CASTRO E NOI
Larrivo di Fidel Castro a Roma è valso a "mobilitare" (si fa molto per dire!) qualche residua pattuglia di sostenitori della rivoluzione cubana per dimostrazioni di "simpatia".
I ritratti del "Che" si sprecano nelle manifestazioni di Rifondazione, ma, attenti!, è solo un omaggio da lontano: Cuba è lontana, noi non centriamo con essa, al massimo possiamo portare fiori sulla tomba della sua rivoluzione e, assieme ai nostri preti e borghesi, chiedere la revoca dellembargo statunitense per piazzare laggiù i nostri prodotti, con reciproco vantaggio, comè nelle regole del capitalismo.
La rivoluzione cubana è nella sua fase agonica, e se Castro incontra DAlema e Bertinotti, non manca di incontrare, più sostanziosamente, Agnelli e Sua Santità.
Noi non cindigneremo per questo genere di frequentazioni. Una rivoluzione borghese-democratica radicale, comè stata -gloriosamente- quella cubana, non può sottrarsi dal fare i suoi calcoli mercantili. E allora, meglio un Agnelli e un capo-stregone disponibili a concludere affari che una coppia di "sinistri" capaci, al massimo, di scucire "simpatia", ma neppure un briciolo di dollari.
Altro sarebbe stato se qui, e nel mondo, unorganizzazione di classe si fosse mostrata in grado di portare un suo sostegno effettivo alla rivoluzione cubana inglobandone le istanze anti-imperialiste in un concreto programma internazionalista, scavalcando i limiti del castrismo, ma in avanti, comera nellagenda. Che Castro si debba incontrare con due pilastri del capitalismo è semplicemente la conseguenza del mancato incontro con un effettivo movimento rivoluzionario in Occidente. Non lo imputiamo principalmente al capo dei barbudos, ma ai nostri rasatissimi manager della "sinistra".
Una verifica fuori discussione. SullUnità del 16 novembre il sionista Renzo Foa, già direttore del foglio "fondato da Antonio Gramsci", si scaglia contro la "dittatura" castrista, colpevole della incredibile "repressione" contro i... controrivoluzionari (600 persone in galera: fate un raffronto con la somma dei detenuti politici in Italia!) demolendo il mito della "superiorità dellideologia (come se a Cuba ci fosse stata una rivoluzione "ideologica"!, n.), in questo caso raccontata da una biblioteca piena di polvere, quella dellegualitarismo diventato "socialismo reale", del terzomondismo nel nome di un Terzo mondo che non cè più e dellanti-imperialismo contro un imperialismo che non cè più".
Che bello! Non cè più Terzo mondo e imperialismo! Invenzioni di Castro per tenersi in galera seicento prosseneti degli USA!
Logico che un Castro vada a cercarsi degli interlocutori solvibili tra gli Agnelli (per cui, presumibilmente, cè un imperialismo USA con cui concorrere) e un Wojtyla attento, per la propria borghesissima bottega, alle ragioni -disciplinate- d'un Terzo mondo che parrebbe esserci ancora.
Alla squallida conferenza della FAO il vecchio leone ha trovato comunque il modo di mandare un ultimo ruggito, prima di vedersi "risolti" i problemi "interni" a suon diniezione di ECU e, possibilmente, di dollari per ritornare ad essere -"indipendente"- lEden dei traffici e della prostituzione dellOccidente. Le sue parole, per quanto in articulo mortis, testimoniano della vitalità di una rivoluzione che solo una ripresa comunista internazionalista qui in Occidente potrebbe riscattare dalla inevitabile deriva cui la condannano lisolamento ed il filisteismo esterni.
Noi chiamiamo i proletari a rispondere a questo appello sul proprio terreno. Contro Castro? Ammesso. Ma solo per scavalcarne linconcludenza borghese (inscritta nei geni costitutivi della sua rivoluzione e nelle condizioni di isolamento in cui la rivoluzione cubana si è trovata costretta e soffocata) e sulle basi di partenza che il movimento di Fidel ha utilmente avviato, smuovendo le masse sfruttate dellisola e tuttora tenendole impegnate a un "orgoglio rivoluzionario" anti-imperialista che non ha eguali nel continente.
In questo senso noi siamo con Cuba, e siamo gli unici realmente al suo fianco.