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Sindacale

RESOCONTO DI UN DIBATTITO CON I DELEGATI DELLA IG-METALL

Indice

Messaggio di saluto dall’IG-Metall della Mercedes-Benz di Stoccarda

Alla manifestazione dei metalmeccanici a Roma del 22 novembre ha preso parte anche una delegazione -un pullman intero- di operai della Mercedes-Benz di Stoccarda (più due dell’Alcatel e uno delle acciaierie Thyssen), portando il saluto dei 260 delegati di fabbrica, e innalzando uno striscione che diceva: "Insieme nella lotta contro i programmi di crisi in Europa". Il loro saluto (snobbato da ogni altro giornale) è pubblicato per intero nella pagina. Alcuni nostri compagni, dopo essere stati parte attiva per realizzare l’invito e la venuta, hanno accompagnato i delegati tedeschi (alcuni dei quali già conoscevano l’OCI) durante il viaggio in Italia. Quello che segue è il resoconto dei due giorni di incontro.

In ambiente sindacale l’iniziale scetticismo per la venuta dei compagni tedeschi, si è tramutato, alla loro vista, in vera e propria "sorpresa". L’impressione era quella dell’imbarazzo dei padroni di casa dinanzi a degli ospiti cui non si sa cosa dire. Alla 5a Lega Fiom, dove doveva svolgersi l’incontro, erano presenti in 4, tutti funzionari. Così il fatto che il pullman era giunto "in ritardo" è venuto buono per giustificare l’impossibilità della discussione. Gli italiani presenti hanno rivolto saluti brevi e insipidi. I tedeschi, estremamente disciplinati (alcuni subito seduti, con cappellini e bandiere, altri a preparare lo striscione per l’indomani), hanno subito chiesto: dove sono gli operai e quando si comincia a discutere? Imbarazzo "italiano" alle stelle. Un pezzo, sia pur esiguo, di proletariato tedesco viene in Italia sinceramente convinto di imparare dalla lotta degli operai italiani e per poter offrire a essa un sostegno, e si trova innanzi uno sparuto gruppetto di funzionari, del tutto incapace d'intavolare un minimo di discussione e di legame politico-sindacale. Solo l’insistenza dei tedeschi è riuscita a ottenere che si discutesse di qualcosa di serio, mentre da parte "italiana" ci si limitava, per lo più, a puri scambi di informazioni tecnico-sindacale.

Durante il viaggio verso Roma alcuni delegati tedeschi hanno cercato di discutere più approfonditamente tanto di temi sindacali che di temi politici, trovando nei nostri compagni gli interlocutori più disponibili.

A Roma il nostro accompagnamento, non senza averli preavvertiti di ciò, è stato sospeso perchè i nostri compagni, indossata la casacca, si sono dedicati al lavoro di presenza dell’organizzazione durante il corteo (megafonaggio, diffusione del che fare e di un volantino, discussioni, contatti).

L’accoglienza generale che i delegati tedeschi hanno ricevuto è stata, ovunque, nel corteo calorosa. Le foto e le interviste si sono sprecate. Giunti in Piazza San Giovanni, dietro loro esplicita richiesta, sono stati salutati dal palco, ma i vertici sindacali si sono rifiutati di far leggere pubblicamente il loro saluto. I compagni tedeschi si sono risentiti soprattutto per aver visto sul palco il segretario piemontese della Fiom, Cremaschi, che era nel gruppetto di funzionari incontrati il giorno prima a Torino, e che non ha fatto nulla per promuovere la lettura del loro saluto.

Nel pomeriggio la Fiom ha intrattenuto gli ospiti con una visita nella città.

Nel viaggio di ritorno, nonostante la stanchezza accumulata, è ripresa, più intensa che all’andata, la discussione tra alcuni delegati tedeschi e i nostri compagni. Una discussione fatta di fitte domande reciproche, ma anche di una partecipazione emotiva che ha rotto la scorza della reciproca "solidarietà internazionale" di facciata e ha consentito di discutere a "cuore aperto" di svariati problemi.

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Lotta alla "propria" borghesia

Il primo è stato, naturalmente, relativo alle "insufficienze" da parte sindacale nella "due giorni". Dietro queste non ci sono soltanto motivi organizzativi, ma la consolidata attitudine dei sindacati (non solo italiani) a considerare il loro orizzonte di lotta all’interno di un contesto rigidamente nazionale, che ha prodotto, alla lunga, anche un vero e proprio nazionalismo. Il diaframma da abbattere per poter costruire una vera solidarietà di classe internazionale è, dunque, quello di separare i destini della classe operaia da quelli del "proprio" imperialismo. Solo conducendo una battaglia anti-capitalista, contro il proprio imperialismo si può cercare con il proletariato degli altri paesi una reale unità di lotta. Da parte riformista, la profonda sottomissione agli interessi della "propria" nazione, produce una solidarietà di pura facciata, o pienamente pilotata dagli "interessi nazionali". Non a caso buona parte dei riformisti non esita a lanciare critiche contro la "volontà egemonica" dei tedeschi sull’intera Europa (via Maastricht o Bundesbank) o a rispolverare di continuo gli orrori del nazismo per rinfacciarli a tutti i tedeschi senza alcuna distinzione di classe.

