno strumento per consentirgli una migliore difesa dei propri interessi. Lo dimostrano proprio quei paesi indicati a "modello di federalismo".

Per il proletariato il federalismo e la secessione sono prospettive da combattere senza mediazione alcuna, ma con la stessa determinazione va combattuto ogni ritorno di difesa dello statalismo attuale. L’avversario che si para innanzi al proletariato è un sistema capitalistico sempre più in crisi e sempre più globalizzato, che impone le sue politiche, le sue leggi, a tutti i governi di qualsiasi stato, centralista o federalista, democratico o dittatoriale. Non è trincerandosi dietro stati, piccoli o giganteschi che siano, che può difendersi. Non è mettendosi dalla parte di istituzioni non sue, ma del suo nemico di classe, che può contrastarne l’azione.

L’unità del proletariato al di là di ogni frontiera, la sua autonomia politica di classe, la sua organizzazione -il partito comunista internazionale-, sono i modi e gli strumenti per rispondere adeguatamente, sia in termini di difesa immediata dall’aggressione borghese, che per realizzare l’obiettivo storico di sbaraccare questo sistema con tutte le sue conseguenze economiche, sociali e politiche, compresa la pletorica e oppressiva organizzazione statuale.

[che fare 43]  [inizio pagina]