"E una cosa che riguarda solo il Belgio, niente più che una legittima indignazione morale contro le efferatezze di una banda di assassini e le connivenze di qualche giudice corrotto". Così i giornali e le reti tv italiane hanno presentato la protesta che si è scatenata in Belgio a seguito dellaffaire-Dutroux. Niente di più falso. Gli scioperi e le manifestazioni che hanno scosso il Belgio hanno in realtà una portata mondiale. Hanno posto sotto accusa un costume sessuale, la pedofilia, che sta allargandosi a macchia d'olio nella società borghese di oggi e, con esso, la moralità e le istituzioni a-sociali del presente ordine sociale. La protesta belga potrà anche rientrare. Essa, però, al di là del suo destino immediato, ha svelato necessità politiche che il futuro riproporrà in modo ancor più bruciante a scala planetaria. Riflettere sulla fiammeggiante rivolta dei proletari e degli oppressi del Belgio, trarre da essa le lezioni che ha lanciato agli sfruttati di tutto il mondo è un compito a cui è chiamato qualunque militante proletario che ha a cuore il futuro della sua classe e dellintera umanità. Ed è quello che, come OCI, ci proponiamo di fare in questo articolo, scritto anche sulla base di una nostra presenza alla manifestazione di Bruxelles.
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Il proletariato è vivo.
Il primo "messaggio" che dal Belgio è partito verso il resto del mondo è questo: il proletariato è stanco di subire e in questa stanchezza ritrova la sua vitalità di classe. Anche in quel paese europeo in cui i teorici de "la morte della classe operaia" lo davano per spacciato più che in ogni altro. Nel paese in cui sembrava aver ingoiato con rassegnazione i tagli alla spesa sociale, i licenziamenti di massa, gli scandali dei politici, la diffusione dei veleni razzisti e secessionisti.
Ebbene, in un paese del genere, i lavoratori, gli oppressi e le loro famiglie hanno avuto un sussulto. Si sono alzati in piedi. Un segnale allarmante per la borghesia belga e le sue sorelle europee (e non solo europee). Per i marxisti, invece, una conferma luminosa del fatto che la classe proletaria può covare in silenzio la rabbia per le crescenti offese subite, ma solo per tornare a una sempre più dirompente azione di massa quale unico mezzo per combattere i mali di cui soffre e coloro che ne sono responsabili. E stato vero per il Belgio. Ancor prima, lo è stato per la Francia di Juppé. Sarà di nuovo vero in futuro, oltre il Belgio e la Francia.
Ai comunisti e ai militanti proletari, viene da qui lammonimento a non perdersi, nei momenti di difficoltà, nello sconforto o nella ricerca di impotenti surrogati, bensì a preparare il terreno alle inevitabili risposte proletarie in modo che imbocchino la via che può renderle vincenti. Qualè questa via? Anche su questo punto lautunno belga ha dato indicazioni di grande portata. Passiamo così al suo secondo "messaggio".
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"Marcio è il sistema!"
La minaccia questa volta è costituita dal "mostro di Marcinelle". Rapisce e sevizia le bambine delle banlieux belghe. Difendere le proprie figlie, la carne della propria carne: questo listinto che scatta nel proletariato. Il quale non si limita a sentire che una cosa del genere può farla solo attraverso lazione collettiva, perché "da soli -come ha detto alla manifestazione di Bruxelles uno dei genitori delle bambine scomparse-, da soli non si è nessuno". Le masse proletarie sanno anche individuare il bersaglio contro cui deve essere giustamente indirizzata la forza della loro rabbia: non semplicemente il "boia-Dutroux", ma lo stato ed il sistema di potere e di "valori" che stanno dietro Dutroux.
Fino a qualche mese fa i genitori rivolgevano la loro ansia per la sorte dei propri bambini a "chi sta in alto", alla "classe dirigente" del paese. Lo facevano perché credevano che essa, al di là di qualche mela marcia, gestisse il potere nellinteresse dellintera collettività. Laffaire-Dutroux e la rimozione del giudice Cannerotte hanno infranto nelle famiglie proletarie questa convinzione "naturale".