Per poter giungere, quindi, all’unificazione sul piano internazionale, la classe operaia deve rifiutare di subordinarsi alle compatibilità nazionali e rilanciare una propria autonoma politica di classe. A questo si frappongono ostacoli internazionali e nazionali (in Italia, ormai, anche il leghismo, la Lega, il federalismo), ma anche il grande assorbimento che la stessa classe operaia d’ogni paese ha fatto -via riformismo- della logica di difendersi nazionalmente, localmente, aziendalisticamente.

Da parte loro i compagni tedeschi hanno sostenuto che, oggi, in Germania viene avvertita sempre di più anche a livello di massa la necessità dell’estensione del fronte di lotta, anche a scala internazionale, pur giocando lo sciovinismo un ruolo importante anche all’interno della classe operaia. Sono stati unanimi nel sostenere che c’è stato un vero e proprio salto di qualità -non solo dei metalmeccanici- nella disposizione alla lotta, che ha portato a rimettere in discusione l’"ideologia della rinuncia" e la politica dei sacrifici. Né, secondo loro, si tratta soltanto di una disposizione alla lotta economicistica, ma raggiunge anche livelli di politicizzazione, fino al punto di richiedere uno sciopero generale per far cadere il governo Kohl.

La lotta contro il governo costituisce, senz’altro, un "passaggio politico", ed è passaggio indispensabile per portare la lotta del proletariato a un livello superiore a quello puramente economico, ma da solo non garantisce affatto il superamento di quel livello, e la classe operaia, anche dopo aver abbattuto un governo borghese, può tranquillamente tornare a sottomettersi a un altro governo borghese (magari più "morbido"), se non ha nel corso della sua lotta maturato la consapevolezza di dover costituire con le sue forze e la sua autonoma organizzazione un governo proprio, che sia sottomesso alle sue necessità di classe.

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La blindatura del sindacato

Un altro aspetto toccato dalla discussione è stato quello relativo alla "blindatura" dei sindacati, sentito anche dai nostri interlocutori come un problema grave, e che si prefiggono di lottare battendosi per una maggiore "democrazia", comunque rigorosamente all’interno di quello che sentono come il "nostro sindacato", e che deve essere forte e unitario. Nelle lotte di questi ultimi mesi appariva spessissimo lo slogan "noi siamo il sindacato", proprio a significare la richiesta di maggiore democrazia e potere per la "base". Da parte nostra abbiamo evidenziato come la battaglia per la democrazia nel sindacato, cui pure riconosciamo grande legittimità quando è fatta dai lavoratori consapevoli della necessità di avere un’organizzazione unitaria e forte, non può essere slegata da una battaglia sulla linea politica, sul programma che dominano il sindacato, che sono sempre più succubi delle compatibilità capitalistiche. Sono queste che portano i sindacati alla loro "moderazione", alla comprensione delle esigenze delle imprese, ecc., e non certo il fatto che non danno sufficientemente ascolto alla "base" (fatto vero, ma derivato).

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Il rapporto con le masse oppresse dall’imperialismo

In ultimo la discussione si è centrata su temi più squisitamente internazionali.

La questione dei kurdi in particolare. I compagni tedeschi hanno riconosciuto che l’attacco del governo tedesco al PKK è parte di un attacco economico-sociale complessivo che mira a colpire i settori più deboli della classe, e che gli interessi dell’imperialismo tedesco giocano un ruolo importante nel determinare anche la politica "interna" verso i kurdi. Ma di seguito si finisce col criticare i kurdi residenti in Germania per il loro separatismo, nonostante, si garantisce, i lavoratori tedeschi e i loro sindacati facciano parecchi tentativi di collegarsi con loro. Ma, il miglior collegamento che la classe operaia di un paese imperialista possa fare con i lavoratori di un paese (o, in questo caso, di una nazionalità oppressa) è proprio quello di difendere la loro completa autonomia, politica, culturale e organizzativa, che l’imperialismo attacca violentemente in nome della "assimilazione" in quanto paria del paese d’origine oppresso e del paese imperialista che li ospita.

I compagni tedeschi ci hanno, poi, chiesto di conoscere la nostra posizione sugli albanesi (contro i quali è in atto in Germania una vera e propria campagna di criminalizzazione), sulla riunificazione della Germania e sulla ex-Jugoslavia, su cui una loro risposta si è limitata unicamente a evidenziare l’"errore" della Germania nel riconoscere la Slovenia e la Croazia.

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Bisogno dell’internazionalismo, bisogno del partito

In conclusione possiamo dire che è estremamente significativo che da parte della classe operaia tedesca vi sia, pur nel momento attuale di grande difficoltà per tutto il proletariato, una spinta sincera a ricostituire seri rapporti internazionali di solidarietà e di lotta. In questo il proletariato tedesco, pur con tutti i limiti politici dovuti alla lunga pratica riformista, è molto più avanti d’ogni altro proletariato, compreso, naturalmente, quello italiano, che, anzi, nell’occasione specifica, ha dato buona prova del suo ristretto orizzonte nazionalistico -in particolare da parte delle organizzazioni sindacali e politiche che lo rappresentano-.

Ma si può anche affermare che questa piccola, modestissima esperienza dimostra che, nel sottofondo sociale e politico si agitano, grazie alla politica di scontro sempre più aperto col proletariato che il capitalismo internazionale è costretto dalla sua crisi a perseguire, non solo temi e argomenti, ma spinte reali alla ricerca di una unificazione di classe, al di là delle frontiere, e contro il nemico, unico e comune. Una ricerca a cui manca, all’oggi, il programma e l’organizzazione, che potranno essere dati solo dalla congiunzione tra il maturare della coscienza della necessità di legame internazionale nella massa proletaria, il lavoro costante dell’avanguardia di classe, già consapevole della necessità dell’internazionalismo -sia pure su un terreno puramente economicista- e quello dei comunisti, programmaticamente votato a realizzare l’una (unità internazionalista) e gli altri (programma autonomo di classe e partito).

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Messaggio di saluto dall’IG-Metall della Mercedes-Benz di Stoccarda

Ai colleghi italiani in sciopero

Care colleghe e cari colleghi,
Vi portiamo il saluto e la solidarietà dei delegati IG Metall della Mercedes-Benz.
Vi vogliamo innanzitutto ringraziare vivamente per il Vostro invito alla manifestazione di Roma.

In Germania stiamo attualmente lottando per il mantenimento del pagamento integrale della indennità di malattia. A metà di settembre il governo di Bonn aveva deciso di ribassare l’indennità all’80% o addirittura al 70% nel contesto di un complessivo programma di ridimensionamento e di tagli da realizzarsi sulle spalle dei lavoratori. Le grandi fabbriche, prima fra tutte la Daimler-Benz, intendevano applicare rigorosamente la disposizione e pagare l’80% dell’indennità a partire dal 1 ottobre anche se ciò avrebbe significato rompere con quanto stabilito dal contratto nazionale vigente.

Ciò di cui non hanno tenuto conto è stata la resistenza di massa offerta dai lavoratori. Gli scioperi e le manifestazioni che ne sono seguiti, di entità tale che in Germania non si vedevano da decenni, ci hanno consentito di vincere questa prima tornata di lotte. I padroni continueranno a pagare il 100% dell’indennità. Ciò nonostante sappiamo bene che la lotta è ben lontano dall’essere terminata. Il governo Kohl ha già presentato nuovi programmi di crisi, un progetto di riforma della sanità e del sistema fiscale.

I programmi dei padroni in Italia e negli altri paesi europei si assomigliano molto. I problemi contro cui Voi state lottando sono uguali ai nostri problemi.
Soltanto nel mese di ottobre in Europa occidentale 5 milioni di persone sono scese in piazza contro i rispettivi governi e padroni.

Non è un caso che la politica dei paesi europei si assomigli, in quanto uguali ne sono le cause. L’inasprimento della lotta per la concorrenza dei grandi gruppi sui mercati internazionali, che ha già acquisito i contorni di una guerra d’annientamento reciproco, fa sì che i costi di questo scontro vengano sempre più scaricati dai governi sulle spalle dei lavoratori. La politica di Maastricht, coi suoi giganteschi piani di ridistribuzione delle ricchezze dal basso verso l’alto, è orientata proprio in questa direzione.

Esprimiamo la nostra solidarietà con la Vostra lotta e per il futuro ci auguriamo una collaborazione ancora più stretta e un coordinamento delle nostre azioni.

Non facciamoci dividere per aziende e nazionalità - soltanto uniti siamo forti.

Come prossimo passo saremmo lieti di ricambiare l’ospitalità invitandoVi a Stoccarda.
Vivi saluti

I delegati della Mercedes-Benz

Il presente saluto è stato approvato all’unanimità dai 260 delegati della Mercedes-Benz di Untertuerkheim.
Stoccarda 12.XI.'96

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