Certo, il terreno era stato già abbondantemente arato da anni di sacrifici, di scandali, di egoismi montanti: ma finora, lausterità era stata riformisticamente accettata nella speranza che essa servisse per preparare un domani migliore per i propri figli e lintera società.
Poi è scoppiato il bubbone-pedofilia. Il pus che ne è uscito ha mostrato che Dutroux non è un pazzo isolato, bensì un terminale in tutto e per tutto dipendente da una rete tessuta dallalto e composta dai ricchi committenti pedofili di Dutroux, dai loro potenti protettori nelle istituzioni politiche e giudiziarie, e dai freddi magnati del traffico della prostituzione infantile. Nella massa del proletariato si è a questo punto prodotto un fulmineo cambiamento di mentalità.
"Se chi ci governa -è stato il ragionamento- fa e permette questo, se tratta e permette di trattare in questo modo i bambini, se invece di tutelare la parte della società che rappresenta il futuro, la usa per le proprie perversioni sessuali, beh allora chi ci governa non governa per il "bene pubblico", ma per interessi di parte. Allora anche le altre cose che questa "classe politica" ci chiede non servono al "bene pubblico" e al futuro dei nostri figli, ma a qualcosaltro. Allora anche la proliferazione degli scandali non è il frutto di qualche mela marcia in un cesto sano...". Allora..., allora "è il sistema a essere marcio"! E esattamente quello che cera scritto in decine e decine di cartelli portati alla marcia di Bruxelles. E quello che ha ripetuto nella stessa occasione un minatore vallone. In casco e tuta da lavoro, portava un cartello con su scritto: "uccidere un bambino, è uccidere il futuro. Una società che non comprende questa legge elementare è destinata a sprofondare nel caos. E quello che sta succedendo in Belgio".
E proprio così.
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"Affinché il figlio delluomo possa vivere".
Il proletariato del Belgio ha intuito tutto ciò. Lo stato, questo meccanismo che sembrava essere al di sopra delle classi, è improvvisamente apparso per quello che è: uno stato di classe. Lordine stabilito, di solito considerato come lunico naturalmente possibile, è improvvisamente apparso per quello che è: un disordine anti-sociale, che va spazzato via. Unesigenza del genere ha buttato sul tappeto un altro tema politico di vitale importanza: e cosa si mette al suo posto? Anche su di esso il movimento proletario belga non è rimasto in silenzio.
"Affinché il figlio delluomo possa vivere": questa frase è stata scritta da un manifestante sul cartello che portava in mano. Faceva il paio con quelle di tanti altri cartelli che, nel silenzio solenne della manifestazione, gridavano: "riportare in alto il bene pubblico", "il diritto deve essere raddrizzato". Tutte insieme riassumono il terzo "messaggio" che il proletariato belga ha lanciato agli sfruttati del resto del mondo: per dare un domani ai nostri figli, ci vuole una società il cui programma sia quello di difendere linfanzia e di curare la formazione della generazione che cresce; una società che impedisca di trasformare i fanciulli in articoli di commercio e in strumenti di piacere; una società che si fondi su regole sociali e sessuali che rendano possibile una cosa del genere.
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La morale del turbo-capitalismo del Duemila
Gli ideologi borghesi più accorti si sono resi conto che per disinnescare fino in fondo il "messaggio" anti-capitalista partito dal Belgio non basta minimizzare la protesta, presentandola come semplice episodio di cronaca dovuto alla "piatta geografia" del paese. Si sono resi conto che non basta giocare in difesa. Che occorre contrattaccare. Come hanno fatto su La Stampa, con posizioni apparentemente inconciliabili, da un lato Barbara Spinelli e dallaltro un tale Vattimo (area PDS).
Questultimo ha scritto: "i belgi che sono scesi in piazza per chiedere una giustizia più trasparente e autenticamente eguale per tutti, e una punizione esemplare di stupratori e assassini, hanno naturalmente tutte le ragioni del mondo. Ma (attenti a questo "ma", n.) se le loro manifestazioni avessero davvero il senso di invocare una società più eticamente compatta, nutrita di Valori naturalmente condivisi, sarebbe un errore considerarle un grande fatto Positivo e un risveglio delle coscienze".
Che cosa teme il borghese (ulivista) del Duemila come potenziale sviluppo della lotta? Che venga messa in discussione la morale -e cioè la logica di funzionamento- complessiva (anche sessuale) non compatta, non comunitaria, bensì ferocemente individualistica, concorrenziale, accumulativa, proprietaria, che domina i rapporti inter-individuali nella società borghese e fa dell'altro essere umano un semplice mezzo per conseguire il mio scopo individuale.
Questa morale è la traduzione sul piano dei costumi anche sessuali della "morale" economica del turbo-capitalismo del Duemila. La "morale", cioè la logica economica che dice: io impresa faccio quello che voglio delle forze produttive che ho in mano, le sposto a mio piacimento sul mercato globale, dove e come mi è più congeniale per perseguire non il bene della specie umana, ma il "mio egoistico piacere economico", e cioè il massimo profitto. Che le due cose oggi si vanno divaricando sempre più è sotto gli occhi di tutti. E come potrebbe essere altrimenti?
La ricerca del massimo profitto è unattività che richiede, pena la sua sterilità, di superare continuamente il limite precedentemente raggiunto. La sua unica misura è di essere smisurata e smoderata, perché più ha successo e più manca il suo scopo (come ha spiegato Marx nel terzo libro de Il Capitale). E questo porta inevitabilmente ad azioni che sono in contrasto irriducibile con gli interessi vitali del proletariato e, alla fin fine, con quelli della stessa specie umana: il massimo profitto richiede il taglio dello stato sociale? Embè, che cè di male? Richiede che le mucche diventino carnivore? Embè, che cè di male? Richiede che i medicinali scaduti e i cibi avariati siano venduti nei mercati del Terzo Mondo? O che masse crescenti di lavoratori siano ridotti in condizioni sempre più vicine a quelle delle bestie? Embè, che cè di male se tutto questo serve per sostenere la competitività e massimizzare il profitto? Certo, gli eccessi vanno puniti, ma guai a dire che è il meccanismo di fondo a essere sballato, perché esso non ha nessuna alternativa migliore...
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Perchè una ricerca del piacere tanto a-sociale?
In campo sessuale avviene qualcosa di analogo. Anche qui sta sempre più generalizzandosi nell'individuo borghese (o spiritualmente borghesizzato) la ricerca affannosa del mio piacere(profitto) individuale, secondo una spirale a-sociale che sta portando ad "infrangere ogni limite", anche nell'abiezione. Perché succede questo? Al fondo, perché questa società è antagonistica ed alienata. E, pur avendone gettato le pre-condizioni con lo sviluppo delle forze produttive e la formazione dell'individuo, non è in grado di far vivere il rapporto uomo-donna nella pienezza delle sue potenzialità umane, e quindi sociali. Tanto più in questa sua fase di imputridimento e di decadenza. Ciò significa che è diventato "normalmente" impossibile, in questo contesto sociale, un pieno, gioioso appagamento dell'istinto di vita sessuale. Nasce da qui, da questa profonda e crescente insoddisfazione fisica e spirituale, la ricerca ansiosa, (e poi morbosa) di qualcosa di nuovo, di altro, di diverso, di speciale, di unico, che, naturalmente, non potrà mai risultare realmente soddisfacente. Un pò come in un bellissimo film di Bunuel, in cui dei "fascinosi" borghesi, per l'appunto, girano affannosamente su se stessi per afferrare un piacere di continuo annunciato e altrettanto di continuo mancato.
Ma sotto questa spinta, che nasce dalla società e arriva all'individuo, la vita sessuale di un numero crescente di persone finisce per asservirsi al "capriccioso piacere di me individuo egoista", e le immette nel tunnel di una spasmodica rincorsa edonistica (senza vero piacere) dove lunico carburante diventa la ricerca continua di eccitanti perversioni. Un tunnel, a cui le diverse classi sociali accedono in relazione non solo alle loro capacità solvibili ma al loro grado di decomposizione, un tunnel che sbocca inevitabilmente in azioni criminali contro gli altri, contro le masse sfruttate e contro la stessa selezione sessuale della specie umana.
Si scopre ad esempio che lunico modo per provare piacere è quello di farsi picchiare volontariamente dal proprio partner? Tutto permesso, e guai a chi trova da ridire in un rapporto intimo in cui un essere umano si degrada, e gode (e fa godere) della sua sofferenza! Ma una volta che ci si è messi su questo pendio, il livello da raggiungere si sposta sempre più in basso, fino a che diventa eccitante solo lamplesso sullorlo della morte... E ancora: se il problema è divenuto quello di ricercare sensazioni sempre più forti o godimenti stimolati dalla propria o dallaltrui degradazione, perché non provare con gli animali? Perché non accoppiarsi o assistere allaccoppiamento con cani, cavalli, capre, anguille e mandrilli?
Non è fanta-sessualità. E ciò che la cronaca "rosa" ci somministra ogni giorno. E ciò che sempre più frequentemente il cinema rappresenta sulle sue pellicole "legali" (da "Tokio decadence" al recentissimo "Crash" passando per il nostrano "Bambola"...). E ciò su cui sempre più spesso si appoggia la stessa pubblicità per catturare i gusti dei consumatori, tanto è vero che qualcuno ha già parlato di terza rivoluzione sessuale: quella segnata dall'"orgasmo-choc"!
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L'industria... della prostituzione infantile
Ma in questo tragitto anti-naturale e anti-sociale ogni limite è fatto per essere superato. E se per fare questo si trova un mezzo nel rapporto sessuale con i bambini, cosa cè di male a esplorare il continente della pedofilia?
Il mulinello sociale che crea una domanda sessuale solvibile di questo tipo, crea nello stesso tempo da un lato unofferta potenziale nelle moltitudini di bambini ridotti alla fame dei paesi del Sud e dellEst del mondo (o delle Palermo dello stesso Occidente!), e dallaltro un ponte che, "generosamente", si offre di far incontrare domanda ed offerta nel "reciproco vantaggio": il ponte dellindustria della prostituzione infantile. Guai a trovar qualcosa da ridire in proposito! Il fine dellattività economica non deve essere il profitto? Che male cè se lo raggiungo così? Se metto su un giro di affari di miliardi di dollari lanno, che fa girare agenzie turistiche, case cinematografiche e catene e catene di alberghi? Anzi, in questo modo svolgo anche una funzione sociale, perché altrimenti questi bambini non avrebbero di che mangiare!
Se poi il consumatore rischia di contrarre qualche pericolosa malattia (di quelle -come laids- che decimano i bambini usa-e-getta, chi se ne frega!), niente di più semplice: basta cercare bambini vergini, ad esempio con le razzie nei villaggi delle zone più lontane delle megalopoli del Terzo Mondo. Queste miniere umane si vanno esaurendo? Ma allora lo si faccia anche qui in Europa... Ovvero: visto che la cosa nel Vecchio Continente è (ancora) un pò rischiosa e può di conseguenza andare bene solo per soddisfare i Don Rodrigo di lusso-lusso, quelli che sganciano al di sopra della media, per gli altri si può passare alladulterazione della merce: lindustria della prostituzione si dà alla ri-creazione chirurgica della verginità dei bambini!
Ah sì, viviamo proprio nel migliore dei mondi possibili!
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Non è la prima volta...
Altro che caso! Quello che è accaduto in Belgio è la punta di un iceberg internazionale intimamente legato allodierna società borghese: esprime, sul piano della depravazione dei costumi sessuali, la depravazione sociale di questultima, la sua corsa irrefrenabile verso la barbarie. Non è la prima volta che una cosa del genere accade nella storia. E successo ogni qualvolta un sistema sociale è giunto al suo capolinea e da strumento di progresso per lumanità si è trasformato in fattore di regresso. Quando si verifica una cosa del genere i costumi pubblici e "privati" della classe dominante si depravano ed essa infrange le regole che aveva portato in auge e difeso nel momento in cui aveva conquistato il dominio. E quello che è successo nel tardo impero romano. O, di nuovo, nella Francia di Luigi XVI.
Mille testimoni hanno raccontato come nellaristocrazia e nel clero francese del settecento si dissolsero i costumi sessuali, come si mise in ridicolo la distinzione morale tra ciò che è bene e ciò che è male, come ci si ritrovò a folleggiare in una cinica vita scandita da flagellazioni sado-masochiste, orge, sbronze e incesti; una vita sorretta dalla ricerca estenuante di afrodisiaci e di droghe, dalla diffusione di libri e spettacoli pornografici, dalla corsa verso nuovi e più depravati piaceri fino ad arrivare al rapimento delle bambine del popolo per ridurre il rischio di contrarre le malattie veneree che si erano diffuse alla corte di Versailles.
La classe borghese di oggi riproduce, moltiplicata con le sofisticherie della tecnologia moderna, la "dolce vita" dellaristocrazia feudale del tempo di Luigi XVI. Se fa questo, è perchè il suo sistema sociale non ha più una funzione utile allavanzamento della specie umana, come è invece accaduto nella sua epoca eroica; è perchè la borghesia di oggi ha lunico compito di sbarrare la strada al progresso storico e ha bisogno, per svolgere fino in fondo questignobile incarico, di stordirsi e di stordire il resto della società.
Ma i fatti del Belgio hanno mostrato che il giorno della resa dei conti si avvicina e che esiste, più vivo che mai, il soggetto che saprà farà anche questa volta il bagno di sangue rigeneratore.
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Il moralismo è impotente a rigenerare una società decadente.
A conferma di ciò (se casomai ce ne fosse bisogno), ecco la reazione dellaltra editorialista de La Stampa, Barbara Spinelli (qualcosa di simile dice da anni negli Usa Z. Brzezinski). Essa ha lanciato un allarme alla sua classe sociale: se continuiamo a marciare su questa strada, andremo verso il precipizio; se vogliamo evitarlo, le élites borghesi devono rinnovarsi, ritornare alla moralità della "democrazia originaria" e così ritrovare il consenso delle masse sfruttate al proprio ruolo di classe-guida dellumanità.
Ma come può rappresentare la soluzione dellattuale puzzle sociale una morale, quella vittoriana, che ha incubato la dissolutezza odierna? Certo allora non cerano le depravazioni di oggi e soprattutto non cerano nelle dimensioni in cui si presentano oggi. Ma perché non cerano? Perché la borghesia aveva un ruolo progressivo dal punto di vista storico, sentiva di averlo, era concentrata su di esso e fiduciosa in esso, e in questo senso agì la morale sessuale che impose in sostituzione di quella dellAncien Régime. Ma una cosa del genere non significa che i costumi borghesi del tempo che fu sono migliori di quelli borghesi di oggi (già allora, tra l'altro, si parlava di una doppia morale...). Non lo sono perché si fondano da un lato sullegoismo dellindividuo proprietario ed accumulatore, e dallaltro sul binomio moglie-produttrice-di-eredi/prostituta: due piaghe da cui nascono inevitabilmente quei "vizi privati" che, celebrati per tutta una fase storica di nascosto nel chiuso di appositi "nascondigli sociali", sono poi debordati, con la raggiunta putrescenza del capitalismo, nella dilagante e ostentata sfrenatezza di oggi.
Mentre il nichilismo di un Vattimo-M.me Pompadour vuole trascinare lo stesso proletariato nella dissolutezza per contribuire al degrado del soggetto che può mandare allaria lordine borghese, il moralismo della Spinelli-Beaumarchais cerca di indurre la classe operaia a sganciare leffetto dalla causa, vuole fargli credere che si possano risanare i costumi e la società senza un radicale rivolgimento, ma con semplici operazioni di lifting storico. Nelluno come nellaltro caso cè il tentativo di evirare lantagonismo rivoluzionario del proletariato, cioè lunico fattore che può mettere fine alle perversioni, sociali e sessuali, del sistema capitalistico.
Ed è proprio questo che la protesta belga ha mostrato: la vitalità storica che, su tale piano, possiede in sé il proletariato. Questa vitalità non deriva dal fatto che i lavoratori sono degli dei. I costumi, anche quelli sessuali, del proletariato non sono esenti dai "modelli" che dilagano nelle ricche stalle borghesi (abusi sui bambini compresi). E un punto su cui ci ripromettiamo di ritornare in profondità. Ci limitiamo qui a fissare due paletti che "fanno la differenza" tra i due casi.
Uno: nel proletariato labbrutimento, anche sessuale, non nasce dallesaurimento di ogni funzione sociale, ma dallabbrutimento sociale cui lo condanna lo sfruttamento capitalistico. Due: sotto i morsi che il sistema borghese riserva alla sua carne, il proletariato sarà costretto a ribellarsi contro di essi e la sua causa, e in questa lotta, e per poterla portare fino in fondo, è costretto a disfarsi di tutta la melma che la società attuale gli ha appiccicato addosso, a dare una nuova prospettiva allo sviluppo della società e della stessa specie umana, e quindi a darsi una nuova morale corrispondente a questo compito rivoluzionario. Anche questo, in germe, si è intravisto nella protesta belga.
Cè in essa un aspetto molto significativo a questo riguardo: a costituire le unità elementari della marcia di Bruxelles sono state le famiglie proletarie. Esse sono scese in piazza al gran completo, schierando, aggrappolati insieme, tutti i propri componenti, dai neonati alle loro nonne. Questo fatto non è stato un elemento frivolo di festa, bensì un elemento di ricomposizione tra le varie generazioni del proletariato, di ritrovata dignità reciproca fra di esse e di rigenerazione della classe proletaria come forza storica attiva. Lo attesta, su un altro versante, lattrazione esercitata da essa sulla stragrande maggioranza della popolazione belga: una cosa del genere è avvenuta perché uninfinità di settori non-proletari ha visto nel movimento di lotta in atto la possibilità di dare una risposta generale alle crescenti vessazioni e insicurezze di cui il capitale costella la loro vita.
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La lotta dei proletari e degli oppressi del Belgio è la nostra lotta!
Il movimento proletario belga è riuscito a realizzare fino in fondo la sua aspirazione di "rinnovamento sociale e morale"? Certo che no. E tuttavia, benché esso non abbia tagliato il traguardo finale, ha saputo dire qualcosa anche su questo terreno della realizzazione pratica. Ha sentito che per mettere al mondo una società in cui il bambino, e quindi luomo, sia fine e non mezzo per l'altro essere umano, cè bisogno che liniziativa di massa si doti di uno strumento che le permetta di imporre la sua volontà alla società: lo strumento di un nuovo stato eretto sulle macerie dellattuale stato borghese.
Qualche lettore potrebbe a questo punto sobbalzare e domandare: ma come si fa a dire una cosa del genere, se sul piano della proposta politica il movimento belga sta scivolando verso la richiesta della divisione dello stato unitario in due stati più piccoli, luno in Padania-Fiandre e laltro nel Meridione-Vallonia? Questo fatto è innegabile. Anzi, come OCI, diciamo di più: la mobilitazione delle scorse settimane ha rafforzato nelle masse proletarie (sciaguratamente) la convinzione che la soluzione giusta sia proprio la divisione statale. I lettori che ci conoscono da più tempo sanno bene che per noi è come passare dalla padella alla brace (e non a caso è la direzione in cui ha spinto, con toni molto bossiani, la destra fiamminga).
Detto questo, si tratta però di comprendere come mai i proletari trovino convincente una soluzione del genere. Essi ritengono che lattuale stato belga non lavora per il "bene pubblico" bensì per "interessi privati", perché è così mastodontico da sfuggire al controllo del "popolo": "oggi le istituzioni sono ingabbiate in un meccanismo così elefantiaco che può essere controllato solo dalla finanza e dai pezzi grossi della politica; per avere una giustizia giusta e un diritto dritto (nel senso di non storto), dobbiamo controllare noi stessi le istituzioni, noi che facciamo girare il Belgio con il nostro lavoro; per controllare le istituzioni, abbiamo bisogno di farle funzionare in contenitori statali alla nostra portata e quindi piccoli".
Dietro questo ragionamento cè la giusta intuizione del fatto che il cambiamento sociale richiede uno stato diverso dalla democrazia borghese: richiede uno stato fondato sul protagonismo e sul controllo dei lavoratori. Ma uno stato del genere non può certo essere lo stato secessionista fiammingo o quello vallone, stati che sarebbero fondati su quei meccanismi incontrollabili di mercato da cui si origina tutto ciò contro cui sono scesi in campo i proletari belgi. Questo nuovo stato può essere solo la dittatura proletaria, cioè lorganizzazione statale che, proprio perché utilizzerà le forze produttive secondo un piano unitario e cosciente di riproduzione della specie umana, renderà possibile la conquista di rapporti sociali, familiari e sessuali tali da favorire uno sviluppo armonioso delle nuove generazioni.
I limiti che su questo piano ha avuto il movimento belga e i rischi reali a cui esso va incontro non sono per noi motivo per prenderne le distanze. Li sentiamo invece come responsabilità nostre, di noi comunisti, di cui farci carico con la nostra attività. Salutiamo con entusiasmo l'esplosione di lotte di questo tipo. Le appoggiamo e vi partecipiamo, per quel che ce lo consentono le nostre forze, in modo attivo spingendole in avanti, affinché facciano affidamento solo sulla propria azione di massa in contrapposizione a tutte le istituzioni borghesi, risalgano dallanello della perversione pedofila allintera catena perversa del capitalismo di cui esso è parte, e non si limitino ad attuare la loro sacrosanta volontà di giustiziare con lazione diretta i "mostri di Marcinelle", ma facciano leva su di essa per giustiziare con lazione rivoluzionaria il vero Pedofobo e Antropofago: il mostro internazionale del capitalismo.
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Il rapporto uomo-donna: il più naturale dei rapporti umaniNel rapporto con la donna, in quanto essa è la preda e la serva del piacere della comunità, si esprime l'infinita degradazione in cui vive l'uomo per se stesso: infatti il segreto di questo rapporto ha la sua espressione inequivocabile, decisa, manifesta, scoperta, nel rapporto del maschio con la femmina e nel modo in cui viene inteso il rapporto immediato e naturale della specie. Il rapporto immediato, naturale, necessario dell'essere umano con l'essere umano è il rapporto del maschio con la femmina. In questo rapporto naturale della specie il rapporto dell'uomo con la natura è immediatamente il rapporto dell'essere umano con l'essere umano, allo stesso modo che il rapporto con l'uomo è immediatamente il rapporto dell'uomo con la natura, cioè la sua propria determinazione naturale. Così in questo rapporto appare in modo sensibile, cioè ridotto a un fatto d'intuizione, sino a qual punto per l'uomo l'essenza umana sia diventata natura o la natura sia diventata l'essenza umana dell'uomo. In base a questo rapporto si può dunque giudicare interamente il grado di civiltà cui l'uomo è giunto. Dal carattere di questo rapporto si ricava sino a qual punto l'uomo come essere appartenente ad una specie si sia fatto uomo, e si sia compreso come uomo. Il rapporto del maschio con la femmina è il più naturale dei rapporti che abbiano luogo tra essere umano ed essere umano. In esso si mostra sino a qual punto il comportamento naturale dell'uomo sia diventato umano oppure sino a che punto l'essenza umana sia diventata per lui essenza naturale, e la sua natura umana sia diventata per lui natura. In questo rapporto si mostra ancora sino a che punto il bisogno dell'uomo sia diventato bisogno umano, e dunque sino a che punto l'altro essere umano in quanto essere umano sia diventato per lui un bisogno, ed egli nella sua esistenza più individuale sia ad un tempo comunità. (da I manoscritti economici-filosofici del 1844 di Karl Marx) |